Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17446 del 30/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17446 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO

Data Udienza: 30/01/2018

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARENA FABRIZIO nato il 03/08/1980 a CROTONE

avverso la sentenza del 08/11/2016 della CORTE DI CASSAZIONE
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI.

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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza 8 novembre 2016 la Corte di Cassazione, Quinta sezione
penale, respingeva, tra l’altro, il ricorso proposto da Fabrizio Arena avverso la
sentenza 9 novembre 2015 della Corte di assise di appello di Catanzaro, che,
giudicando in sede di rinvio ex art. 627 cod. proc., aveva nei suoi confronti
confermato la condanna alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per la
durata di dieci mesi, inflittagli in primo grado per concorso nell’omicidio

dicembre 2004 (e per i connessi reati di violazione della normativa sulle armi e di
ricettazione di una di esse).
Era rimasta per l’effetto definitivamente accertata la responsabilità
concorsuale di Arena nella perpetrazione dell’omicidio, sia a titolo materiale, per
essersi egli appostato, nei pressi dell’abitazione della vittima, al fine di
verificarne la presenza al suo interno e, altresì, di trovarsi in posizione utile a
dare manforte in caso di necessità; sia a titolo morale, per avere egli partecipato
alla decisione, assunta all’interno della consorteria Arena, di uccidere Nicoscia.
Nel giudizio di rinvio era stata svolta nuova attività istruttoria ai sensi
dell’art. 603 cod. proc. pen., comprendente, per quanto di rilievo in questa sede,
l’esame come testimone, chiesto dalla pubblica accusa, del collaboratore di
giustizia Pasquale Oliverio. Questi, secondo la difesa Arena, aveva scagionato
l’imputato, ma la Corte territoriale, dopo aver precisato che trattavasi di
deposizione de relato, aveva viceversa sottolineato come il suo bagaglio di
conoscenze fosse incompleto e non necessariamente contraddittorio con l’ipotesi
accusatoria; e tale passaggio motivazionale, specificamente censurato, aveva
superato il vaglio di legittimità.

2. Avverso la relativa ultima sentenza Arena ha proposto, in proprio, ricorso
per errore di fatto, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen.
Il ricorrente, premessa la decisività della deposizione Oliverio, desumibile
dal fatto che il giudice di rinvio non si era reputato in grado di decidere allo stato
degli atti, denuncia il duplice errore percettivo in cui sarebbe incorsa questa
Corte, lì ove essa avrebbe qualificato Oliverio come collaboratore, quando il
verbale della deposizione renderebbe evidente il suo status processuale di
testimone «puro»; e lì ove essa avrebbe erroneamente affermato, per
screditarlo, che egli, in realtà diretto partecipe agli incontri preparatori
dell’omicidio, riferisse solo de relato e si trovasse ristretto lontano dai luoghi del
delitto.

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premeditato di Pasquale Nicoscia, avvenuta in Isola di Capo Rizzuto 1’11

3. Il ricorso risulta manifestamente infondato, e come tale deve essere
dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 625-bis, comma 4, cod. proc. pen.
3.1. La circostanza che Oliverio avesse deposto come testimone in ordine
all’omicidio era elemento pacifico del processo, e la sentenza di legittimità, sin
dall’esposizione dei motivi di ricorso (v. punto 4.3., pag. 5), espressamente gli
riconosce tale veste, e tanto già basterebbe ad escludere (in questa parte) il
denunciato errore percettivo.
La veste di testimone, peraltro, non è contraddetta dalla concomitante

censurata, e spettantegli, per avere egli – come è altrettanto pacifico – reso
all’autorità giudiziaria, in altri procedimenti, in qualità di ex-affiliato alla
‘ndrangheta (come capo locale di Belvedere di Spinello), dichiarazioni aventi i
requisiti di cui all’art. 9, comma 3, d.l. n. 82 del 1991, conv. dalla I. n. 82 del
1991. Dalla pregressa affiliazione Oliverio traeva infatti il bagaglio d’informazioni
riversate in giudizio, pur se, rispetto alle imputazioni su cui quest’ultimo verteva,
non si concretarono le situazioni d’incompatibilità ad assumere l’ufficio
testimoniale di cui all’art. 197 cod. proc. pen.
La questione posta è destituita di ogni fondamento anche in relazione al
fatto che essa è priva d’incidenza sulla valutazione della prova dichiarativa in
esame, effettuata dalla Corte territoriale sull’esatto presupposto della sua natura
testimoniale, e ritenuta in sede di legittimità, sulla stessa base, rispondente a
canoni di logica e coerenza.
3.2. Quest’ultima notazione disvela l’evidente assenza, anche nell’ulteriore
prospettazione compiutane, dell’errore percettivo.
Il denunciato travisamento della risultanza probatoria, sulla natura diretta e
pienamente informata della testimonianza Oliverio, sarebbe imputabile non già
alla sentenza dì legittimità, ma a quella che era stata in quella sede impugnata
(come risulta dalle pagg. 21 e 22 della prima e dall’ampia citazione testuale ivi
contenuta); e la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il vizio
di travisamento della prova, non dedotto (o infruttuosamente dedotto) con il
ricorso per cassazione, non può costituire motivo di success i vo ricorso
straordinario per errore di fatto, ex art. 625-bis cod. proc. pen., non
configurandosi in tal caso, nella decisione della Corte Suprema, alcuna errata
rappresentazione percettiva degli atti (Sez. 3, n. 14509 del 31/01/2017, Romeo,
Rv. 270394) e non essendo sindacabili eventuali suoi errori di giudizio (Sez. U,
n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686).

4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e –

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qualifica di collaboratore di giustizia, parimenti attribuitagli nella sentenza qui

per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost.,
sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende
nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
duemila euro.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle

Così deciso il 30/01/2018

ammende.

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