Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17391 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17391 Anno 2018
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GUALDI GIANCARLO nato il 11/02/1962 a CARPI

avverso la sentenza del 26/04/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIAROSARIA BRUNO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CIRO
ANGELILLIS
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.
Udito il difensore Ahick o Z etyenri,90

Data Udienza: 21/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 26/4/2017, la Corte d’appello di Bologna>
confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Modena a carico di Gualdi
Giancarlo, con cui il predetto era ritenuto responsabile del reato di furto
aggravato dalla esposizione alla pubblica fede, condannandolo alla pena di mesi
sei di reclusione ed euro 300,00 di multa, previa concessione delle circostanze
attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con la contestata aggravante e la

Al ricorrente era contestato di essersi impossessato di una borsa da donna
che la persona offesa aveva lasciato all’interno del passeggino del figlio, nel
corridoio di un reparto ospedaliero, mentre effettuava degli esami medici.
2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il Gualdi, a
mezzo del difensore, il quale deduceva i seguenti motivi di ricorso.
I motivo: inosservanza ed erronea applicazione delle norme di cui agli artt.
69, 99 e 133 cod. pen.
La difesa lamentava che la Corte territoriale non aveva offerto adeguata
motivazione in ordine al diniego della chiesta prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche rispetto all’aggravante della esposizione alla pubblica fede
ed alla contestata recidiva. All’uopo, la difesa rappresentava di avere depositato
ampia documentazione riguardante le precarie condizioni di salute del ricorrente
e la situazione socio ambientale in cui viveva.

H motivo: inosservanza ed erronea applicazione della norma di cui all’art.
625, comma 7, cod. pen.
La difesa lamentava che la Corte territoriale, diversamente da quanto
ritenuto dal giudice di primo grado, che sul punto non si era espresso, aveva
affermato la ricorrenza dell’aggravante perché il furto si era consumato
all’interno di uno stabilimento pubblico. A tal proposito indicava a sostegno
alcune massime della Cassazione che hanno stabilito la natura pubblica dei locali
ospedalieri. Tali riferimenti sarebbero, secondo il difensore, inconferenti.
Il legislatore prevede l’aggravante ove la sottrazione avvenga su

cose

esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede. Il caso esaminato aveva
riguardato il furto di una borsa lasciata incustodita nel corridoio di un reparto
ospedaliero, in cui la persona offesa si era recata per sottoporsi ad esame
radiologico. Non corrisponderebbe ad alcuna pratica consuetudinaria il fatto di
lasciare i propri effetti personali in tal modo.
III motivo: vizio di motivazione sotto il profilo della contraddittorietà della
argomentazioni in essa contenuta. Il giudice di primo grado aveva ritenuto la

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recidiva.

sussistenza dell’aggravante in quanto il fatto era stato commesso su cose
esposte per necessità alla pubblica fede. La Corte d’appello, ha ritenuto che
l’aggravante fosse sussistente perché realizzata su cose esposte in uno
stabilimento pubblico. Ciò, oltre ad introdurre un elemento di contraddizione tra
le due sentenzi che, in caso di doppia conforme/ formano un unico corpo
motivazionale, avrebbe privato il ricorrente delle necessarie garanzie difensive.
Nell’atto di appello la difesa non aveva affrontato il profilo della natura pubblica
del nosocomio, non avendo, il giudice di primo grado t fatto alcun cenno a tale

CONSIDERATO IN DIRITTI)

1. I motivi di ricorso sono tutti infondati e, pertanto, il ricorso deve essere
rigettato.
2. Le argomentazioni contenute in sentenza in ordine alle ragioni del diniego
della concessione delle attenuanti generiche nella forma più estesa della
prevalenza, rispetto alle contestate aggravanti, risultano immuni da censure. Il
giudice di primo grado, alla cui motivazione sul punto rinvia la Corte d’appello di
Bologna, ha ritenuto di non potere concedere le circostanze attenuanti generiche
in rapporto di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti, a causa dei
numerosissimi precedenti penali annoverati dal ricorrente. Ha tuttavia tenuto
conto delle particolari condizioni di vita del Gualdi e della modesta entità del
danno cagionato alla vittima del reato, concedendo le attenuanti generiche e
l’attenuante del danno di lieve entità in rapporto di equivalenza rispetto alle
contestate aggravanti. Con ciò, i giudici di merito, hanno espresso adeguata
motivazione ai fini della dimostrazione del corretto uso del potere discrezionale
che gli compete in materia, attraverso il sufficiente richiamo ai plurimi precedenti
penali esistenti a carico del ricorrente.
In proposito occorre rilevare come tale motivazione sia del tutto rispettosa
dei criteri determinati in materia dalla Corte di legittimità che, in numerose
pronunce, ha stabilito il principio per cui, in tema dì concorso di circostanze, il
giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato quando il giudice,
nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. peri. / scelga la
soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendo
che tale soluzione sia quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena
irrogata in concreto (così Sez. 2, Sentenza n. 31531 del 16/05/2017, Rv.
270481; Sez. 1, n. 758 del 28/10/1993 – dep. 26/01/1994, Braccio, Rv.
19622401).

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argomento.

Il giudizio di comparazione è invero un giudizio che rientra nella
discrezionalità del giudice e, in quanto tale, non postula un’analitica esposizione

dei criteri di valutazione. (Sez. 2, Sentenza n. 36265 del 08/07/2010, Rv.
248535).
3. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso. La norma prevede la
sussistenza dell’aggravante sia nel caso in cui la cosa sottratta sia stata esposta
alla pubblica fede (per necessità o consuetudine) sia nel caso in cui la
sottrazione avvenga in uno stabilimento pubblico. Tale deve essere considerato,

plurime sentenze di legittimità hanno affermato che «sussiste la circostanza
aggravante del fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici,
nel caso in cui il furto sia commesso in un ospedale, inserito nel servizio
nazionale e, pertanto, stabilimento pubblico» (così Sez. 5, n. 29023 del
20/04/2012, Rv. 253323).
Poiché nel caso in esame la sottrazione è avvenuta nel reparto di un
ospedale pubblico, deve ritenersi correttamente configurata la sussistenza della
suddetta aggravante sotto il profilo esaminato.
4.

Nessun rilievo può attribuirsi alla doglianza difensiva riguardante la

mancata conformità tra la sentenza di primo grado e quella di secondo gradoecon riferimento all’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto la suddetta aggravante sotto il
profilo della esposizione alla pubblica fede. Il giudice d’appello aveva invece
ritenuto che essa dovesse configurarsi sotto il profilo dell’avvenuta sottrazione
della cosa in uno stabilimento pubblico. Ebbene, in tale caso non può ritenersi
realizzata alcuna violazione del diritto di difesa in quanto il giudice d’appello non
ha diversamente circostanziato il fatto, ma ha operato una reinterpretazione
della circostanza aggravante contestata, maggiormente aderente al fatto e
conforme ai principi di diritto.
Occorre rilevare che la imputazione elevata a carico dell’imputato non
faceva alcun riferimento al profilo dell’aggravante, avendo l’Accusa contestato al
Gualdi di “essersi impossessato, al fine di trarne profitto, della borsetta
contenente effetti personali e € 90,00 che sottraeva a Vignoli Eisa che l’aveva
lasciata all’interno dei passeggino del figlio nel corridoio del reparto radiologia
dell’ospedale di Carpi”.
Rispetto alla imputazione ove non era precisato uno specifico profilo
dell’aggravante, la Corte territoriale ha solo provveduto alla sua corretta
qualificazione in iure, rispetto alla quale l’imputato ha pienamente esercitato il
diritto di difesa, avendo avuto completa conoscenza della contestazione.
Pertanto anche questo motivo di doglianza deve ritenersi infondato.

4

per consolidata giurisprudenza di legittimità, l’ospedale pubblico. In proposito,

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente

al pagamento delle spese

processuali.

In Roma, così deciso il 21 febbraio 2018

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