Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17460 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17460 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Paviglianiti Domenico, nato il 04/05/1961;

Avverso l’ordinanza emessa il 03/03/2017 dal G.I.P. del Tribunale di
Bologna;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Simone
Petrelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 27/02/2018

RILEVATO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il G.I.P. del Tribunale di Bologna, in funzione
di Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza con cui Domenico Paviglianiti aveva
chiesto la sostituzione della pena dell’ergastolo – alla quale era stato sottoposto
per effetto del provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso dal
Procuratore generale presso la Corte di appello di Reggio Calabria il 12/07/2012
– con la pena di 30 anni di reclusione.

stato estradato in Italia dalla Spagna e che, seppure l’autorità giudiziaria
spagnola, con i provvedimenti di concessione dell’estradizione intervenuti, aveva
posto la condizione che, in caso di condanna all’ergastolo, tale pena non avrebbe
comportato la detenzione perpetua dell’estradato, lo Stato italiano non aveva
violato gli impegni estradizionali, conseguendo il trattamento sanzionatorio patito
dal ricorrente al cumulo di pene concorrenti sopra citato, nell’ambito del quale
non era compresa alcuna condanna all’ergastolo.

2. Avverso tale ordinanza Domenico Paviglianiti ricorreva per cassazione,
deducendone la violazione di legge, in riferimento all’art. 7 CEDU, conseguente
al fatto che l’autorità giudiziaria italiana, ponendo in esecuzione il provvedimento
di cumulo di pene concorrenti emesso dal Procuratore generale presso la Corte di
appello di Reggio Calabria il 12/07/2012, aveva violato il principio di buona fede
internazionale, posto a fondamento dei rapporti tra Stati in materia di
estradizione.
Si evidenziava, al contempo, che, per effetto dell’esecuzione della pena
dell’ergastolo, Paviglianiti era stato sottoposto al regime detentivo di cui all’art.
41-bis Ord. Pen., in conseguenza del quale non aveva potuto usufruire dei
benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario, che gli erano stati negati in
violazione degli impegni che lo Stato italiano aveva assunto con lo Stato
spagnolo in sede di estradizione. Tale violazione, tra l’altro, era stata sancita da
una pronuncia di questa Sezione, intervenuta in relazione allo stesso ricorrente e
alla medesima vicenda estradizionale, ancorché valutata sotto un profilo
parzialmente differente (Sez. 1, n. 9660 del 20/10/2016, dep. 2017, Paviglianiti,
non mass.).
Il G.I.P. del Tribunale di Bologna, pertanto, non poteva esimersi dal
pronunciarsi sulla dedotta violazione del principio di buona fede internazionale,
così come canonizzato dall’art. 7 CEDU, rispetto alla quale la mancata
concessione dei benefici penitenziari invocati da Paviglianiti costituiva un effetto
del trattamento sanzionatorio illegittimamente eseguito nei suoi confronti. Sotto
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Il Giudice dell’esecuzione, in particolare, evidenziava che Paviglianiti era

quest’ultimo profilo, il riferimento alla competenza della magistratura di
sorveglianza, effettuato nel provvedimento impugnato, allo scopo di evidenziare
l’eccentricità dell’incidente di esecuzione del ricorrente, ometteva di considerare
che lo stesso era finalizzato a ottenere la rideterminazione della pena eseguita
illegalmente nei suoi confronti, sulla base del provvedimento di esecuzione di
pene concorrenti, sopra citato, dal quale discendeva l’applicazione – anch’essa
illegittima – del regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Domenico Paviglianiti è fondato nei termini di
seguito indicati.

2. Osserva il Collegio che costituisce un dato processuale incontroverso
quello secondo cui Domenico Paviglianiti veniva interessato da numerosi
procedimenti estradizionali, attivati presso lo Stato spagnolo tra il 1998 e il
2006, che si concludevano con l’accoglimento delle varie richieste presentate
dall’autorità giudiziaria italiana. Tale accoglimento si fondava sul presupposto
pattizio, non contestato, che il soggetto estradato, in caso di condanna, non
venisse sottoposto alla pena dell’ergastolo.
Tenuto conto di tali condizioni processuali, il Giudice dell’esecuzione
bolognese rigettava l’incidente di esecuzione sul differente presupposto che il
provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso dal Procuratore generale
presso la Corte di appello di Reggio Calabria il 12/07/2012 – in conseguenza del
quale il ricorrente veniva sottoposto al trattamento sanzionatorio censurato non comportava l’esecuzione di alcuna pena detentiva perpetua, pacificamente
preclusa dagli accordi estradizionali concernenti la posizione di Paviglianiti,
intervenuti tra la Spagna e l’Italia. Tale preclusione discende dal fatto che la
pena dell’ergastolo – denominata cadena perpetua – è ripudiata dall’ordinamento
spagnolo, perché ritenuta in contrasto con l’art. 25 della Costituzione di quel
Paese e con i principi affermati dalla Corte EDU, direttamente applicabili per
effetto dell’art. 15 della stessa Costituzione (Sez. 1, n. 24066 del 10/03/2009,
Noschese, Rv. 244009).
Tuttavia, il G.I.P. del Tribunale di Bologna giungeva a tali conclusioni senza
dare analiticamente conto dei titoli esecutivi presupposti, in relazione ai quali
occorreva verificare l’osservanza degli accordi estradizionali intervenuti tra l’Italia
e la Spagna, sulla base dei quali Paviglianiti era stato estradato, a condizione che
non venisse condannato alla pena dell’ergastolo. Si consideri che il
3

Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

provvedimento di cumulo Gii-eutrutirdi pene concorrenti, attivato nell’ambito del
procedimento n. 342/2010 SIEP dal Procuratore generale presso la Corte di
appello di Reggio Calabria, si componeva di 9 titoli esecutivi, che riguardavano
una pluralità di fatti di reato contemplati dalle procedure estradizionali attivate
presso lo Stato spagnolo, rispetto alle quali il Giudice dell’esecuzione non
compiva alcun vaglio giurisdizionale, pur impostogli dalla disposizione dell’art.
666, comma 5, cod. proc. pen., alla luce degli impegni assunti dallo Stato
italiano in sede di estradizione.

peraltro richiamata dallo stesso Giudice dell’esecuzione bolognese, indirizzata
alla Corte Nazionale di Madrid, riguardante le richieste di estradizione di
Paviglianiti, con cui il Ministero della Giustizia italiano, oltre ad assicurare che «le
condanne alla pena dell’ergastolo sono eseguite in Italia nel rispetto delle regole
e dei principi stabiliti dall’ordinamento italiano […]», chiariva che la pena
perpetua non comporta che i condannati debbano «restare detenuti in carcere
indefettibilmente per tutta la vita […]».
Né è possibile prescindere dagli accordi estradizionali relativi alla posizione
di Paviglianiti, tenuto conto del principio di buona fede internazionale, che
impone di rispettare gli impegni estradizionali assunti con gli altri Stati, in
conseguenza del quale il giudice dell’esecuzione può correggere la pena irrogata
all’estradato laddove superiore a quella concertata in sede di estradizione,
avvalendosi dei poteri riconosciutigli dagli artt. 666 e 670 cod. proc. pen. Sul
punto, è sufficiente richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte,
secondo cui: «La concessione dell’estradizione sul presupposto dell’irrogabilità di
una pena detentiva temporanea per reati astrattamente punibili con l’ergastolo
da uno Stato che non ammette la detenzione perpetua, comporta che la pena
detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di
estradizione; ne consegue che la successiva irrogazione dell’ergastolo da parte
del giudice della cognizione costituisce applicazione di pena illegale la quale deve
essere corretta attraverso il rimedio dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art.
670 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 6278 del 16/07/2014, dep. 2015, Esposito, Rv.
262646).
Su tali elementi valutativi, pertanto, si impone un nuovo esame da parte del
G.I.P. del Tribunale di Bologna, finalizzato a eliminare le discrasie argomentative
che si sono evidenziate.

3. In questa cornice, deve rilevarsi ulteriormente che, a fronte delle
specifiche deduzioni difensive, il G.I.P. del Tribunale di Bologna avrebbe dovuto
verificare se ed eventualmente in quale misura il regime detentivo di cui all’art.
4

Questa verifica si imponeva anche alla luce della nota del 14/03/2006,

41-bis Ord. Pen., al quale risultava sottoposto Domenico Paviglianiti, discendeva
dai 9 titoli di reato posti in esecuzione con il provvedimento di cumulo di pene
concorrenti emesso dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Reggio
Calabria, tenuto conto degli accordi estradizionali intercorsi tra l’Italia e la
Spagna.
Ne discende che, anche in questo caso, il G.I.P. del Tribunale di Bologna
avrebbe dovuto compiere un vaglio giurisdizionale preliminare, finalizzato a
verificare, avvalendosi dei poteri riconosciutigli dall’art. 666, comma 5, cod.

era conforme agli impegni assunti dallo Stato italiano con lo Stato spagnolo in
sede di estradizione e se il regime detentivo speciale di cui all’art.

41-bis Ord.

Pen., al quale era sottoposto il ricorrente gli fosse stato applicato in violazione
degli accordi estradizionali. Sul punto, ci si deve limitare a richiamare la
giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «In tema di esecuzione
non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un
provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, il
dovere, cioè, di prospettare e indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si
basa, incombendo poi all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi
accertamenti» (Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276; si
veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 46649
dell’11/11/2009, Nazar, Rv. 245511).
Da questo punto di vista, non può non rilevarsi che, ancorché non
costituente un precedente in termini, appare pertinente il richiamo effettuato da
Paviglianiti alla sentenza emessa da questa stessa Sezione il 20/10/2016 nei
confronti del ricorrente (Sez. 1, n. 9660 del 20/10/2016, dep. 2017, Paviglianiti,
cit.), concernente la rilevanza dell’ergastolo ostativo ai fini dell’esecuzione della
pena nei confronti del ricorrente, riguardando tale profilo le modalità di
esecuzione del trattamento sanzionatorio e la compatibilità del regime detentivo
di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. con gli accordi estradizionali intervenuti tra l’Italia
e la Spagna.
Basti, in proposito, richiamare il passaggio della motivazione in questione,
nel quale si affermava che, nel caso di specie, non si era «affrontato il tema
posto dalla necessità di verificare la portata che poteva assumere l’omissione […]
di riferimenti al c.d. ergastolo ostativo […]» (Sez. 1, n. 9660 del 20/10/2016,
dep. 2017, Paviglianiti, cit.).
L’ordinanza in questione, del resto, veniva censurata anche sotto un altro
profilo, certamente rilevante nel caso di specie, conseguente al fatto che
l’applicazione del regime detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. non poteva
essere disposta nei confronti di Paviglianiti «senza i necessari approfondimenti
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proc. pen., se l’esecuzione del trattamento sanzionatorio patito da Paviglianiti

valutativi, per affermare sic et simpliciter che egli non possa fruire dei permessi
premio […]» (Sez. 1, n. 9660 del 20/10/2016, dep. 2017, Paviglianiti, cit.).
Anche su tali ulteriori profili valutativi, dunque, si impone un nuovo esame
da parte del G.I.P. del Tribunale di Bologna.

4. Per queste ragioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con
rinvio al G.I.P. del Tribunale di Bologna, affinché provveda a un nuovo esame,

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo esame, al Giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna.
Così deciso il 27/02/2018.

conformandosi ai principi di diritto che si sono enunciati.

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