Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17371 del 23/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17371 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VONA GIUSEPPE nato il 31/03/1970 a PETILIA POLICASTRO

avverso la sentenza del 14/02/2017 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIELLA DE
MASELLIS
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita del ricorso
Udito il difensore

Data Udienza: 23/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la pronuncia emessa nei confronti di Vona Giuseppe dal Tribunale di
Crotone, con la quale questi era stato giudicato responsabile del reato di furto di
energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose e dall’esser stato commesso
il fatto su cose destinate a pubblico servizio, e condannato alla pena ritenuta
congrua.

Avverso tale decisione ricorre per la sua cassazione il Vona, a mezzo del

difensore di fiducia, avv. Mario Saporito.
Con unitario motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 625, nn. 2
e 7 cod. pen. e vizio della motivazione per aver la Corte di Appello ritenuto
integrata la circostanza aggravante dell’uso di violenza o del mezzo fraudolento
nonostante fosse stato operato l’allaccio diretto alla rete esterna e la circostanza
aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nonostante l’allaccio fosse stato
eseguito all’interno dell’abitazione dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso è

inammissibile, siccome per un verso manifestamente

infondato e per altro aspecifico.
In primo luogo va rimarcato che secondo la sentenza di merito l’allaccio
abusivo alla rete elettrica dell’impianto a servizio dell’abitazione del Vona era
stato eseguito all’interno di tale abitazione e mediante il distacco dei fili
conduttori. La Corte di Appello ha ritenuto che il distacco dei fili conduttori integri
la violenza sulle cose; e che la rete elettrica costituisca cosa destinata a pubblico
servizio o utilità.
Orbene, entrambe le affermazioni sono coerenti con gli insegnamenti di
questa Corte, per la quale è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, comma
primo, n. 2 cod. pen. quando la sottrazione dell’energia avviene mediante
l’allacciamento diretto alla rete di distribuzione, in quanto tale attività comporta
il necessario danneggiamento, seppure marginale, per distacco dei fili conduttori
(Sez. 4, n. 23660 del 23/11/201, dep. 31/05/2013, Camerino, Rv. 256190).
Ed è vero, altresì, che sono qualificabili come cose destinate a pubblico
servizio quelle che servono ad un uso di pubblico vantaggio o di utilità collettiva,
per volontà del detentore o proprietario o per le qualità ad esse inerenti (linee e
vetture ferroviarie, elettrodotti, acquedotti linee telefoniche, biblioteche, ecc.)
(Sez. 4, n. 1850 del 07/01/2016, dep. 18/01/2016, Cagnassone ed altro, Rv.
266229).
La critica del ricorrente, quindi, non trova eco nella più recente
giurisprudenza di questa Corte a riguardo del rilievo che assume l’allaccio diretto

t

2.

alla rete; ed è avulsa dal nucleo del giudizio formulato dai giudici di merito a
riguardo della ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. perché
mentre essi fanno riferimento all’essere l’energia elettrica e i componenti della
rete cose destinate al pubblico servizio, il ricorso si sofferma sulla esposizione
alla pubblica fede, risultando così aspecifico a Giova rammentare, al riguardo, la
consolidata giurisprudenza di legittimità, per la quale l’atto di impugnazione non
può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato senza cadere nel vizio
di specificità (ex multis Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep. 10/09/2007,

1 lett. c) cod. proc. pen., e 591, co. 1, lett. c) cod. proc. pen., impone la
sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della smma di
duemila euro alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/1/2018.
Il Consigliei estensore
Salvatore

vere

Il Presidente
Pat- izia Piccialn,

Scicchitano, Rv. 236945), che, ai sensi del combinato disposto agli artt. 581, co.

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