Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17468 del 09/11/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 17468 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DE GREGORIO EDUARDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FINALI ANDREA NICOLA MARIA nato il 05/12/1963 a BASSANO DEL GRAPPA

avverso la sentenza del 05/03/2015 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI
LEO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio nella parte riguardante le
statuizioni civili, conferma nel resto.
Udito il difensore
il difensore presente, l’avvocato BONINI MAURO FRANCO, si riporta ai motivi

Data Udienza: 09/11/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trieste, in riforma della pronunzia di primo
grado, che aveva condannato l’imputato Finali alla pena di giustizia, oltre che al risarcimento
del danno per il delitto di diffamazione, lo ha assolto, per la ravvisata esimente della
provocazione, ai sensi dell’ad 599/2 cp ; fatto compiuto nel Febbraio 2010.
1. Ha presentato ricorso la difesa dell’imputato, che ha premesso che la sentenza impugnata
doveva essere letta nel senso dell’eliminazione di ogni statuizione civile ed ha rappresentato di
avere interesse alla presente impugnazione, in vista di un’assoluzione opponibile anche in sede

1.1 Col primo motivo, ha lamentato la violazione di legge in relazione agli artt 185 cp e 74 cpp,
poiché il dispositivo di “conferma nel resto”, se riferito alla condanna al risarcimento dei danni
sarebbe in contrasto con le norme citate, che escludono il potere/dovere del Giudice di
pronunciare sulla domanda della parte civile in caso di assoluzione dell’imputato.
1.2 Tramite il secondo motivo è stata chiesta la rettifica dell’errore materiale per
l’incompatibilità tra il dispositivo e la motivazione, nella quale era dato atto che i motivi di
appello inerenti il risarcimento del danno restavano assorbiti dall’assoluzione.
1.3 Nel terzo motivo è stata dedotta l’omessa motivazione sulla domanda di riforma in punto di
responsabilità civile e la conseguente nullità della sentenza, che sarebbe affetta da tale vizio.
1.4 Col quarto motivo è stato censurato il vizio di motivazione, poiché la sentenza impugnata
avrebbe mal interpretato l’atto di appello, riducendone le doglianze al punto dell’entità del
risarcimento del danno mentre le ragioni esposte dall’appellante riguardavano la sussistenza
stessa del risarcimento.
1.5 Nel quinto motivo è stata prospettata la violazione delle norme di cui all’art 530 cpp e 599/2
cp, in quanto la formula del dispositivo, se letta in coerenza con la motivazione i sarebbe meno
liberatoria di quelle di cui al combinato disposto degli artt 530 e e 652 cpp.
Con memoria datata 14 Ottobre e depositata in Cancelleria il 20 Ottobre 2017, sottoscritta
dall’imputato è stato esposto che la Corte territoriale avrebbe dovuto pronunziare con formula
maggiormente liberatoria; inoltre il ricorrente ha rinunziato, per quanto utile, alla prescrizione.
All’odierna udienza il Pg, dr Di Leo ed il difensore dell’imputato, avvocato Bonini, hanno
concluso come in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.Le doglianze espresse dai ricorrente nei primi tre motivi sembrano mirare ad ottenere da
questa Corte una inammissibile pronunzia di precisazione del dispositivo adottato dai Giudici di
Appello nel senso che la dizione ” conferma nel resto” non si riferisse alle statuizioni civili, che,
invece, erano state – ovviamente – travolte dalla decisione assolutoria nei suoi confronti.

civile.

1.1 Del resto la lettura combinata delle ragioni della decisione e del dispositivo chiarisce che la
predetta dizione è riferita alle statuizioni assolutorie, restando gli ulteriori motivi di appello, ed
in particolare quelli sul risarcimento del danno, assorbiti.
2.Secondo la giurisprudenza di questa Corte i sussiste l’interesse dell’imputato all’impugnazione
della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula “perché il fatto non costituisce
reato”,o, come nella fattispecie in esame, per la presenza di una causa di non punibilità, al fine
di ottenere la più ampia formula liberatoria ” perché il fatto non sussiste”, allorquando egli
deduca che l’accertamento del fatto materiale oggetto del processo penale possa pregiudicare le

rispetto

a

quelli

di

danno,ovvero

disciplinari.(Sez. 4, Sentenza n. 49710 del 04/11/2014 Ud. dep. 28/11/2014 Rv. 261178).
2.1 In proposito può aggiungersi che anche la giurisprudenza civile ha affermato che la
disposizione di cui all’art. 652 cod. proc. pen., come quelle degli arti. 651, 653 e 654 dello
stesso codice, costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi
penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti
nelle predette disposizioni. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di
assoluzione per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha
commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una
facoltà legittima, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio
civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno; diversamente le sentenze
di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno
alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza
di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente ed il giudice civile,
pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed
autonomamente

rivalutare

il

fatto

in

contestazione.

Sez. U

Civili, Sentenza n. 1768 del 26/01/2011 (Rv. 616366 – 01).
3. Applicando tali principi alla fattispecie concreta va osservato che il ricorrente, pur avendo
astrattamente un interesse all’impugnazione, non ha espresso le specifiche ragioni di fatto e di
diritto per cui si attaglierebbero alla sua vicenda processuale le formule maggiormente
liberatorie invocate e, diversamente da quanto dedotto nel ricorso, l’assoluzione per la presenza
di una causa di non punibilità è coerente con la ravvisata esimente della provocazione ex art
599/2 cp.
3.1 In realtà, sotto l’apparente veste dei vizio di motivazione illogica e violazione di legge sono
stati rappresentati motivi impropriamente tendenti ad un’interpretazione della sentenza
d’appello che possa mettere al riparo il ricorrente dalle domande sempre proponibili nei suoi
confronti in sede civile dalla persona offesa, atteso che – per i principi già citati – l’art 652 cpp
limita l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile ai diversi casi di
pronunzia assolutoria perchè il fatto non sussiste, o perchè l’imputato non lo ha commesso o

situazioni giuridiche soggettive a lui facenti capo in giudizi civili e amministrativi, anche distinti

perchè il fatto è stato compiuto nell’esercizio di una facoltà legittima o nell’adempimento di un
dovere.
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile
ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro
duemila in favore della cassa delle ammende. hi sensi dell ‘a
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PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sepse processuali e
al versamento di euro duemila in favore della cassa delle ammende.1~rnszurameats2
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• ter; e érart 52- dIgs 196/2003,

Deciso il 9.11.2017
Il consigliere estensore

Il Presidente

Eduardo de Gregorio

Grazia Lapalorcia _

Depositato in Cancetteria
Roma, lì ……

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