Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17429 del 06/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17429 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CORNACCHIA ERNESTO N. IL 14/05/1969
avverso l’ordinanza n. 874/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
ANCONA, del 17/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17 novembre 2011, il Tribunale di Sorveglianza di
Ancona, individuato da questa Corte con sentenza del 15 luglio 2011 in sede di
conflitto di competenza, ha respinto il reclamo proposto da Cornacchia Ernesto
avverso il provvedimento del Ministro della Giustizia del 17 maggio 2009, che

Pen., nei confronti del medesimo, detenuto presso la casa circondariale di Ascoli
Piceno in esecuzione della pena di anni trenta di reclusione per varie condanne
ricomprese nel provvedimento di cumulo del 29 ottobre 2010 della Procura
Generale di Napoli.
Tale proroga era giustificata, ad avviso del Tribunale, da plurimi elementi,
emergenti dalle informative fornite dagli organi investigativi e giudiziari,
competenti in materia di criminalità organizzata, e dagli esiti di numerosi
processi, e in particolare:
a) l’inserimento del condannato ai più alti livelli nel gruppo camorristico “La
Torre” e per lungo tempo braccio destro del capo clan, La Torre Augusto;
b)

la perdurante operatività del gruppo criminale di appartenenza sul

territorio e il perdurante ruolo attivo svolto al suo interno dal predetto;
c) i risultati della osservazione penitenziaria, non essendo emersi segnali di
distacco del medesimo o suoi atteggiamenti critici verso il passato.
In base a tali elementi il Tribunale argomentava che era da ritenere concreto
il legame attuale del Cornacchia con i coaffiliati e fondato il pericolo della
indebita comunicazione da parte dello stesso, se detenuto in regime ordinario,
con l’esterno.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto dichiarazione d’impugnazione, per
mezzo dei suoi difensori, il condannato detenuto che ne ha chiesto
l’annullamento deducendo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod,.
proc. pen., inosservanza o erronea applicazione delle norme giuridiche,
manifesta illogicità della motivazione e disparità del trattamento con riguardo
alla intervenuta revoca del regime differenziato nei confronti di Gagliardi Angelo
reggente del gruppo malavitoso, del quale esso ricorrente era “pseudo indicato
affiliato”.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

2

aveva prorogato il regime detentivo differenziato, ai sensi dell’art. 41-bis Ord.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen., sostituito dall’art. 2, legge 23
dicembre 2002, n. 279, e da ultimo dall’art. 2, comma 25, lett. d), legge 15
luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di
detenzione differenziato sono prorogabili nelle stesse forme per successivi
periodi, ciascuno pari a due anni, quando “risulta che la capacità di mantenere

meno”.
2.1. L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte è segnato dal comma 2sexies del novellato art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore Generale presso

la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni
della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale
per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice
di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, dep. 10/06/2003,
Pellegrino S., Rv. 224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008,
Ivanov, Rv. 239692).
2.2. Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Ancona ha proceduto, con
corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia,
alla verifica della permanenza dei dati indicativi della capacità di collegamento
del ricorrente con la criminalità organizzata, evidenziando gli elementi sui quali
ha fondato la valutazione della pericolosità del medesimo e della legittimità e
fondatezza dell’applicazione, in proroga, della misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato – con richiamo alle più
recenti informative degli organi preposti e con riferimento ai dati processuali sia con riferimento alla posizione rivestita dal ricorrente nel sodalizio di
appartenenza e alla sua biografia penale, sia in relazione all’attualità del pericolo,
risultando lo stesso concretamente in grado – nonostante il regime più severo in
atto – di mantenere contatti con la consorteria mafiosa di appartenenza, sia in
3

collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta

ordine al diverso comportamento tenuto dal medesimo in sede processuale e nel
corso della espiazione della pena rispetto a quello tenuto da Gagliardi Angelo,
ampiamente descritto, in ogni caso con lo stesso non paragonabile per la
necessaria autonoma valutazione della posizione di ciascuno, anche se
appartenente alla medesima associazione criminale.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, condotta nel rispetto dei
principi di legge, come interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di
legittimità di questa Corte, nonché in conformità a logica argomentativa coerente

ricorrente, solo formalmente anche sulla base di assunte violazioni di legge, ma
sostanzialmente su profili di merito e fattuali non proponibili in questa sede.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

e lineare, si sottrae alle non fondate quanto generiche censure proposte dal

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