Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17387 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17387 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
D’ELIA MICHELE nato il 12/03/1959 a BARI
MOKTHAR ELHARATI MOHAMED nato il 01/06/1980

avverso la sentenza del 14/03/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA
CASELLA
che ha concluso per

l’inammissibilita’ dei ricorsi.
Udito il difensore
E presente l’avvocato ATTILI VALERIA del foro di MACERATA in difesa di PARTI
CIVILI che chiede l’accoglimento della sentenza della Corte di Appello di Ancona.
Si associa alle conclusioni del Proc. Gen. Deposita conclusioni e nota spese.
E’ presente l’avvocato MONTI SANTE del foro di MACERATA in difesa di D’ELIA
MICHELE che si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.

Data Udienza: 20/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Ancona, in data 14 marzo 2016, ha confermato la
condanna emessa il 4 luglio 2014 a carico di Michele D’Elia e di Mokthar Elarati
(quanto al solo capo A) dal Tribunale di Macerata; con la stessa sentenza, la
Corte dorica ha riformato la pronunzia di primo grado dichiarando estinti per
prescrizione i rimanenti reati contestati agli imputati (capo B contestato ad
entrambi; capo D contestato al solo Mokhtar), rideterminando per l’effetto la

Oggetto del giudizio é un episodio occorso il 30 aprile 2008 a Porto Potenza
Picena, all’interno di un condominio ove erano ubicati un locale-cantina e un
garage di proprietà del D’Elia: qui si verificava l’esplosione di una bombola
rinvenuta all’interno del garage, esplosione che cagionava danni a diverse parti
del condominio (sventramento di altre cantine e garages); si accertava che il
locale-cantina era adibito ad uso abitativo, sebbene non fosse idoneo a tale
scopo, e che vi dimorava stabilmente il Mokthar. Il D’Elia negava di avere mai
avuto a che fare con il Mokthar e di avergli concesso in fitto il locale, affermando
invece di averlo locato a tale Daniele Tatasciore, come spogliatoio per i suoi
dipendenti; con la conseguenza che sarebbe stato il Tatasciore a fittare il locale
al Mokthar.
Ravvisata l’inidoneità del locale a fini abitativi, per l’insufficiente altezza
dello stesso e l’assenza di aerazione, e ritenuto che fosse stato il D’Elia ad
affittare il locale allo straniero (risultato irregolare sul territorio), in primo grado
(per ciò che qui interessa) veniva ravvisata la penale responsabilità di entrambi
gli imputati suddetti per il crollo colposo del seminterrato loro contestato al capo
A. La Corte d’appello confermava tale assunto.

2. Avverso la prefata sentenza d’appello ricorrono sia il D’Elia, sia il Mokthar,
per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia.

3. Il ricorso del D’Elia si articola in due motivi di lagnanza.
3.1. Con il primo motivo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove. Il
deducente contesta l’affermazione della Corte di merito secondo cui sarebbe
irrilevante la causa dell’esplosione e sarebbe decisivo il solo fatto che la bombola
fosse posizionata in un locale inidoneo ad uso abitativo; tale conclusione é
basata solo sulla deposizione di Mouhid Rachid (soggetto regolarmente provvisto
di permesso di soggiorno), il quale ha dichiarato di avere precedentemente avuto
in uso il locale dal D’Elia, ivi compresa la cucina con la bombola, ma si tratta di

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pena; il D’Elia era stato assolto già in primo grado dal reato di cui al capo C.

affermazione ipotetica, che non consente di trarre conclusioni sull’esistenza di un
simile rapporto fra il D’Elia e il Mokthar. E’ risultato invece confermato che vi
fosse un regolare contratto di locazione tra il D’Elia e il Tatasciore, il quale al pari
del Mokthar non si é mai voluto sottoporre ad esame. Inoltre, aggiunge
l’esponente, il locale aveva formato oggetto di concessione in sanatoria, che lo
aveva trasformato in locale multiuso (che poteva essere adibito a magazzino) ed
era oltretutto ammobiliato già prima che lo acquistasse il D’Elia. Il ricorrente
illustra poi alcune deposizioni testimoniali riguardanti il fatto che il rapporto di

circostanza che fosse stata la fuoriuscita di gas a causare l’esplosione (testi
Tasso e Giustozzi); e denuncia che l’amministratrice del condominio, costituitasi
parte civile ed escussa quale testimone, era perfettamente a conoscenza della
presenza della bombola nel locale, ma di tale presenza nulla risulta dai verbali di
assemblea.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la mancata gradazione
della colpa in capo al D’Elia, ritenuto quanto meno non esclusivo responsabile
dell’accaduto, e la conseguente incongruità della pena.

4. Anche il ricorso del Mokthar consta di due motivi.
4.1. Con il primo, l’esponente denuncia violazione di legge per il mancato
riconoscimento della scriminante di cui all’art. 54 cod.pen., che nella specie
doveva essere ravvisata nella necessità per il Mokthar, soggetto clandestino, di
reperire e conservare un alloggio: se egli avesse denunciato la presenza della
bombola nello scantinato, sicuramente avrebbe perso la possibilità di continuare
ad alloggiare nel locale. Del resto, egli non aveva la possibilità di evitare il
pericolo, ed é oltretutto persona offesa, e non autore del reato, avendo egli
riportato lesioni.
4.2. Con il secondo motivo l’esponente lamenta la mancata applicazione
dell’art. 114 cod.pen.: la cucina e la bombola furono installate dal proprietario e
non dal Mokthar, il quale verosimilmente non era in grado di prevedere quanto
accaduto e di comprendere il pericolo della presenza di una bombola nel locale.

5. All’odierna udienza i difensori delle costituite parti civili Terrevoli Teresa,
Terrevoli Domenico, Terrevoli Giacomo, Stacchietti Stelio, Topa Diva, Valenti
Maria, Farabollini Angelo, Pietrella Gianni, Capriotti Federico, Valenti Giovanni,
Cicaré Manda hanno rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese.

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locazione intercorresse tra il D’Elia e il Tatasciore (teste Stacchietti) e la

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso del D’Elia é manifestamente infondato.
Esso, infatti, contiene nell’essenziale doglianze propositive di questioni in
fatto, in termini non consentiti in questa sede in quanto tese ad attaccare la
persuasività delle argomentazioni rese dai giudici di merito e a prospettare
un’interpretazione alternativa del materiale probatorio, a fronte di un contenuto
motivazionale che, nella sentenza impugnata, si caratterizza per logicità,

In proposito, deve ricordarsi il pacifico e costante indirizzo della
giurisprudenza di legittimità anche in composizione apicale, in base al quale
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere
limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza
possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di
merito si é avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza
alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioé di spessore tale da risultare percepibile
ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché
siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U,
n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; si vedano anche in terminis Sez. U, n.
12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260, e Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 -,
Petrella, Rv. 226074).
Più di recente, nel solco del medesimo indirizzo, si é affermato che, in tema
di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore
capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n.
47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006,
De Vita, Rv. 235507; e si veda anche Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 – dep.
31/03/2015, 0., Rv. 262965).
Conclusivamente, non possono formare oggetto di sindacato di legittimità le
doglianze relative a questioni di mero fatto e tese a prospettare valutazioni
alternative delle prove assunte: la disamina di esse é demandata in via esclusiva

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(7/

completezza e coerenza.

al giudice del merito ed é sottratta allo scrutinio della Corte regolatrice, laddove
dette doglianze non attingano profili di macroscopica illogicità o inadeguatezza
della motivazione del provvedimento impugnato.
1.1. Ciò posto, e rilevato che nel giudizio di merito non sono state ravvisate
possibili cause alternative dell’accaduto rispetto a quella costituita dall’esplosione
della bombola a gas, deve premettersi che, in base alle norme tecniche UNI
7131 (anche nel testo vigente all’epoca del fatto), le bombole di GPL non devono
essere installate a livello più basso del suolo ovvero in vani sotto il livello

e tende pertanto ad andare verso il basso) e vanno inoltre posizionate in un
locale areato per favorire il ricambio d’aria.
Quindi é corretta l’affermazione della Corte di merito secondo la quale la
bombola di gas che cagionò l’esplosione non doveva essere posizionata nel locale
ove dimorava il Mokthar, per le caratteristiche del locale medesimo, affatto
inidonee non solo a fini abitativi, ma anche alla presenza stessa della bombola
(tratta vasi infatti di un locale cantina, non areato e di altezza inferiore a quella
consentita a fini abitativi). Essendovi stata la violazione di una regola cautelare
rigida come quella appena evocata, diventa effettivamente irrilevante stabilire il
motivo occasionale dell’esplosione (ad esempio, un eventuale malfunzionamento
della bombola), atteso che ciò che conta, in termini di ragionamento
controfattuale, é che la concretizzazione del rischio sia avvenuta a seguito del
mancato rispetto di una regola di cautela che, se rispettata, avrebbe
scongiurato l’evento (nella specie non solo con elevata probabilità logica, ma
addirittura con assoluta certezza). Di contro, essendosi disattesa una norma
tecnica finalizzata a prevenire eventi del tipo di quello verificatosi, trova
applicazione l’attribuzione della colpa dell’accaduto a colui il quale ha omesso di
osservare tale norma tecnica essendovi tenuto, e ciò in base al principio secondo
cui la responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve
aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a
prevenire, poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento
realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in
essere in violazione della regola cautelare (da ultimo vds. Sez. 4, Sentenza n.
35585 del 12/05/2017, Schettino, Rv. 270779).
1.2. Nella specie, il D’Elia era il soggetto obbligato al rispetto di detta regola
cautelare, quale proprietario del locale che aveva affittato il locale medesimo al
Mokthar. Sul rapporto intercorso tra quest’ultimo e il D’Elia, la sentenza
impugnata esamina convenientemente la convergenza di elementi deponenti per
la riferibilità al D’Elia sia della decisione di ospitare lo straniero, sia della
presenza della bombola nel locale e della consapevolezza dell’uso della

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stradale quali garage, seminterrati e cantine (infatti il GPL é più pesante dell’aria

medesima:

convergenza che si

basa non solo sulle dichiarazioni

dell’amministratrice del condominio e delle parti civili, ma anche sulla circostanza
– emersa dalle dichiarazioni del teste Mouhid Rachid – che già in precedenza il
D’Elia aveva affittato a scopo abitativo un locale inidoneo come quello ove
avvenne l’esplosione.
A proposito delle lagnanze riferite all’accordata credibilità delle deposizioni
delle parti civili, si osserva poi che, in tema di valutazione della prova
testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato é una questione di

non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in
manifeste contraddizioni (Sez. 2, Sentenza n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota
e altro, Rv. 262575).

2.

Manifestamente infondato e affatto generico é il secondo motivo di

ricorso: in primo luogo, esso si fonda su un presunto, e in realtà insussistente,
errore nella gradazione della colpa attribuibile al D’Elia; in secondo luogo, esso
non considera che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.pen., sicché é
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena (v. Cass., Sez. III, n. 1182/2008 del
17/10/2007, Cilia).

3. Venendo al ricorso presentato per conto del Mokthar, il primo motivo é
manifestamente infondato.
Pur volendosi prescindere per un attimo dalla condizione personale del
ricorrente, irregolare sul territorio perché sprovvisto di permesso di soggiorno,
deve osservarsi che in subiecta materia lo stato di necessità può essere invocato
solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di
trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza
abitativa (Sez. 2, Sentenza n. 9655 del 16/01/2015, Centonze, Rv. 263296).
Non può certo ritenersi, quindi, che il mantenimento in uso di una bombola a gas
in un alloggio inidoneo come quello ove dimorava il Mokthar integrasse una
condizione di pericolo attuale di un danno grave alla persona, di necessità e
(soprattutto) di inevitabilità altrimenti, sol perché il ricorrente, ove non avesse
tollerato la presenza della bombola nel locale, avrebbe dovuto lasciare il locale
stesso.
Sono poi corrette e condivisibili le considerazioni della Corte di merito a
proposito del fatto che l’asserito pericolo di un danno grave alla persona, nella
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fatto, che ha la sua chiave di lettura nell’insieme di una motivazione logica, che

fattispecie, sarebbe stato consapevolmente cagionato dallo stesso Mokhtar, non
solo tollerando la presenza (comunque pericolosa) di una bopmbola nel suo
alloggio, ma anche – “a monte” – permanendo clandestinamente sul territorio
nazionale ed esponendosi perciò a conseguenze pregiudizievoli anche in termini
di possibilità di trovare alloggio: dal che, a ben vedere, derivano ulteriori ragioni
di insussistenza dell’invocata scriminante.

4. E’ infine manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso:

tollerò consapevolmente una condizione abitativa palesemente inidonea, anche
per la presenza di una bombola di GPL e per la connessa, intrinseca pericolosità
della stessa; ma in aggiunta a ciò la Corte distrettuale ha escluso che la condotta
del prevenuto non poteva qualificarsi come contributo di minima importanza,
attenuante che é configurabile quando l’apporto del concorrente non ha avuto
soltanto una minore rilevanza causale rispetto alla partecipazione degli altri
concorrenti, ma ha assunto un’importanza obiettivamente minima e marginale,
ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile
nell’economia generale dell’iter criminoso (Sez.

1, Sentenza n. 26031 del

09/05/2013, Di Domenico, Rv. 256035).

5. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti
vanno condannati ciascuno al pagamento di una somma che si stima equo
determinare in € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla
rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, spese che si liquidano
come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di duemila euro alla
Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle id=3
costituite parti civili Terrevoli Teresa, Terrevoli Domenico, Terrevoli Giacomo,
Stacchietti Stelio, Topa Diva, Valenti Maria, Farabollini Angelo, Pietrella Gianni,

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non solo perché, come giustamente osservato dalla Corte di merito, il Mokthar

Capriotti Federico, Valenti Giovanni, Cicaré Manda, che liquida in complessivi
euro settemilacinquecento oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2018.

(Giu

estensore
vich)

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