Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17452 del 30/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17452 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LAMHOULI AZIZ nato il 24/01/1974

avverso l’ordinanza del 24/07/2017 del TRIBUNALE di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI;
udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale FRANCESCO MAURO IACOVIELLO, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

Data Udienza: 30/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Milano, investito di richiesta di riesame ex art. 309 cod.
proc. pen., con l’ordinanza in epigrafe confermava la misura della custodia
cautelare in carcere, applicata il 5 luglio 2017 dal G.i.p. del Tribunale di Monza,
nei confronti di Aziz Lamhouli, in relazione al reato di omicidio.
Tale ultimo provvedimento aveva reiterato, ex art. 27 cod. proc. pen.,
l’ordinanza genetica, emessa in sede di convalida del fermo dal G.i.p. del

2. L’ordinanza in epigrafe era stata adottata in esito ad udienza di riesame,
celebrata nonostante la difesa ne avesse chiesto, il giorno stesso,

il rinvio a

norma dell’art. 309, comma 9 bis, cod. proc. pen.

Sul punto il Tribunale aveva rilevato la tardività della richiesta (non
avanzata entro due giorni dalla notificazione dell’avviso di fissazione) e la
mancata personale proposizione di essa da parte dell’imputato, o di procuratore
speciale all’uopo nominato.
Con l’ordinanza di riesame, per quanto ancora di rilievo in questa sede,
l’omonimo giudice respingeva l’eccezione di nullità del provvedimento
impugnato, sollevata in relazione all’art. 143 cod. proc. pen. a seguito della sua
mancata traduzione in lingua nota all’indagato, straniero alloglotta.
Riteneva lo stesso giudice che esistessero diversi e qualificati indici della non
necessità di una tale traduzione. Lamhouli viveva e lavorava in Italia da
vent’anni, come da lui dichiarato in sede di convalida del fermo, ed era pertanto
ragionevolmente certo che egli, non essendo analfabeta, fosse ormai in grado di
comprendere l’italiano, anche nella sua forma scritta. Inoltre l’indagato aveva
sottoscritto taluni atti del procedimento (i verbali di notifica del provvedimento
impugnato, di identificazione ed indicazione di domicilio) sotto una dicitura che
attestava che egli avesse “letto e confermato” il contenuto degli atti stessi.
Non erano corrispondentemente credibili le contrarie dichiarazioni
anteriormente rese dall’indagato nel procedimento, né rilevava in contrario il
fatto che l’ordinanza genetica, emessa dal G.i.p. di Milano, fosse invece stata
tradotta, essendo il giudice libero di accertare, in ogni momento o fase del
giudizio, l’effettiva conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato.

3. Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, sulla base
di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione degli
artt. 143, 293, comma 1, 178, lett. c), e 179, cod. proc. pen., nonché la

2

Tribunale di Milano, contestualmente dichiaratosi incompetente.

mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sul punto
del mancato rilievo della nullità dell’ordinanza impugnata in sede di riesame.
La comprensione dell’atto processuale da parte dell’accusato sarebbe
fondamentale, anche in base ai principi di diritto europeo, per il corretto e
tempestivo esercizio del diritto di difesa; tanto è vero – osserva il ricorrente che gli artt. 143 e 293 del codice di rito, come novellati dal d.lgs. n. 32 del 2014,
pongono l’obbligo di tradurre, in lingua nota all’imputato alloglotta,
rispettivamente l’ordinanza applicativa di misura cautelare personale e

deve accompagnarsi.
Nonostante l’evidente violazione di tali disposizioni, derivante dall’omessa
traduzione dell’ordinanza del G.i.p. di Monza, il collegio del riesame avrebbe
omesso di dichiararne la nullità, ricorrendo ad una presunzione astratta,
svincolata dalla verifica dell’effettiva conoscenza dell’italiano scritto da parte
dell’indagato, ed anzi in contraddizione con la dichiarazione da lui espressamente
resa di comprendere l’italiano parlato ma di non saper decifrare quello scritto
(specie se di contenuto complesso); che era poi il presupposto sulla cui base il
G.i.p. di Milano aveva già disposto la traduzione dell’ordinanza genetica.
3.2. Il secondo motivo denuncia la nullità del procedimento di riesame,
derivante dalla violazione degli artt. 143 e 309, comma 9-bis, cod. proc. pen.,
nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul
punto.
L’indagato non sarebbe stato messo in condizione di esercitare,
personalmente e nel termine previsto, la facoltà, riconosciutagli dal citato
comma 9-bis dell’art. 309, di chiedere un differimento dell’udienza di riesame
(nella specie, per prepararsi al vicino interrogatorio davanti al pubblico
ministero), non avendo ricevuto alcun avviso in tal senso, tradotto in lingua a lui
nota; circostanza che si è risolta per lui nella preclusione a partecipare
all’udienza camerale.
In ogni caso, il giudice del riesame non avrebbe affatto preso in
considerazione, come doveva, il merito della richiesta, trascurando il fatto che
l’interrogatorio dinanzi al pubblico ministero rivestiva fondamentale importanza
in seno alla sua strategia di difesa, e non poteva non determinare il rinvio
dell’udienza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nello scrutinare il proposto ricorso, nel suo primo motivo, occorre
muovere dal più recente, e dal Collegio pienamente condiviso, indirizzo

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l’informativa sui diritti e sulle facoltà spettanti al suo destinatario, che alla prima

interpretativo – Sez. 6, n. 51951 del 17/10/2017, Minte, Rv. 271655; Sez. 4, n.
33802 del 18/05/2017, Ojeareghan, Rv. 270610; Sez. 3, n. 14990 del
18/02/2015, Vervaeren, Rv. 263236; ma v. già Sez. U, n. 5052 del 24/09/2003,
dep. 2004, Zalagaitis, Rv. 226717 – secondo il quale, qualora sia applicata una
misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che non è in
grado di comprendere la lingua italiana, l’omessa traduzione del provvedimento
determina la sua nullità, a regime intermedio, purché la predetta circostanza
fosse già nota al momento dell’emissione del titolo cautelare; laddove invece,

dell’interrogatorio di garanzia, tale situazione va equiparata a quella dell’assoluto
impedimento regolata dall’art. 294, comma 2, cod. proc. pen. (con l’onere per il
giudice di disporre la traduzione del provvedimento coercitivo in un termine
congruo, da cui decorre nuovamente il termine per l’interrogatorio, e con finale
perdita di efficacia della misura in caso di omesso interrogatorio entro il termine
predetto, ovvero di traduzione disposta o effettuata in un termine «incongruo»).
La necessità di traduzione, a norma dell’art. 143 cod. proc. pen., come
modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 32 del 2014, sussiste anche nel
caso di provvedimento disposto a seguito di dichiarazione di incompetenza del
giudice che aveva emesso l’originario titolo custodiale, ma essa ncn discende
automaticamente dal mero «status» di straniero (o apolide), essendo
subordinata all’accertamento dell’ignoranza della lingua italiana da parte
dell’imputato (Sez. 2, n. 8094 del 04/02/2016, T., Rv. 266238; Sez. 3, n. 11514
del 27/02/2015, Morante Zarate, Rv. 262980, nonché, già prima della novella
legislativa testé menzionata, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv.
239693).
Così interpretata, la regola processuale è certamente rispettosa dei principi
posti in materia dall’art. 111, terzo comma, Cost., nonché dei corrispondenti
obblighi sovranazionali (art. 6 CEDU sull’equo processo, art. 3 direttiva europea
2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 sul
diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali), giacché tali
fonti ancorano il diritto dell’imputato di farsi assistere (gratuitamente) da un
interprete (e di ottenere la traduzione delle sentenze e dei provvedimenti
giudiziari) al fatto che l’imputato stesso non comprenda o non parli la lingua
usata in udienza o nel processo.

2. L’esigenza da salvaguardare, anche nel quadro delle garanzie
costituzionali e di diritto europeo, è semmai allora quella di assicurare che la
verifica sul punto sia eseguita in modo scrupoloso, e che l’esito sia controllabile

4

allorché la mancata conoscenza della lingua italiana sia emersa solo nel corso

in sede d’impugnazione (v., in particolare, art. 3, comma 5, direttiva
2010/64/UE citata).
L’accertamento relativo alla conoscenza o meno, da parte dell’imputato,
della lingua italiana compete, in quest’ottica, al giudice di merito, la cui
valutazione è soggetta a sindacato di legittimità sotto il profilo della correttezza
ed esaustività di motivazione (Sez. 2, n. 46139 del 28/10/2015, Reznikov, Rv.
265213; Sez. F, n. 44016 del 04/09/2014, Vjerdha, Rv. 260997; Sez. 5, n.
33775 del 27/02/2014, ilie, Rv. 261640; Sez. 6, n. 28697 del 17/04/2012, Wu,

3. Nella specie, il giudice del riesame, con motivazione non manifestamente
illogica, ha desunto la conoscenza del nostro idioma, da parte dell’odierno
ricorrente, dalla sua ultraventennale permanenza in Italia, dalla sua
alfabetizzazione e dalla sottoscrizione di pregressi atti del procedimento a lui
indirizzati; circostanze che rendevano implausibile, e pertanto meramente
strumentale, la sua proclamata incapacità di comprendere l’italiano scritto, ed
essendo peraltro ininfluente che in precedenza la traduzione di atti analoghi
fosse stata eseguita.
‹),
Tale ultima circostanza, del resto, non costituiva– come correttamente
rilevato nell’ordinanza impugnata, sulla scia di un preciso insegnamento di
questa Corte (Sez. 3, n. 37364 del 05/06/2015, B., Rv. 265185) – prova certa
della mancata conoscenza della lingua nazionale da parte dell’imputato, né
vincolava in tal senso il giudice di merito, sempre libero di accertare, in ogni
momento o fase del giudizio, la conoscenza effettiva della lingua medesima sulla
base di circostanze univoche di segno diverso.

4.

La reiezione del primo motivo, che da tali considerazioni discende,

prelude al corrispondente esito in cui incorre il motivo successivo.
Esclusa la pretesa nullità derivante dalla mancata traduzione dell’ordinanza
coercitiva (e del susseguente avviso di fissazione dell’udienza di riesame), non
possono neppure essere da essa causalmente derivate né la mancata
formulazione personale dell’istanza di differimento di udienza ex art. 309,
comma 9-bis, cod. proc. pen. (introdotto dall’art. 11, comma 4, legge n. 47 del
2015), né la sua palese tardività, sulla cui base il Tribunale ha legittimamente
deciso di pretermetterla, senza neppure esaminarne il merito.

5. Seguono la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
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I

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5

wt1 ,

Rv. 253250).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna

il

Trasmessa ccpa cx art. 23
n. I ter L.
8-8
8 APR9. 2018
5n. 3_
Rgrna,

ricorrente al pagamento delle spese

processuali.

Così deciso il 30/01/2018

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