Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17435 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17435 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) TROVATO FRANCESCO N. IL 07/03/1980
avverso la sentenza n. 263/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
04/07/2011
dato avviso alle parti ;
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4 luglio 2011 il Tribunale di Catania ha dichiarato
Trovato Francesco responsabile del reato di cui all’art. 650 cod. pen, per non
avere osservato il provvedimento legalmente emesso per ragioni di giustizia e
sicurezza pubblica il 13 gennaio 2007 dal Questore di Catania di fare rientro nel

condannato alla pena di un mese di arresto.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
il condannato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di tre motivi, con i
quali ha dedotto, rispettivamente, la violazione degli art. 157 e segg. cod. pen.
per essere prescritto il reato contestato, la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. peri., in relazione agli artt. 27 Cost. e 650 cod. pen. per
carenza di prova certa della sua penale responsabilità anche sul piano
soggettivo, e in subordine la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e),
cod. proc, pen., in relazione agli artt. 27 Cost. e 62-bis cod. pen. quanto al
diniego delle attenuanti generiche.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. peri.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato in ogni sua deduzione.
2. Quanto al primo motivo, attinente alla dedotta intervenuta prescrizione
del reato, si rileva che la contravvenzione contestata è stata accertata il 15
gennaio 2007, e quindi dopo l’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, che
ha, tra l’altro, modificato il tempo necessario a prescrivere, lo stesso
determinando per il reato contravvenzionale nella misura minima di quattro anni,
che è aumentata di un quarto in presenza di un fatto interruttivo.
Al rilievo fattuale della data di commissione del reato conseguono, pertanto,
l’applicazione della legge vigente alla detta data e la scadenza non antecedente
al 15 gennaio 2012 del termine prescrizionale.
Alla stregua di dette considerazioni, è da escludere che il Giudice di appello
doveva rilevare una prescrizione non ancora maturata alla data della decisione
(4 luglio 2011).
3.

Il decorso del termine prescrizionale, sopravvenuto alla sentenza

d’appello, non può essere, tuttavia, rilevato in questa sede, perché la manifesta

comune di Catania, presentandosi entro un giorno all’Autorità di P.S., e l’aveva

infondatezza delle ulteriori ragioni di censura ha precluso la corretta
instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione
(Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164).
3.1. Ed invero, quanto alla doglianza sviluppata con il secondo motivo, si
osserva che l’inosservanza contestata ha riguardato un ordine rivolto al
ricorrente, idoneo, per il suo contenuto specifico, a informare il medesimo del
suo obbligo di rientrare nel comune di Catania, senza recarsi nel comune di
Zafferana Etnea, e di presentarsi alla competente Autorità di P.S., e dallo stesso

impugnata ha coerentemente rimarcato che la conoscenza dell’ordine legalmente
dato e dei suoi presupposti di fatto hanno anche comprovato la sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato contravvenzionale contestato, integrato anche
dalla mera negligenza.
Le censure difensive, che esprimono un generico dissenso, con diffusi
richiami ai principi di diritto, reiterando le deduzioni già svolte con i motivi di
appello, sono aspecifiche e, nella parte in cui oppongono un’alternativa dubbia
lettura della vicenda, invadono il campo del merito, congruamente analizzato e
insuscettibile di sindacato in questa sede.
3.2. In ordine al terzo subordinato motivo, deve ribadirsi che, in tema di
attenuanti generiche e di trattamento sanzionatorio, il giudice non ha l’obbligo di
procedere a un analitico esame dei criteri elencati nell’art. 133 cod. pen.,
essendo sufficiente il riferimento a dati oggettivi o soggettivi idonei a evidenziare
la correttezza sul piano argomentativo del criterio seguito nell’esercizio del
proprio potere discrezionale.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata appare conforme a tali principi,
avendo la Corte di merito ritenuto del tutto legittimamente e con logica
motivazione la congruità ed equità della pena nella misura determinata dal primo
Giudice, alla luce dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e in particolare dei
precedenti penali connotanti la negativa personalità dell’imputato, applicabili, e
implicitamente valorizzati, anche ai fini dell’art. 62-bis cod. pen.
Né il ricorrente ha evidenziato con il ricorso alcun significativo elemento di
omessa valutazione, limitandosi a opporre generici riferimenti alla incorsa
violazione dei principi costituzionali in tema di individualizzazione del trattamento
sanzionatorio.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

3

non rispettato come riferito dal teste Calcagno, e si rileva che la sentenza

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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