Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17393 del 09/05/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17393 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

Data Udienza: 09/05/2012

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) TORRISI ALFREDO N. IL 12/09/1988
avverso la sentenza n. 77/2011 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE ph,.,k
di CATANIA, del 13/05/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
lette le richieste del PG D71. che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

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n.145 Ricorrente TORRISI Alfredo

Motivi delle decisione
L’imputato ricorre personalmente per cessazione avverso la sentenza di
pen. sul presupposto della riconosciuta responsabilità dello stesso in ordine ai
reati di cui agli artt.:
A.

73 commi 1 ed 1-bis d.P.R. n. 309/1990;

B. 23 comma 3 0 legge n. 110 del 1975.;
C. 648 cod. pen.;
D. 337 cod. pen.;
fatti commessi in Belpasso il 7 gennaio 2011.
Il gravame è manifestamente Infondato lamentando unicamente il ricorrente il
vizio di violazione di legge e quello di difetto di motivazione quanto alla mancata
applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’obbligo
della motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 codice di rito deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in

cui in epigrafe, recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc.

caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione , anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. un 27 marzo
1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27 dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è
stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva di questa Corte
che, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la
motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti
che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere
interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e
sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice
coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.

1

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Nel caso di specie il giudice dà conto della insussistenza, ex art. 129 cod. proc.
pen. delle condizioni per far luogo al proscioglimento dell’imputato dai reati
ascrittigli.
Il ricorso è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.500,00 a
titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile
alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa
delle ammende
Così deciso in Roma,lì 9 maggio 2012.

sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000).

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