Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17469 del 14/12/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 17469 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MAZZITELLI CATERINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NACCI VITTORIO ADRIANO nato il 18/06/1991 a BARI

avverso la sentenza del 17/03/2017 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CATERINA MAZZITELLI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTO
ANIELLO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
l’avvocato FELICIOLI STEFANO, si riporta ai motivi del ricorso.

Data Udienza: 14/12/2017

Il Procuratore Generale, nella persona del Sost. Proc. Gen. dott. Aniello Roberto, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato, avv. Felicioli Stefano, ha concluso riportandosi ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza, emessa in data 17 marzo 2017, la Corte d’Appello di Lecce confermava la
sentenza, emessa dal Tribunale di Brindisi in data 8 settembre 2015, con la quale Nacci

reato di furto aggravato, ex art.624, 625 n. 7, cod. pen., per essersi impossessato, in concorso
con un minorenne, di 16 bottiglie di liquore, per un valore commerciale di C 290,38,
sottraendole all’Ipermercato Auchan di Mesagne, prelevandole dallo scaffale e occultandole
all’interno di due borsoni, al fine di evitare le barriere antitaccheggio, e, da ultimo, superando
l’uscita, attraverso una porta di emergenza, con l’aggravante di aver commesso il fatto, su
cose destinate alla pubblica fede, per destinazione o necessità alla pubblica fede, fatto
commesso, in Mesagne, il 7 giugno 2010.
2. L’imputato, tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, con cui deduce
un’erronea e falsa applicazione degli art. 56 e 624, cod. pen.. Secondo parte ricorrente, non
sarebbe verosimile ipotizzare, come invece sostenuto dai giudici di merito, che l’esercizio
commerciale, ove era avvenuto il reato, non fosse sotto controllo, tramite video-sorveglianza,
il che, secondo i principi della giurisprudenza di legittimità, precluderebbe la consumazione del
delitto, in effetti rimasto alla fase del tentativo. Tale prospettazione sarebbe avvalorata dal
fatto che la cosa, oggetto di sottrazione, non era ancora uscita dalla sfera di sorveglianza,
essendo stato recuperato il bene, all’interno del recinto del supermercato. Tale circostanza
sarebbe assorbente, non essendosi realizzata una disponibilità, piena ed autonoma, da parte
dell’imputato, sulla cosa, oggetto di sottrazione. Nè sarebbe calzante la prospettazione di
un’attivazione della persona offesa, dopo l’impossessamento, ad opera dell’autore del reato,
della cosa, costituente oggetto della sottrazione. Altrettanto erronea sarebbe la ritenuta
sussistenza dell’aggravante ex art. 625 n. 7 cod. pen., accertamento, questo, preclusivo
dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 131 bis cod. pen.. La suddetta aggravante non
sussisterebbe, dovendosi ritenere esclusa dalla presenza dei dispositivi antitaccheggio,
implicanti un controllo diretto e costante sulla merce. Chiariti tali presupposti, ad avviso della
parte ricorrente, ricorrerebbe nel caso in esame la fattispecie di cui all’art. 624, cod. pen., in
relazione alla quale si dovrebbe dichiarare non doversi procedere, per mancanza della
necessaria querela. Da ultimo, il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell’art. 131 bis
cod. pen. , con riferimento alla quale la corte d’appello non avrebbe motivato adeguatamente,
se non mediante il richiamo alla carenza dei presupposti, per la concessione delle circostanze
attenuanti generiche, in effetti già concesse dal giudice di primo grado.

Vittorio era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed C 200, 00 di multa, per il

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Che all’interno del supermercato, in cui è avvenuto il furto, non vi fosse un sistema di
videosorveglianza diretta si evince agevolmente dal testo della sentenza, da cui emerge che
due clienti avvisarono il sorvegliante del fatto che i due ragazzi avevano riempito due borsoni
di bottiglie ed erano fuggiti, guadagnando l’uscita, attraverso una porta di sicurezza.
Questa condizione fattuale esclude la fondatezza della tesi, sostenuta dal ricorrente, sulla

In linea di diritto, esclusa una sorveglianza diretta e continuativa, va confermato
l’accertamento della consumazione del reato, essendo avvenuto l’impossessamento della
refurtiva, ad opera dei due concorrenti nel reato, a seguito della fuga e del raggiungimento
dell’area esterna, tramite l’accesso ad un’uscita d’emergenza.
E’ sufficiente rammentare, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, risponde
del delitto di furto consumato e non tentato colui che, pur non essendosi allontanato dal luogo
di commissione del reato, abbia ivi occultato la refurtiva, così sottraendola al controllo della
persona offesa e acquisendone il possesso (Sez. 5, n. 2726 del 24/10/2016 – dep. 20/01/2017,
Pavone, Rv. 269088), orientamento, quest’ultimo, che esclude qualsivoglia rilievo, nell’ambito
della vicenda in esame, della circostanza, sottolineata nel ricorso, relativa al recupero della
merce all’interno del recinto del supermercato, a cura del personale di sorveglianza della
struttura.
Parimenti, va evidenziato, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di furto, la
circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa
dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, che non
garantisce l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza
specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante
di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015 – dep.
21/01/2016, Scalannbrieri, Rv. 265808).
Sempre in tale ottica, va rammentato, altresì, che sussiste la circostanza aggravante
dell’esposizione a pubblica fede nel tentativo di furto dai banchi di un supermercato di beni
dotati di un apposito dispositivo “antitaccheggio”, in quanto tale dispositivo non è idoneo ad
assicurare un controllo costante e diretto sulla “res”(Sez. 5, n. 4036 del 26/11/2015 – dep.
29/01/2016, Craciun, Rv. 267564).
Nella sostanza, tali pronunce riconducono un’incidenza preclusiva, a livello giuridico, in via
esclusiva, ad una sorveglianza costante ed efficace, che, per un verso, cataloga l’azione, nella
sfera del delitto tentato, e, sotto altro profilo, esclude la sussistenza della citata aggravante, in
considerazione, in entrambi i casi, di una permanenza del bene nell’ambito della sfera del
titolare del diritto, a causa dei mezzi di controllo dal medesimo esercitati.

base di presunzioni, legate alla natura del supermercato.

La sussistenza dell’aggravante esclude l’ulteriore prospettazione di parte ricorrente circa la
ricorrenza di un furto semplice, non punibile per mancanza della querela.
2. Relativamente poi alla censura, incentrata sulla mancata applicazione dell’istituto di cui
all’art. 131 bis cod. pen., è sufficiente ribadire quanto già indicato dalla corte territoriale, circa
l’esclusione dell’applicabilità della causa di non punibilità in questione, trattandosi di furto
aggravato, punito con pena fissata nel massimo in sei anni di reclusione, alo di sopra della
soglia, prevista nell’anzidetta disposizione.
3. Si deve, quindi, rigettare il ricorso, con contestuale condanna del ricorrente al pagamento

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/12/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Caterina Mazzitelli

Grazia Lapalorcia

,Thc,-at 641
,
Depositato in pwigelteria
Pirtki
Roma, lì

delle spese processuali.

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