Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17466 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17466 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) VIVIAN MASSIMO N. IL 29/0W1969
avverso l’ordinanza n. 183/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
20/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 20 ottobre 2011 la Corte di appello di Brescia,
giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di Vivian Angelo di
applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti di rapina e furto
aggravati, commessi il 29 marzo 2007, per i quali dalla stessa Corte di
appello Il Vivian era stato condannato alla pena di anni due e mesi dieci di
aggravati, commessi il 10 ottobre 2007, per i quali dal Giudice dell’udienza
preliminare di Rovigo il \Milan era stato condannato alla pena di anni due e
mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa.
Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Vivian tramite il
difensore, il quale deduce l’erronea applicazione della legge penale e il vizio
della motivazione.
CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché, al di là del titolo dato ai motivi
formulati, propone in realtà censure di merito non consentite nel giudizio di
legittimità.
La Corte di appello, infatti, con motivazione adeguata e coerente,
immune da vizi logici e giuridici, e, perciò, insindacabile in questa sede, ha
spiegato che i fatti oggetto delle due sentenze di condanna in esame non
erano sintomatici dell’identità del disegno criminoso, poiché commessi a
distanza di tempo l’uno dall’altro e non con lo stesso complice, precisando
che l’analogia delle modalità esecutive e lo stato di tossicodipendenza non
erano sufficienti a provare l’iniziale deliberazione unitaria di tutte le

violazioni.
In particolare, secondo il giudizio della Corte, le analoghe modalità
esecutive dei reati, consistite nell’ingresso del Vivian a volto scoperto negli
istituti di credito che subirono le rapine, erano imposte dall’accesso in banca
col sistema cosiddetto del “digiscan”, essendo il ricorrente, all’epoca,
incensurato; e la condizione di tossicodipendenza del Vivian, da sola, non
era idonea a fondare l’unicità del disegno criminoso.
A tale legittima valutazione del giudice di merito il ricorrente si limita a
contrapporre la propria diversa lettura dei dati giudiziali, in una prospettiva,
quindi, di alternativa interpretazione degli elementi decisionali che non può
essere rimessa in discussione davanti al giudice di legittimità, tranne i casi

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reclusione ed euro 1.000,00 di multa; e altri fatti di rapina (anche tentata)

di grave patologia della motivazione per mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità di essa, non ricorrenti nella fattispecie.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di curo 1,000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 dicembre 2012.

ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il

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