Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17314 del 27/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17314 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
VASTA CARMELO nato il 24/02/1983, avverso la sentenza del
13/03/2012 della Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Enrico Deleaye che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Ottorino Agati, in sostituzione dell’avv.to
Giuseppe Inzerillo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

FATTO

1. Con sentenza del 13/03/2012, la Corte di Appello di Palermo
confermava la sentenza con la quale il giudice dell’udienza preliminare
della medesima città, all’esito del giudizio abbreviato, aveva ritenuto
VASTA Carmelo colpevole del reato di riciclaggio per avere montato,
sull’autovettura tg BX526EF – formalmente intestata a sua moglie
Gennaro Domenica ma, di fatto, nella sua disponibilità – l’organo motore
provento di furto dell’autovettura di proprietà di Bennici Barbara.

Data Udienza: 27/03/2013

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per non avere la Corte territoriale

sostituzione dell’organo motore – non fosse potuta essere stata
compiuta da altri, senza contare il fatto che non si poteva escludere che,
già al momento dell’acquisito dell’auto, sulla medesima non fosse già
stato montato il motore rubato all’auto della Bennici.
Il ricorrente, poi, si duole del fatto che, a suo avviso, la Corte non
avrebbe motivato in ordine all’elemento psicologico e cioè sulle «analisi
delle ragioni per le quali la condotta sostitutiva posta in essere nel caso
in esame avrebbe avuto uno scopo ulteriore rispetto a quello del
semplice profitto»
2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

62

BIS

COD.

PEN.

per avere la Corte

territoriale negato la concessione delle attenuanti generiche con una
motivazione gravemente carente.
DIRITTO

1. ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

la censura, nei termini in cui è

stata dedotta, è manifestamente infondata.
La Corte, in uno con la sentenza di primo grado, ha chiarito sia
sotto il profilo storico – richiamando la cronologia dei fatti e le fonti di
prova – sia sotto il profilo logico, le ragioni per le quali la colpevolezza
del ricorrente dovesse ritenersi accertata al di là di ogni ragionevole
dubbio.
Il ricorrente, come si è detto, sostiene che, in realtà, così non era
sia perché era «noto a tutti come sia possibile aprire uno sportello di
un’autovettura anche senza lasciare segni di “recente manomissione”»
sia perché non si poteva escludere che, già al momento dell’acquisito
dell’auto, sulla medesima non fosse già stato montato il motore rubato
all’auto della Bennici.

2

spiegato per quale ragione l’attività materiale di riciclaggio – ossia la

Questa Corte, da tempo, ha ormai chiarito che

«la regola

dell’oltre il ragionevole dubbio” formalizzata nell’art. 533 c.p.p., comma
1, come sostituito dalla L. n. 46 del 2006, art. 5, impone di pronunciare
condanna, quando il dato probatorio acquisito lascia fuori solo

possibili in rerum natura, ma la cui concreta realizzazione nella
fattispecie concreta non trova il benché minimo riscontro nelle
emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle
cose e della normale razionalità umana. Il procedimento logico, invero
non dissimile dalla sequenza del ragionamento inferenziale dettato in
tema di prova indiziaria dall’art. 192 c.p.p., comma 2, – il cui nucleo
essenziale è già racchiuso, peraltro, nella regola stabilita per la
valutazione della prova in generale dal comma 1 della medesima
disposizione, nonché in quella della doverosa ponderazione delle ipotesi
antagoniste prescritta dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), – deve
condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità
razionale, quindi alla “certezza processuale” che, esclusa l’interferenza
di percorsi alternativi, la condotta sia attribuibile all’agente come fatto
proprio. Il concetto, espresso in alcune recenti sentenze delle Sezioni
Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 21 aprile 1995, n. 11, n/.
202001; Cass., Sez. Un. 10 luglio 2002, n. 30328, rv. 222139; Cass.,
Sez. Un. 30 ottobre 2003, n. 45276, rv. 226094), cui si è uniformata la
giurisprudenza successiva (Cass., Sez. 1^, 21 maggio 2008, n. 31456,
n/. 240763; Cass., Sez. 1^, 11 maggio 2006, n. 20371, rv. 234111),
ancor prima della modifica dell’art. 533 c.p.p., era già stato chiaramente
delineato dalla giurisprudenza di legittimità. Si era, in proposito,
argomentato, che la prova indiziaria è quella che consente la
ricostruzione del fatto in termini di certezza tali da escludere la
prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche di
escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con
ogni e qualsivoglia verosimiglianza ed in conseguenza di un ipotetico,
inusitato combinarsi di imprevisti e imprevedibili fattori, la realtà delle
cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili
(Cass. 2 marzo, 1992, n. 3424, rv. 189682; Cass. Sez. 6^, 8 aprile

3

eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come

1997, n. 1518, rv. 208144; Cass. Sez. 2^, 10 settembre 1995, n. 3777,
rv. 203118)»: Cass. 23/13/2009 riv 243801; Cass. 41110/2011 riv

251507; Cass. 7035/2013 riv 254025.
Applicando al caso di specie i suddetti principi, la sentenza
a) ha indicato, in punto di fatto, quali fossero gli indizi a carico
dell’imputato;
b) ha illustrato, in modo ineccepibile sotto il profilo logico, le
ragioni per le quali doveva ritenersi che l’imputato fosse stato colui che
avesse sostituito il motore;
c) le ipotesi alternative prospettate dal ricorrente, sono prive di
ogni riscontro fattuale e logico.
2. VIOLAZIONE DELL’ART. 62 BIS COD. PEN.: anche la suddetta censura

va ritenuta manifestamente infondata in quanto la motivazione addotta
dalla Corte territoriale (gravità del fatto – plurimi, recenti e specifici
precedenti penali) deve ritenersi congrua e logica avendo dato conto
degli elementi scelti per la formulazione del giudizio globale (gravità del
fatto e capacità a delinquere): di conseguenza, essendo stato
correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di
merito in ordine al trattamento sanzionatorio, il relativo esercizio si
sottrae ad ogni censura di legittimità.
3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e

4

impugnata non si presta ad alcuna censura perché:

CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Roma 27/03/2013

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