Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17490 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17490 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: ZUNICA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Denaro Orazio, nato a Riposto il 13-11-1953,
avverso la sentenza del 03-02-2017 della Corte di appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 15/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 gennaio 2014 del Tribunale di Messina, Orazio
Denaro veniva condannato alla pena di anni 2 di reclusione ed C 5.000 di multa
in ordine ai reati di cui agli art. 73 del d.P.R. 309/90, ritenuta l’ipotesi di cui al
comma V, e 4 della legge n. , 110/1975, accertati in Taormina il 31 ottobre 2011.
In particolare all’imputato era contestato di aver detenuto a fini di spaccio,
all’interno delle tasche dei suoi pantaloni, sostanza stupefacente consistita in 10
grammi di cocaina e di aver portato senza giustificato motivo fuori dalla propria

manico di 9 cm., strumento ritenuto utilizzabile per l’offesa alla persona.
Con sentenza del 2 febbraio 2017, la Corte di appello di Messina, in parziale
riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava estinto per prescrizione il
reato di cui all’art. 4 della legge n. 110/1975 e, per l’effetto, quanto al primo
reato, rideterminava la pena in anni 1, mesi 6 di reclusione ed C 4.000 di multa.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello messinese, Denaro, tramite
il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo contesta il giudizio di colpevolezza dell’imputato,
evidenziando che il quantitativo e la natura della sostanza illecita e le modalità
della custodia dovevano indurre a ritenere fondata la tesi difensiva di una
detenzione per uso personale e non a fini di spaccio, tanto più che il ricorrente
era stato sorpreso mentre giocava alle slot machine, senza che vi fosse alcun
contatto con altri avventori, giustificandosi il possesso dell’esigua somma
sequestrata con l’esigenza di disporre del denaro per poter giocare, mentre
alcun valore probatorio aveva il foglietto rinvenuto, il cui contenuto, rimasto non
riscontrato, non aveva alcuna attinenza con la disponibilità dello stupefacente.
Con il secondo motivo, viene censurata la mancata concessione delle attenuanti
generiche, osservandosi che la Corte, con motivazione apodittica, aveva fatto
riferimento a precedenti penali non ostativi, senza considerare la condotta
successiva al reato, ovvero il completo reinserimento di Denaro nella società.
Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta la mancata applicazione della
fattispecie di cui all’art. 73 comma V del d.P.R. 309/90, evidenziando che il
numero di dosi accertate, 83, avrebbe dovuto consentire il riconoscimento della
lieve entità, con conseguente revisione del trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
2. Iniziando dal primo motivo, deve innanzitutto rilevarsi che la ricostruzione
del fatto storico è stata operata in modo puntuale e aderente alle risultanze
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abitazione un coltello in metallo marca Flyng Falcon con lama lunga 8 cm. e

probatorie dalle decisioni di merito, essendo stati in particolare richiamati gli esiti
del servizio di controllo svolto dai Carabinieri di Taormina il 31 ottobre 2011
presso l’esercizio commerciale “Tabacchi e Giornali” sito in Taormina alla via
Bagnoli Croci, dove Orazio Denaro, sottoposto a perquisizione personale, veniva
trovato in possesso di una dose di cocaina, rinvenuta nella tasca dei pantaloni, di
11 involucri presenti in un pacchetto di sigarette contenenti cocaina (per un peso
complessivo di 7,073 grammi, con 1,204 grammi di principio attivo, da cui erano
ricavabili 8 dosi medie singole), e di un coltello con lama di 8 cm.

di 190 euro suddivisa in banconote di diverso taglio e alcuni foglietti di carta, con
l’indicazione di nominativi e di somme di denaro, alcuni dei quali cancellati.
La considerazione unitaria di tali elementi probatori è stata posta a fondamento,
in maniera tutt’altro che irrazionale, dell’affermazione del giudizio di colpevolezza
del ricorrente, tanto più che, come rilevato dalla sentenza di primo grado, la tesi
dell’uso personale dello stupefacente non è stata sostenuta neanche da Denaro.
In ogni caso, va condiviso il rilievo della Corte di appello dell’inammissibilità del
motivo di impugnazione avente ad oggetto la configurabilità del reato contestato,
essendosi limitata la difesa, nell’atto di appello, a citare solo taluni orientamenti
giurisprudenziali in tema di stupefacenti, senza alcuna deduzione specifica
rispetto al caso concreto; la valutazione dei giudici di secondo grado risulta
quindi coerente con l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un.
n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268822), secondo cui l’appello, al pari del ricorso
per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non
risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle
ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata.
3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Ed invero, nel giustificare il diniego delle attenuanti generiche, il Tribunale
prima e la Corte di appello poi hanno fatto riferimento ai precedenti penali di
Denaro, alcuni per fatti analoghi e altri per condotte poste in essere pochi anni
addietro, avendo a ciò aggiunto i giudici di secondo grado che il ritrovamento
degli appunti faceva ritenere che il ricorrente era abitualmente dedito allo
spaccio di stupefacenti, ciò in linea con alcuni suoi precedenti più risalenti.
Tale motivazione, scevra da profili di illogicità e comunque non contraddetta da
concreti elementi di segno contrario, non può essere censurata in questa sede,
dovendosi al riguardo richiamare il costante orientamento di questa Corte cfr.
(Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269), secondo cui

“in tema di

attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui
motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria
e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133
cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione”.

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Inoltre, nella disponibilità del ricorrente, venivano rinvenuti la somma di denaro

4.

Completamente destituito di fondamento è infine il terzo motivo,

dolendosi la difesa del mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73
comma V del d.P.R. 309/90, che invece la sentenza di primo grado ha ritenuto
configurabile, per cui il motivo muove addirittura da una falsa premessa storica.
5. In definitiva, avuto riguardo alla tipologia delle doglianze proposte, deve
escludersi che la sentenza impugnata presenti profili di illegittimità rilevabili in
questa sede, per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di

Tenuto conto infine della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno
2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia
stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 15/02/2018

sostenere le spese del procedimento.

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