Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17309 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17309 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
OREM NANZA
sul ricorso prfflosto da:
SPIEZIA MASSIMILIANO nato il 02/07/1979 a BAIANO
avverso la sentenza del 19/01/2017 del TRIBUNALE di ANCONA
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 gennaio 2017 il Tribunale di Ancona ha condannato Spiezia
Massimiliano alla pena di euro 3.000,00 di ammenda in relazione ai reati di cui agli artt.
18, comma 1, lett. c) et d), e 55, comma 5, lett. c), d.lgs.81/2008.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto appello, convertito in ricorso per
cassazione, trattandosi di sentenza non appellabile, chiedendo la propria assoluzione per
essere insufficiente la prova della commissione del fatto, l’applicazione della causa di non
condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato dall’Avvocato Nunzio Molè, del
Foro di Noia, è inammissibile a causa della mancata iscrizione di tale difensore nell’albo
speciale di cui all’art. 613 cod. proc. pen., non rilevando che l’appello dallo stesso
proposto sia stato convertito in ricorso per cassazione.
E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte, invero, che ” alla regola secondo
cui il ricorso per cassazione è inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato
non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi le
giurisdizioni superiori, non è prevista deroga per il caso di appello convertito in ricorso. In
caso diverso verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso
obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di impugnazione” (cfr., ex
multis, Sez. 3, n. 2233 del 14/07/1998, Allegretti, Rv. 211855; Sez. 5, n. 23697 del
29/04/2003, Gentile, Rv. 224549; Sez. 3, n. 48492 del 13/11/2013, Scolaro, Rv.
258000; Sez. 3, n. 19203 del 15/03/2017, Mezei, Rv. 269690).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, essendo stato proposto
da difensore non abilitato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
punibilità di cui all’art. 131 bis e la concessione del beneficio della sospensione