Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17434 del 29/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17434 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: MENICHETTI CARLA

sul ricorso proposto da:
FREDA PASQUALE nato il 30/04/1972 a PRATOLA SERRA

avverso la sentenza del 18/11/2016 del TRIBUNALE di AVELLINO
sentita la relazione svolta dal Consigliere CARLA MENICHETTI
lette/se4k.ite le conclusioni del PG

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Data Udienza: 29/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Freda Pasquale, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione avverso la sentenza con cui il Tribunale di Avellino, definendo .ex art.444
c.p.p. il procedimento a suo carico per il reato di cui all’art.186, commi 2, 2 sexies e 2
septies CdS, applicava la pena concordata tra le parti e disponeva la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno.
A motivo dell’impugnazione lamenta il mancato proscioglimento ex art.129 c.p.p.,

facoltà di farsi assistere da un difensore durante il prelievo ematico, e l’erronea
applicazione della legge penale, limitatamente alla sanzione accessoria, stante il periodo
di sospensione di diciotto mesi presofferto su ordine del Prefetto di Avellino.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In ordine al primo motivo, giova richiamare la consolidata giurisprudenza di
questa Corte di legittimità, in base alla quale, l’applicazione concordata della pena
postula la rinunzia dell’imputato a far valere eventuali nullità, diverse da quelle relative
alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato, e ciò perché dette
nullità, se verificatesi, debbono ritenersi superate dall’accordo intervenuto tra le parti. Il
giudizio di applicazione della pena deve infatti ritenersi svincolato dalla specificità delle
forme processuali nel corso delle quali esso si è innestato (Sez.2, n.6575 del 2/2/2016,
Rv.266198).
Nel caso di specie dunque la eventuale nullità, che in ogni caso doveva essere fatta
valere entro la pronuncia della sentenza di primo grado, non può formare motivo di
ricorso (S.U., n.5396 del 29/1/2015, Rv.263023-24-25).

3. Quanto al periodo di sospensione della patente di guida, che si assume già
“presofferto” per diciotto mesi su ordine del Prefetto, giova anche sotto questo profilo
fare richiamo al principio, più volte ribadito da questa Suprema Corte, secondo il quale
“la differenza di finalità e presupposti tra il provvedimento prefettizio di sospensione
provvisoria della patente di guida e la sanzione accessoria della sospensione della
patente applicata dal giudice penale, all’esito dell’accertamento di violazione del codice
stradale, rende impossibile computare il periodo di sospensione provvisoria nella
determinazione della durata della sanzione amministrativa definitivamente applicabile dal
giudice. Tuttavia, ciò non comporta che i due periodi di sospensione siano cumulabili,
giacché essi sono, invece, complementari. Ed invero, la sospensione provvisoria disposta

conseguente alla violazione della norma di cui all’art.356 c.p.p. per omesso avviso della

dal prefetto e quella definitiva disposta dal giudice incidono sull’autore della violazione
per il medesimo fatto, per il quale il codice della strada prevede, come sanzione
amministrativa accessoria, una sola sospensione della patente di guida per un periodo
che va da un minimo a un massimo, anche se l’applicazione, prima di essere definitiva,
può essere provvisoria e anche se all’applicazione provvisoria e a quella definitiva
procedono distinte autorità. Ne consegue che è il prefetto, organo di esecuzione della
sanzione amministrativa accessoria, a dover provvedere alla detrazione, obbligatoria, del
pendo di sospensione eventualmente presofferto, e senza che vi sia bisogno di esplicita

21/6/2000, Rv.217020), né vi sono ragioni che impediscano al giudice di commisurare la
sanzione in termini maggiori rispetto a quelli determinati dal prefetto (Sez.1, n.18920 del
26/2/2013, Rv.256005).

4. Per tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile ed il . ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore
della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost.,
sent.n.18672000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29 marzo 2018

dichiarazione al riguardo da parte dell’autorità giudiziaria procedente” (S.U., n.20 del

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