Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17486 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17486 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MASSE’ BENEDETTO N. IL 22/11/1972
avverso la sentenza n. 2148/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 06/12/2012

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, deliberata il 14 luglio 2011, la Corte
di Appello di Milano ha confermato quella di primo grado, che aveva ritenuto
Massé Benedetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, colpevole del reato
ascrittogli (art. 9 comma 2° legge 1423/56), per aver violato, il 13 gennaio
2006, le prescrizioni impostegli con il decreto applicativo della misura, e

rinvenuto presso la sua abitazione, in occasione di un controllo eseguito alle ore
21,20.

2. Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, chiedendone l’annullamento: per vizio dl motivazione, con
riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato, ove si
consideri che nessuna indagine era stata espletata relativamente alle ragioni
dell’assenza dell’imputato dal suo domicilio, che ben poteva essere dipesa da
«impedimenti oggettivi»; per violazione di legge relativamente alla mancata
esclusione della recidiva, motivata esclusivamente con riferimento ai precedenti
penali dell’imputato.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
Quanto alla prima censura mossa alla sentenza impugnata, giova
premettere che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che
all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, al vizio di
motivazione, ravvisabile in tutti i casi nel quali la motivazione stessa risulti del
tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da
risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione (Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. 1^, 9
novembre 2004, ric. Santapaola, rv. 230203).
Orbene, il ricorrente, nel caso in esame, pur denunziando formalmente
l’insufficienza del percorso motivazionale sviluppato dai giudici di merito con
riferimento all’elemento soggettivo del reato, non deduce, in realtà, la violazione
di specifiche regole inferenziall preposte alla formazione del convincimento del

segnatamente quella di rincasare entro le ore 21,30, non essendo stato

giudice, bensì, postulando una inadeguata valutazione del fatto, sollecita una
rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito,
inammissibile invece In sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo
della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata
abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e
sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del
quadro probatorio (segnalazione dell’Autorità dl polizia circa l’assenza
dell’imputato, il giorno 13 gennaio 2006, alle ore 22,21), indicative,

lui imposte con il provvedimento applicativo della sorveglianza speciale di p.s.
con obbligo di soggiorno.

2. Anche la seconda censura mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata
si palesa manifestamente infondata, posto che la Corte territoriale ha fornito una
spiegazione più che adeguata delle ragioni della mancata esclusione della
recidiva (plurimi precedenti penali; svariate violazioni della misura di
prevenzione, indicative di una rilevante capacità a delinquere).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento dl una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile In C 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012.

univocamente, della coscienza e volontà del ricorrente dl violare le prescrizioni a

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