Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17412 del 17/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17412 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OLIVA MASSIMO nato il 16/01/1960 a CIVITAVECCHIA

avverso la sentenza del 09/02/2017 del TRIBUNALE di PESCARA
sentita la r azione svolta dal Consigliere 5IZNUELE
lette/se ite le conclusioni del PG

SALVO;

h

-2

Data Udienza: 17/01/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.0liva Massimo ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
indicata, con la quale è stata applicata al ricorrente, ex art. 444 cod. proc.
pen., la pena da lui richiesta, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624 bis,
625 cod. pen.
2. Il ricorrente deduce erroneità della qualificazione giuridica, trattandosi di
reato tentato e non consumato, come emerge dalla segnalazione di reato e
da quanto riferito dagli operanti in sede di udienza di convalida, ragion per

3.Con requisitoria scritta, depositata il 19 dicembre 2017, il Procuratore
generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

4. La doglianza formulata non può essere accolta. L’art. 581, lett. c), cod.
proc. pen richiede infatti l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che sorreggono il petitum. Il requisito della specificità dei
motivi implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre le
censure che intende muovere a uno o più punti determinati della decisione
ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono
alla base delle censure stesse, al fine di consentire al giudice
dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio
sindacato (Cass.,18-10-1995, Arra, Rv. 203513), controllando la correttezza
dell’apparato giustificativo che sorregge la decisione impugnata (Cass. 9-51990, Rizzi; Cass., 14-5-1992,Genovese; Cass. 17-11-1993, Settecase, Rv.
196795).E,in quest’ottica, Sez. U., 27-10-2016, Galtelli, ha condivisibilrnente
stabilito che l’appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per
difetto di specificità dei motivi allorchè non risultino esplicitamente enunciati
e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a
fondamento della sentenza impugnata.
4.1. Nel caso in esame, il ricorrente si è limitato ad affermare, in modo
apodittico, che la qualificazione giuridica è erronea, poiché ci si trova di
fronte a un tentativo di furto, in considerazione delle modalità di esecuzione
del reato e della rappresentazione dei fatti fornita dagli operanti in sede di
udienza di convalida, senza in alcun modo esplicitare gli elementi su cui si
basa tale asserto né chiarire sotto quale profilo le modalità di esecuzione del
delitto e la rappresentazione dei fatti fornita dalla polizia giudiziaria
autorizzino ad affermare che il reato non si è consumato. D’altronde, non
1

cui il giudice non avrebbe dovuto accogliere la richiesta delle parti.

può certo valere a rendere più specifica la formulazione della doglianza il
generico richiamo all’annotazione di reato redatta dagli operanti, non
chiarendo il ricorrente quali elementi a sostegno della propria tesi siano
enucleabili da tale atto. Ancor meno può annettersi rilievo, in quest’ottica, al
richiamo, da parte del ricorrente, al nomen iuris enunciato nel verbale di
elezione di domicilio e nomina del difensore, che non è certo un atto
connotato da una funzione probatoria.

5. Sotto altro profilo, occorre osservare come, con il ricorso per cassazione

denunciata l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata
nell’accordo delle parti e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione
giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore su di essa
costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen. (Sez. U., n. 5 del 19-1-2000, Rv. 215825). Tuttavia le parti che sono
pervenute all’applicazione della pena su richiesta non possono proporre in
sede di legittimità questioni incompatibili con la richiesta di patteggiannento
formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante
dall’imputazione. L’accusa, così come giuridicamente qualificata, non può
infatti essere più messa in discussione, fuori dai casi di palese incongruenza
(Cass., Sez. 6, n. 18385 del 19-2-2004, Rv. 228047; Cass., Sez. 6, n. 2815
del 2-3-1999, Rv. 213471; Cass., Sez. 2, n. 6383 del 29-1-2008, Rv.
239449). Al riguardo, il giudice a quo ha chiarito che la polizia giudiziaria
intervenuta aveva avuto modo di verificare che era stato praticato, nella
parete di una gioielleria, un foro che aveva permesso agli autori del reato,
presenti ed immediatamente arrestati, di apprendere preziosi, per un valore
di circa 30.000 euro. A fronte di questa prospettazione, il ricorrente, come
poc’anzi rilevato, non ha dedotto alcun elemento atto a suffragare l’asserto
relativo alla palese incongruenza del nonnen iuris attribuito al fatto
nell’imputazione e nella sentenza e sulla base del quale le parti erano
addivenute al patto.

6. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

2

avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen., possa essere

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17-1-2018.

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