Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17349 del 21/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 17349 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

Data Udienza: 21/11/2012

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BARBA GREGORIO N. IL 30/09/1957
avverso l’ordinanza n. 621/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 30/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conhxionidel PG Dott.

Uditi dife or Avv.;

cQM

- Letta la memoria depositata 11-7-2012 dal Procuratore generale della
repubblica presso la Corte di Cassazione, che si è associato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con istanza del 23-11-2011 il difensore di Barba Gregario chiedeva, ai sensi
dell’art. 327/bis cod. proc. pen., alla Corte d’appello di Catanzaro l’autorizzazione
ad accedere al Registro protocollo del comune di Amantea, acquisito agli atti

rilievo tecnico denominato “test di Brunelle”, necessario per pervenire alla
datazione del manoscritto.

2. La Corte d’appello di Catanzaro, con provvedimento del 30-11-2012, rigettava
l’istanza sul duplice rilievo che lo stato del procedimento penale (era stata
emessa sentenza in grado d’appello) non consentiva più l’espletamento di
indagini difensive e la natura dell’indagine, comportante la definitiva alterazione
del corpo del reato per l’esaurimento della parte di scrittura in verificazione,
esigeva un’attività in contraddittorio tra le parti, non più espletabile al di fuori
della fase delle indagini preliminari.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato censurando il
provvedimento per violazione degli artt. 327/bis e 391/decises cod. proc. pen. e
24 della Costituzione, in quanto, a suo giudizio, l’art. 327/bis consente
l’espletamento di indagini difensive in ogni stato e grado del procedimento
(quindi, anche nell’eventuale giudizio di rinvio e nel possibile giudizio di
revisione), non si tratta di accertamento irripetibile (perché verrebbe sottratta
solo una minima quantità di inchiostro) e, comunque, l’eventuale irripetibilità
dell’atto sarebbe fronteggiabile con la procedura prevista dall’art. 391/decies
cod. proc. pen. (che prescrive l’avviso al Pubblico Ministero).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

Le impugnazioni dei provvedimenti giudiziali sono consentiti nei soli casi
previsti dalla legge (cd principio di tassatività delle impugnazioni).
L’art. 568, comma 1, cod. proc. pen., pone il principale corollario del
principio di tassatività, sancendo che è la legge a stabilire i casi nei quali i
provvedimenti del giudice sono impugnabili e a determinare i mezzi con cui
possono essere impugnati.
2

(oR

dell’indagine penale, al fine di eseguire, a mezzo di consulente tecnico di parte, il

Nel caso di specie, sulla richiesta dell’imputato di accedere al corpo del
reato, per svolgervi consulenza tecnica, il giudice si è pronunciato ai sensi
dell’art. 233 del cod. proc. pen., rigettando l’istanza. Contro il provvedimento
suddetto non è prevista alcuna forma di impugnazione, a differenza di quanto
contemplato dal comma 1/bis dell’articolo citato nell’ipotesi che l’istanza venga
rivolta, nel corso delle indagini preliminari, al Pubblico Ministero e sia da questi
rigettata. In questo secondo caso, infatti, è consentito il ricorso al giudice
secondo la procedura dell’art. 127 cod. proc. pen. e, successivamente, il ricorso

La disciplina positiva della consulenza tecnica di parte, quale prevista
dall’art. 233 cod. proc. pen., non contempla, quindi, forme di impugnazione del
provvedimento giudiziale emesso sull’istanza della parte privata (a parte quella,
appena vista, che riguarda il provvedimento del Pubblico Ministero), essendo
rimesso al giudice che procede dettare i tempi e modi dell’indagine sulle cose in
sequestro, in considerazione del vincolo su di essi esistente.
D’altro canto, qualora si volesse ritenere che quanto sopra valga unicamente
per le ordinanze in materia di prove emesse nel corso del giudizio, posto che
queste possono essere censurate impugnando la sentenza conclusiva del grado,
e non anche per quelle emesse, come nel caso in esame, dopo la suddetta
sentenza, dovrebbe comunque riconoscersi l’inammissibilità del proposto ricorso
sotto il seguente diverso profilo. Per proporre qualsiasi impugnazione è
necessario, secondo l’art. 568, comma 4, cod. pen., avervi interesse e lo stesso
deve essere, in ogni caso, attuale e concreto (ex plurimis: Cass., 2/4/2003, Rv
228307; Cass., 21/10/2008, Rv 241673): orbene, nella fattispecie de qua considerato che l’istanza avanzata dopo la sentenza della Corte di appello non
poteva rilevare ai fini del giudizio di legittimità nel quale non è consentita la
produzione di nuovi documenti (Cass. 15/6/2009, n. 25827, Rv 243902; Cass.,
10/2/11, n. 8996 Rv 249614) – il richiamo del ricorrente all’utilizzo del risultato
probatorio dell’accertamento invocato in un futuro giudizio di revisione o in un
eventuale giudizio di rinvio, evidenzia un interesse meramente ipotetico, privo
delle postulate caratteristiche; in particolare il diniego pronunciato dalla Corte di
appello non ha comportato alcuna lesione del diritto di difesa posto che l’istanza
de qua potrà essere validamente proposta al momento in cui si realizzerà
l’effettiva rilevanza della medesima.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in €
1.000.

P.Q.M.

3

in Cassazione (Cass. SU, 30-10-2008, n. 9857, Rv 242290).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 21-11-2012

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