Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17488 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17488 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MASSE’ BENEDETTO N. IL 22/11/1972
avverso la sentenza n. 2562/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 29 settembre 2011 la Corte di appello di Milano ha
confermato la sentenza del Tribunale della sede, emessa il 9 novembre
2010, con la quale Massé Benedetto era stato condannato alla pena di un
anno e mesi otto di reclusione, con la recidiva, per il reato di violazione
delle prescrizioni contenute nel provvedimento di applicazione nei suoi
sicurezza, con l’obbligo di soggiorno in Milano, e, in particolare, per aver
violato la prescrizione di non rincasare la sera dopo le ore 21,30 e di non
uscire prima delle ore 7,00; fatto accertato, in Milano, alle ore 21,50
dell’11/10/2007; con la recidiva prevista dall’art. 99 cod. pen.
Ricorre per cessazione il Massè tramite il difensore, il quale deduce due
motivi: con il primo denuncia la nullità della sentenza ex art. 125, comma
3,

e

546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza,

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ordine al
mancato riconoscimento della continuazione tra il fatto giudicato con la
sentenza impugnata e l’analogo reato per cui il Massè è stato
separatamente condannato; con il secondo motivo deduce l’erronea
applicazione della legge penale e il vizio della motivazione con riguardo alla
riconosciuta recidiva e alla mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche.
CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza di entrambi i
motivi proposti.
Con motivazione adeguata e coerente, immune da vizi logici e giuridici,
la Corte territoriale ha escluso il riconoscimento della continuazione tra il
fatto da giudicare e quello già giudicato, osservando che, nonostante
l’identità del titolo di reato, non emergevano dagli atti elementi sintomatici
di identità del disegno criminoso tra le due violazioni commesse a distanza
di oltre un anno l’una dall’altra (la prima il 1° aprile 2006 e quella oggetto
dell’attuale processo I’ll ottobre 2007), le quali si atteggiavano, piuttosto,
come due decisioni estemporanee, non giustificate da un unico fine
preventivamente deciso.
Con motivazione parimenti esauriente e coerente, senza incorrere in
alcuna violazione del diritto, la Corte territoriale ha inoltre giustificato la
negazione delle invocate attenuanti generiche, per l’incompatibilità di esse

confronti della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica

con la pluralità e la specificità dei precedenti penali dell’imputato,
escludendo infine il mitigamento della pena poiché la contestata e ritenuta
recidiva reiterata infraquinquennale impone l’aumento di due terzi della
pena irrogata.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pan., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 dicembre 2012.

determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del

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