Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17367 del 09/05/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17367 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) RULZ TRUJILLO ERICK CHRISTIAN N. IL 15/02/1982
avverso la sentenza n. 1903/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
16/12/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
lette le richieste del PG 9ptf. che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

Data Udienza: 09/05/2012

n. 41 Ricorrente RUIZ TRUJILLO CHRISTIAN

Motivi della
L’imputato,contro la sentenza indicata in epigrafe ( con la quale, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, gli venivano riconosciute le
plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 – commesse in Genova fino al
settembre 2008 – ritenute unificate sotto il vincolo della continuazione, con la
conseguente riduzione della pena ) interpone personalmente ricorso per
cassazione, lamentando l’eccessività della pena applicatagli ed il mancato
riconoscimento della speciale attenuante di cui all’art. 73, comma V° d.P.R, n.
309/1990.
Il ricorso è palesemente inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen.,
perché proposto per motivi non dedotti con I motivi di appello ( fatta eccezione per
quello attinente al trattamento sanzionatorio ) e comunque manifestamente
infondati.
Il perimetro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall’art.
609, comma 1, codice di rito, il quale ribadisce, in forma esplicita, un principio già
enucleabile dal sistema, e cioè la limitazione della cognizione di detto giudice ai
motivi proposti con il ricorso.
Detti motivi – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (artt.
581, comma 1, lettera e), e 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. – sono
funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata ed
all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per
cassazione.
La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell’art.
606, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede la non deducibilità in
cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello.
Il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di
qualsiasi questione non prospettata in appello e costituisce un rimedio contro il
rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento
impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del
giudice di appello.
Quanto alle altre doglianze – manifestamente infondate – va ribadito che la Corte
d’appello,in accoglimento di uno specifico motivo di gravame, ha proceduto, in

attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata recidiva in ordine a

corretta applicazione dei criteri enunciati dall’ art. 133 cod. pen., ad una
consistente/ridbzione della pena complessiva.

o

Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento, a favore della cassa
delle ammende, della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria,
trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa,
del ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende
Così deciso in Roma,ll 9 maggio 2012.

2000).

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