Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17402 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17402 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BORGNINO SISTO nato il 14/01/1937 a BALDICHIERI D’ASTI

avverso la sentenza del 02/11/2016 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore
Per Borgnino e’ presente l’avv. Di Renzo Andrea che sostituisce con delega orale
l’avv. Vanni Luigi chiede l’accoglimento del ricorso anche ai sensi delle SSUU
18620/17

Data Udienza: 20/03/2018

l•
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Torino, in data 2 novembre 2016, ha riformato la
sentenza con la quale il Tribunale di Asti, in data 1 aprile 2015, aveva assolto
all’esito di giudizio abbreviato Sisto Borgnino dal reato di omicidio colposo con
violazione di norme sulla circolazione stradale, contestato come commesso il 26
aprile 2014 in danno di Clemente Puppo. La Corte di merito ha condannato il
Borgnino alla pena di giustizia, riconoscendo la prevalenza delle attenuanti

Il sinistro si verificava alle ore 17 di una giornata di sole, mentre il Puppo
stava attraversando Corso Venezia; il Borgnino sopraggiungeva con la sua
autovettura a una velocità stimata in 48-50 kmh mentre il Puppo stava
attraversando la strada da destra a sinistra rispetto al senso di marcia
dell’autovettura, circa dieci metri dopo le strisce pedonali, e proveniva da uno
spiazzo sterrato, attraversando un filare di alberi con cespugli alla base, posti su
un marciapiede sterrato e delimitati da un cordolo in cemento.
1.1. Al Borgnino é in estrema sintesi contestato di non avere tenuto una
velocità adeguata allo stato dei luoghi, in relazione alle particolari condizioni di
visibilità e di illuminazione solare ed al fatto che, per la presenza di alberi e
cespugli e di un marciapiede nascosto dalla vegetazione e non ben visibile, era
possibile non avere chiara percezione di eventuali attraversamenti pedonali in
quel tratto di strada. Nondimeno, in primo grado era stata ritenuta non
raggiunta la prova che il Borgnino dovesse tenere una velocità ancor più bassa in
rapporto agli anzidetti fattori, e ciò a fronte del fatto che la condotta del Puppo,
che aveva attraversato la strada dieci metri dopo le strisce pedonali, era stata
imprudente e poteva avere costituito una sorpresa per il Borgnino.
1.2. A seguito di appello interposto dal Pubblico ministero, la Corte di merito
ha ribaltato il giudizio di prime cure. Secondo i giudici d’appello, era in primo
luogo pacifico che le condizioni meteorologiche consentissero una buona visuale,
che la presenza degli alberi e dei cespugli ostacolasse la vista della zona sterrata
da cui proveniva la vittima, e che, ove il Borgnino avesse tenuto una velocità di
circa 40 kmh, ciò sarebbe verosimilmente bastato a evitare il sinistro mortale. In
particolare, secondo la Corte territoriale, il fatto che il Borgnino al momento
dell’impatto procedesse in prossimità della linea di mezzeria e ad oltre tre metri
dal ciglio destro della strada significa che il Puppo, persona molto anziana (87
anni) e che verosimilmente procedeva a passo lento, doveva avere iniziato la
manovra di attraversamento da un certo lasso di tempo; nonostante ciò il
Borgnino si avvide di lui solo a due metri di distanza e, pur tentando di frenare,
non riuscì a evitare l’impatto. Non poteva insomma affermarsi che

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generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod.pen..

l’attraversamento del Puppo fosse improvviso e imprevedibile, come
verosimilmente sarebbe stato se l’impatto si fosse verificato in prossimità del
ciglio della strada. Di tali specifici e dirimenti rilievi, osserva la Corte distrettuale,
il primo giudice non ha tenuto conto, trascurando così la sussistenza di profili di
colpa nella condotta alla guida dell’imputato.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il Borgnino, con atto personalmente
sottoscritto. Il ricorso consta di tre motivi.

e, in specie, difetto di correlazione tra accusa e sentenza. Il riferimento é al fatto
che la penale responsabilità dell’imputato é stata riconosciuta dalla Corte
territoriale in relazione alla traiettoria dell’auto, in ordine alla quale l’imputato
non si é potuto difendere, e non al fatto che la velocità fosse inadatta allo stato
dei luoghi.
2.2. Con il secondo motivo l’esponente denuncia violazione di legge e vizio
di motivazione in riferimento al fatto che la Corte di merito non ha fornito
adeguata motivazione in ordine alle condizioni di visibilità, nonché alle spontanee
dichiarazioni rese dall’imputato subito dopo i fatti, che secondo l’esponente sono
inutilizzabili ex art. 62 cod.proc.pen. e che sono per di più smentite dalle
evidenze in atti, atteso che, sebbene l’imputato avesse dichiarato di essersi
accorto del pedone a due metri di distanza, in realtà in base alla consulenza del
P.M. risulta che egli percepì il pericolo a una distanza di 24,6 metri e iniziò la
frenata a una distanza di 12,8 metri. Ciò significa che, quando il Borgnino vide il
pedone, il Puppo era a una distanza di 2,48 metri dal punto d’impatto, avvenuto
a circa 4 metri dal cordolo in cemento; i tempi di reazione dell’automobilista si
risolvono in poco più di un secondo, e ciò in una zona in cui la visuale non era
libera, ma era coperta da alberi e arbusti che limitavano la possibilità di vedere
un pedone che sopraggiungeva dal lato destro. Ed ancora, il fatto che il Borgnino
percepì la presenza del Puppo a circa 20 metri di distanza (ossia,
approssimativamente, alla stessa distanza dalle strisce pedonali in cui si trovava
il pedone) induce a ritenere che l’imputato, in quello stesso momento, avesse
ripreso la propria velocità di marcia dopo avere rallentato per la presenza delle
strisce pedonali. Viene poi posta in risalto la condotta della persona offesa, con
grave deficit visivo, che eseguì una manovra d’attraversamento particolarmente
pericolosa assieme al suo cane (anch’esso investito).
2.3. Con il terzo motivo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: lamenta in particolare il
ricorrente che la pena sia stata inflitta in misura eccedente rispetto al minimo
edittale pur a fronte del concorso di colpa della persona offesa.

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2.1. Con il primo motivo l’esponente lamenta violazione di legge processuale

3. Con memoria depositata in Cancelleria il 6 marzo 2018, il difensore del
ricorrente ha ulteriormente argomentato i propri motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso é manifestamente infondato.
E’ opportuno premettere che, in tema di correlazione tra imputazione

trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta
nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si
configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale
pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare
la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero
confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in
materia di garanzie e di difesa, la violazione é del tutto insussistente quando
l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione
concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, Sentenza n.
36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
All’evidenza pertanto non può configurarsi una violazione del principio di cui
all’art. 521 cod.proc.pen. quando, come nella specie, gli elementi posti a base
della decisione impugnata fossero già presenti in atti e conosciuti alla parte, che
si é quindi trovata nelle condizioni di difendersi anche con riferimento a tali
elementi. Si soggiunge peraltro che il dato fattuale costituito dal punto d’urto fra
l’auto dell’imputato e il pedone, lungi dal costituire un elemento di novità rispetto
al tema di prova, é stato in realtà valutato dalla Corte di merito per ricavarne il
convincimento della fondatezza dell’addebito mosso al Borgnino (correlato alla
velocità inadeguata da lui tenuta, in rapporto allo stato dei luoghi) e, in specie,
del tempo di reazione che costui ebbe dal momento in cui il Puppo iniziò la
manovra di attraversamento, e nonostante il quale l’imputato non riuscì a evitare
l’impatto con il pedone.

2. E’ infondato il secondo motivo di ricorso, nei termini e per le ragioni di cui
appresso.
Conviene premettere che, sebbene la pronunzia impugnata abbia ribaltato
l’esito del giudizio di primo grado, non si versa nella specie in un’ipotesi di
necessaria (e peraltro nella specie non richiesta) rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale (vds., per il giudizio abbreviato, la recente Sez. U, Sentenza n.
18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269786), atteso che ad essere

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contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una

diversamente valutata rispetto al giudizio di primo grado non é una prova orale
decisiva, ma sono una serie di circostanze oggettive, di carattere fattuale,
entrate a far parte del patrimonio conoscitivo dei giudici di merito.

2 Ci si può chiedere, peraltro, se fosse nella specie necessario che la Corte
di merito pervenisse alla decisione di condanna, sovvertendo la pronunzia
assolutoria del Tribunale di Asti, sulla scorta di una motivazione “rafforzata”; e
se, in tal caso, possa nella specie parlarsi, appunto, di motivazione “rafforzata”.

orientamento consolidato e qui condiviso, la sentenza di appello di riforma totale
del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente, pena
altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno
della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano
logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado,
anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio
di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi
pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e
della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o
diversamente valutati (Sez. 6, Sentenza n. 6221 del 20/04/2005, dep. 2006,
Aglieri e altri, Rv. 233083; in senso conforme ex multis yds. Sez. 6, Sentenza n.
10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907).
2.2. Resta da vedere se, alla luce delle valutazioni espresse dalla Corte
distrettuale sulle circostanze fattuali e sugli elementi di prova oggetto di
lagnanza nel motivo in esame, la sentenza impugnata offra un percorso
argomentativo caratterizzato da siffatta portata dimostrativa e da univoca
preferibilità logica degli elementi posti a base della sentenza di condanna rispetto
a quelli su cui si fondava la pronunzia assolutoria di primo grado.
2.3. Ad avviso del Collegio, la risposta é anche in questo caso affermativa,
atteso che la Corte di merito ha valorizzato adeguatamente alcuni aspetti,
trascurati dal giudice di primo grado, che hanno caratterizzato il fatto in termini
affatto diversi da quelli ritenuti dal Tribunale di Asti e che provano la
rimproverabilità della condotta alla guida del Borgnino.
E’, in primo luogo, corretto e non sindacabile in questa sede il percors
argomentativo in base al quale la Corte distrettuale ha ritenuto di aderire alla
tesi del consulente tecnico della difesa, secondo il quale la visibilità, al momento
dell’incidente, era buona e tale da non rendere necessaria una prudenziale
riduzione della velocità; riduzione che invece sarebbe stata sicuramente
necessaria nel caso di un’angolatura abbagliante del sole rispetto alla visuale del
Borgnino (fu lui stesso a dichiarare di essere stato abbagliato dal sole
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2.1. La risposta al primo dei due quesiti é senz’altro affermativa: secondo un

nell’immediatezza, e in tal senso si era espresso lo stesso consulente tecnico del
P.M.).
Ma, anche se la visibilità non era tale da imporre una riduzione della
velocità, nondimeno ciò sarebbe stato quanto mai opportuno, anche in
considerazione della presenza di alberi e arbusti che ostacolavano la visibilità sul
lato destro (da dove proveniva il Puppo).
2.4. A parte ciò, va detto, in primo luogo, che le dichiarazioni spontanee
rese dall’imputato nell’immediatezza dei fatti (allorquando il Borgnino dichiarò di

da quanto accertato dal consulente del P.M. circa il momento in cui il Borgnino
percepì la presenza del pedone (temporalmente collocato quando il Puppo si
trovava a oltre 20 metri di distanza) e iniziò la manovra di frenata (a oltre 12
metri di distanza dal pedone); in secondo luogo, e soprattutto, che l’urto fra
l’auto dell’imputato e il Puppo avvenne a distanza di oltre tre metri dal ciglio
destro della strada.
2.5. Quanto precede dimostra che il Borgnino ebbe il tempo e lo spazio per
poter evitare l’impatto con il pedone, che (a passo presumibilmente lento, data
l’età) aveva già attraversato buona parte della carreggiata; pertanto l’odierno
imputato era sicuramente nelle condizioni di vedere con sufficiente anticipo il
Puppo, e, quindi, di schivarlo. Il fatto che non vi sia riuscito, pur a fronte di
tempi di reazione che glielo avrebbero consentito, dimostra che la sua condotta
alla guida fu improntata a colpa, e che ciò causò l’investimento e quindi la morte
del pedone.
La ricostruzione dei fatti così operata nella sentenza imp. ugnata assume
dunque un significato dirimente ed univoco, nel senso illustrato dalla Corte
torinese.

3. E’, infine, manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso.
Può ribadirsi qui il principio in base al quale la graduazione della pena, anche
in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti
ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per
assolvere al relativo obbligo di motivazione, é sufficiente che dia conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla
gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria u
specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando
pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (così,
recentemente, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 271243).

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avere visto il pedone quando era a due metri di distanza) risultano contraddette

Nella specie, la pena finale si colloca ampiamente al disotto dei valori medi
edittali, ed é anzi prossima al minimo; ed inoltre la Corte di merito ha
adeguatamente valorizzato e illustrato gli elementi caratterizzanti il fatto storico,
sì da giustificare appieno il trattamento sanzionatorio applicato all’imputato.

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2018.

P.Q.M.

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