Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17490 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17490 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) PERGOLA LORENZO N. IL 11/08/1973
avverso la sentenza n. 736/2010 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 07/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 06/12/2012

Ritenuto in fatto

– che la Corte di Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, riformando
parzialmente quella di primo grado impugnata da Pergola Lorenzo, con la
sentenza indicata in epigrafe dichiarava, per quanto ancora rileva nel presente
giudizio, il suddetto imputato colpevole di inosservanza delle prescrizioni inerenti
alla sorveglianza speciale (art. 9 comma 1, legge n. 1423/1956), ed in
particolare del divieto di associarsi abitualmente a pregiudicati, ed esclusa la

arresto;

– che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cessazione
l’imputato, per il tramite del suo difensore, chiedendone l’annullamento per vizio
di motivazione, avendo i giudici di appello interpretato illogicamente le risultanze
processuali, omettendo di fornire, un’adeguata e compiuta motivazione
relativamente alle ragioni della ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del
reato senza fornire, in particolare, adeguata risposta alle deduzioni sollevate
dalla difesa;

Considerato in diritto

– che l’impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi non
specifici;

– che infatti, le censure sviluppate in ricorso, prescindendo del tutto dal
percorso argomentativo sviluppato dai giudici dl appello – nel quale pure si
evidenziava, per un verso, il carattere non occasionale ma abituale dei numerosi
incontri avuti dall’imputato con altri pregiudicati e, per altro verso, che nel caso
di specie non era fondatamente invocabile l’errato convincimento dell’imputato di
non violare le prescrizioni incontrando il marito separato della sorella ovvero un
collega di lavoro, trattandosi di errore sulla interpretazione della legge penale,
come tale inescusabile – si limitano a denunziare, del tutto genericamente,
l’Inadeguatezza delle motivazioni fornite dai giudici di appello, senza indicare,
neppure, le specifiche argomentazioni trascurate dalla Corte territoriale, che
avrebbero dovuto condurre al proscioglimento del ricorrente;

– che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende,
congruamente determinabile in E 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;

contestata recidiva, riduceva la pena inflitta dai primo giudice in mesi quattro di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012.

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