Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17497 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17497 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CECCHINI ELENA, nata Milano il 18/02/1964

avverso la sentenza del 11/07/2017 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Giulio Romano, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità
per rinuncia.

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 11/07/2017, confermava la
sentenza del 16.10.2015 del Tribunale di Milano, con la quale, a seguito di giudizio
abbreviato, Cecchini Elena era stata dichiarata responsabile del reato di cui all’art.
10 ter d.lgs 74/2000- perché, quale legale rappresentante della Giorgio Kauten
srl, con sede in Milano, non versava l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base
alla dichiarazione annuale per l’esercizio 2010, per l’ammontare di euro 854.442,

successivo, in Milano il 27.12.2011- e condannata alla pena di mesi otto di
reclusione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Cecchini Elena,
a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento ed articolando tre
motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 10 ter d.lgs e correlato vizio di
motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 10 ter e 13 bis del d.lgs
74/2000 in relazione al rigetto della richiesta di patteggiamento munita del
consenso del PM presente in atti.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 133 cod.pen. e correlato vizio
di motivazione per omessa motivazione in ordine alla censura relativa alla entità
della pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il difensore della ricorrente, munito di procura speciale, ha depositato in
Cancelleria in data 8.2.2018 atto di rinuncia al proposto ricorso per cassazione, ai
sensi dell’articolo 589 comma 2 cod. proc. pen.
2.Tale rinuncia ha natura di atto negoziale processuale abdicativo, irrevocabile
e recettizio, e da esso discende l’effetto della inammissibilità dell’impugnazione.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi
dell’articolo 591 lett. d) cod. proc. pen.
3. Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, alla declaratoria di
inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia all’impugnazione, consegue
la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a
favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello
stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che

2

entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta

danno luogo alla pronuncia di inammissibilità (Sez.5, n.28691 del 06/06/2016,
Rv.267373).
Tenuto conto, quindi, della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 27/02/2018

delle ammende, equitativamente fissata in euro 500,00.

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