Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17478 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17478 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LIGUORI PASQUALE N. IL 07/07/1967
avverso l’ordinanza n. 118/2011 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
18/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 18 novembre 2011 il Giudice per le indagini
preliminari di Genova, giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di
Liguori Pasquale di applicazione della disciplina della continuazione tra i
fatti di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, oggetto di separate
condanne, commessi dal 2001 al 2004, osservando che la mera omogeneità
continuazione e valorizzando, al contrario, la distanza temporale tra i singoli
reati, le diverse modalità delittuose essendo differenti i concorrenti e gli
ambiti territoriali di esecuzione, sicché non era ragionevole presumere una
unitaria deliberazione criminosa iniziale, comprensiva di tutte le violazioni.
Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Liguori tramite il
difensore, il quale deduce l’erronea applicazione della legge penale e il vizio
della motivazione.
CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché, al di là del titolo dato ai motivi
formulati, propone in realtà censure di merito non consentite nel giudizio di
legittimità.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, con motivazione adeguata e coerente,
immune da vizi logici e giuridici, e, perciò, insindacabile in questa sede, ha
spiegato che i fatti oggetto delle indicate sentenze di condanna non erano
sintomatici dell’identità del disegno criminoso, poiché commessi a distanza
di tempo l’uno dall’altro, in differenti contesti territoriali e con diversi
concorrenti, sicché la sola omogeneità dei reati in materia di contrabbando
non era idonea a provare l’iniziale deliberazione unitaria di tutte le
violazioni.
A tale legittima valutazione del giudice di merito il ricorrente si limita a
contrapporre la propria diversa lettura dei dati giudiziali, in una prospettiva,
quindi, di alternativa interpretazione degli elementi decisionali che non può
essere rimessa in discussione davanti al giudice di legittimità, tranne i casi
di grave patologia della motivazione per mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità di essa, non ricorrenti nella fattispecie.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del

delle violazioni non era sufficiente a giustificare l’applicazione della

2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 dicembre 2012.

delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa

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