Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17390 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17390 Anno 2018
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile CENTAMORE CARMELO nato il 01/06/1972 a ADRANO
nel procedimento a carico di:
COMPAGNONE GAETANO nato il 05/04/1962 a TROINA

avverso la sentenza del 23/06/2016 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CARLA MENICHETTI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CIRO
ANGELILLIS
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore
L’avvocato LANIA ROSSANA del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato LO
FURNO FELICE del foro di ENNA, come da delega a sostituto processuale che
deposita, in difesa della PARTE CIVILE CENTAMORE CARMELO chiede
l’accoglimento del ricorso cui si riporta, deposita memoria conclusionale e nota
spese.
L’avvocato ALONZI FABIO del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato LICATA

Data Udienza: 21/02/2018

MARIA DONATA del foro di CATANIA, come da nomina a sostituto processuale
che deposita, in difesa di COMPAGNONE GAETANO, chiede dirchiararsi

l’inammissibilità del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di Appello di Caltanissetta, su impugnazione della parte civile,

confermava l’assoluzione pronunciata dal G.I.P. del Tribunale di Enna nei confronti di
Compagnone Gaetano, il relazione al reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione
delle norme in materia di circolazione stradale.

2. Secondo la ricostruzione in fatto operata dai giudici di merito – sulla scorta degli

pomeriggio del 24.7.2011 percorreva la strada statale 575, in una zona di campagna del
l
territorio comunale di Troina, ed accecato dal sole calante riduceva la velocità portandola
a circa 20 km/h. In quel frangente l’auto veniva urtata nella parte posteriore dalla moto
di Centamore Carmelo, che di fronte all’ostacolo perdeva il controllo del mezzo,
proiettando sulla sede stradale la moglie Consoli Rosetta, che viaggiava con lui quale
trasportata, e ciò anche in ragione dell’impatto con la moto del fratello Centamore
Giuseppe, che del pari non riusciva ad evitare l’ostacolo e ad effettuare una manovra di
frenata in sicurezza. La Consoli riportava a seguito della caduta gravissime lesioni e
decedeva poco dopo per arresto cardio-circolatorio.
Rilevava la Corte di Caltanissetta che l’assunto dell’appellante, secondo il quale il
Compagnone si sarebbe spostato con il proprio veicolo verso il centro della strada,
rendendo inevitabile la collisione da parte dei due motociclisti, non aveva trovato
conferma nella compiuta istruttoria: il consulente tecnico del P.M., esaminato anche in
sede di appello, aveva infatti chiarito che non era stato possibile stabilire la velocità di
marcia del Compagnone prima che questi rallentasse, né l’esatta posizione della sua auto
e delle due moto in stato di quiete dopo l’impatto, e neppure se a seguito dell’urto l’auto
dell’imputato avesse percorso alcuni metri, e ciò anche perché i Carabinieri intervenuti
sul posto non avevano scattato fotografie. L’unica certezza era che la visibilità, all’ora in
cui si era verificato l’incidente ed in quel tratto di strada, era compromessa dal riverbero
del sole calante e che l’imputato aveva per tale ragione rallentato fino alla velocità di
circa 20 km/h. Osservava il Collegio che tale condotta di guida non costituiva violazione
degli artt.140 e 141 CdS i poiché l’immediato arresto del mezzo, indicato dall’appellante
come unica modalità prudenziale, avrebbe potuto in concreto creare una situazione ancor
più pericolosa, in una strada così trafficata, con veicoli che seguivano a distanza
ravvicinata l’auto del Compagnone, tenuto pure conto che, come emerso dalle foto in
atti, il tratto interessato dal sinistro non aveva corsie di emergenza che consentissero di
uscire da quella di marcia, ed anzi presentava alti cespugli che impedivano
all’automobilista persino di accostare a destra. Affermava ancora la Corte di merito che
neppure era stato possibile stabilire con certezza la traiettoria delle due moto e dunque
verificare se l’auto del Compagnone, qualora ferma sul margine destro della carreggiata,
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elementi probatori emersi all’esito delle indagini preliminari – il Compagnone, nel tardo

avrebbe evitato di essere impattata dai veicoli che la seguivano: sicuramente anche i
fratelli Centamore erano rimasti abbagliati dal sole e non risultava né che avessero
frenato né che avessero posto in essere una qualche manovra di emergenza per evitare
la collisione. Dunque, non essendo nota né la traiettoria del Compagnone, né quella della
moto guidata dal Centamore Carmelo, né se questa avesse mantenuto la distanza di
sicurezza con il veicolo che la precedeva, non era possibile stabilire un rapporto di

3. Ha proposto ricorso la parte civile, a mezzo del difensore di fiducia e procuratore
speciale, per due distinti motivi.
3.1. Con il primo motivo ] lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli
artt.589, 40 e 41 c.p., nonché degli artt.140, 141, 143, 154 e 157 CdS. La Corte di
Appello aveva errato nell’escludere il nesso eziologico tra la condotta di guida del
Compagnone ed il decesso della Consoli: il decelerare eccessivo, fino a fermarsi con una
sterzata a ridosso della linea di mezzeria, aveva di fatto posto la vettura di traverso sulla
corsia di marcia, così da costituire un ostacolo imprevedibile ed insormontabile. Operando
un giudizio controfattuale, eliminando tale condotta negligente non si sarebbe verificato
l’impatto, mentre, per altro verso, anche un eventuale concorso di colpa dell’odierno
ricorrente per non aver tenuto la distanza di sicurezza, non avrebbe escluso il nesso di
causalità.
3.2. Con il secondo motiv o viene dedotto vizio della motivazione, per errata, omessa
/
valutazione delle prove assunte e per non avere la Corte territoriale fornito adeguata
risposta a specifici motivi di gravame. Il Collegio non aveva tenuto conto dei rilievi e delle
fotografie effettuate dai Carabinieri, dalle quali si evinceva che i veicoli, in posizione di
quiete, erano uno attaccato all’altro e che la vettura era posta di traverso rispetto alla
linea di mezzeria, e neppure delle dichiarazioni rese dal consulente del P.M., esaminato in
appello, il quale aveva affermato che la moto procedeva a velocità molto bassa e che
l’incidente non era avvenuto per il mancato rispetto della distanza di sicurezza, ma per il
repentino rallentamento e spostamento al centro del conducente dell’auto. Vi era stata
quindi una ricostruzione dei fatti non corrispondente agli elementi di prova a disposizione.
Evidente poi la violazione, da parte del Compagnone, delle norme in materia di
circolazione stradale, poiché la vettura aveva creato intralcio al normale flusso della
circolazione.

4.

Il Compagnone ha depositato memoria difensiva con la quale chiede la

declaratoria di l’inammissibilità del ricorso. Evidenzia che il procuratore speciale della
parte civile Avv. Lo Fumo, sottoscrittore del ricorso, è stato nominato senza previa
revoca del precedente difensore e procuratore speciale e dunque in violazione dell’art.100
c.p.p., con inefficacia della nomina medesima ex art.24 disp.att.c.p.p. Per il resto osserva

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causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento mortale.

che la parte civile propone una ricostruzione alternativa dei fatti, non ammissibile in sede
di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è ammissibile ma non è fondato.

infatti osservarsi che la parte civile ha nominato un difensore per la proposizione del
ricorso per cassazione e che solo in mancanza di una nomina specifica il difensore è
quello che ha assistito la parte nell’ultimo giudizio, purché iscritto nell’albo speciale di
questa Corte (art.613, comma 2, c.p.p.).
La giurisprudenza richiamata dall’imputato a sostegno della sua tesi non è
pertinente: la menzionata sentenza (Sez.4, n.4283 del 10/1/2013, Rv.254487), da cui
dovrebbe trarsi il principio della necessità della revoca della precedente nomina, attiene
ad una ipotesi del tutto diversa, e si riferisce ai motivi nuovi avanzati con memoria
difensiva dal secondo difensore di una parte civile, senza che fosse stato revocato il
precedente difensore e procuratore speciale che aveva presentato l’originario ricorso.

3. Tanto premesso e passando all’esame dei motivi di ricorso – che possono essere
analizzati congiuntamente, in quanto attengono tutti alla ricostruzione della dinamica del
fatto ed alla motivazione della pronuncia assolutoria – ritiene il Collegio che l’impugnata
sentenza non meriti censure.
I giudici di merito hanno evidenziato le lacune investigative dovute ai rilievi parziali
dei Carabinieri intervenuti sul luogo dell’incidente, i quali avevano comunque accertato
che l’auto condotta dall’imputato non aveva effettuato brusche frenate, né era stata
tamponata con energia dalla moto che la seguiva.
Ulteriore dato certo, riscontrato dal consulente nominato dal P.M., che in quel tratto
di strada, nella stagione e nell’orario in cui si era verificato il sinistro, la luminosità per
effetto del bagliore solare era accecante, circostanza che ha portato prima il Tribunale e
poi la Corte territoriale ad escludere la sussistenza dell’addebito di colpa mosso al
Compagnone: l’aver egli ridotto l’andatura di marcia fino ad una velocità non superiore ai
20 km/h, così da costituire intralcio alla circolazione stradale, in violazione dell’art.141,
comma 6, CdS, era infatti un comportamento adeguato alle circostanze di tempo e di
luogo. Invero – hanno argomentato ancora / in maniera corretta, i giudici di merito – il
richiamato precetto del codice della strada detta una regola di guida da rispettare in
condizioni di normalità e non anche quando la visibilità, per nebbia o per altri fattori
atmosferici, come il sole accecante, renda particolarmente difficoltosa la circolazione,

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2. Quanto alla eccezione prospettata dall’imputato nella memoria difensiva, deve

tanto che l’art.141, comma 3, impone al conducente di regolare la velocità in caso di
insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche od altre cause.
L’impugnata sentenza si è soffermata altresì nella ricerca di quale diversa condotta
avrebbe dovuto tenere l’imputato per essere esente da colpa, giungendo alla conclusione
che le caratteristiche del tratto di strada di campagna percorsa dai mezzi, con un limite di
50 km/h, segnalazione di pericolo di attraversamento di animali, varie curve ed
intersezioni, la mancanza di una banchina laterale su cui accostare, imponevano di

frenate, cioè proprio quella condotta di guida tenuta dal Compagnone.
Tale logica motivazione della pronuncia assolutoria fa del resto buon governo dei
principi affermati da questa Corte di legittimità, secondo i qual, in tema di circolazione
stradale, l’abbagliamento da raggi solari del conducente di un automezzo non integra un
caso fortuito e, pertanto, non esclude la penale responsabilità per danni che ne siano
derivati alle persone; in una tale situazione (di abbagliamento) il conducente è tenuto a
ridurre la velocità ed anche ad interrompere la marcia, adottando opportune cautele onde
non creare intralcio alla circolazione ovvero l’insorgere di altri pericoli, ed attendere di
superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità (Sez.4, n.10337 del 1/6/1989,
Rv.181837 e Sez.4, n.52649 del 18/12/2014, non massimata).
Giova infatti osservare, come ha ben ritenuto la Corte di Caltanissetta, che in
mancanza di una norma del Codice della Strada che imponga al conducente abbagliato di
fermarsi, deve ritenersi prudenziale un comportamento che tenga conto delle specifiche e
contingenti circostanze di tempo e di luogo, dato che anche l’arresto immediato del
veicolo potrebbe risultare ancor più pericoloso del semplice rallentamento: nel caso in
esame, in base a quanto riscontrato dalle foto dei luoghi, era impossibile per l’imputato
fermarsi ed uscire dalla sede stradale, così come era impossibile stabilire se una
eventuale accostata a destra avrebbe comunque impedito l’impatto con le moto che
seguivano, i cui conducenti erano certamente rimasti in egual modo abbagliati dai raggi
del sole e non risulta avessero frenato, o cambiato la traiettoria dei propri mezzi ovvero
tentato una qualunque manovra atta a scongiurare l’urto.
Le doglianze avanzate dalla parte civile, che ripropongono quanto già dedotto in
sede di appello, in mancanza di obiettivi elementi di riscontro, si risolvono dunque nella
prospettazione di una mera ipotesi alternativa sulla dinamica del fatto, che esula dal
sindacato di questa Corte di legittimità, poiché la pronuncia assolutoria è frutto di uno
sviluppo argomentativo logico e persuasivo e non di una erronea valutazione delle prove.
In particolare, come già sottolineato dal Tribunale e ribadito dalla Corte di appello,
non erano emersi elementi atti a sostenere che l’imputato si fosse fermato spostandosi al
centro della carreggiata, in prossimità della linea di mezzeria, né che egli conducesse la
sua auto lontano dal margine destro della strada, né quale fosse la traiettoria della moto

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mantenere una velocità ridotta ed eventualmente di decelerare, senza effettuare brusche

guidata dal Centamore Carmelo, né se questi avesse mantenuto la distanza di sicurezza
con il veicolo che lo precedeva.

4. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso della parte civile va rigettato ed il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2018

Il Consiglie
Carla M

nsore
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Il Presidente
/
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P.Q.M.

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