Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 173 del 12/10/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 173 Anno 2017
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SENTENZA A MOTIVAZIONE
SEMPLIFICATA

VEZZOLO MARIO GIUSEPPE N. IL 07/07/1965
avverso la sentenza n. 5826/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/10/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
i
che ha concluso per , e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
rv
Yl

Data Udienza: 12/10/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 27.5.2015 la Corte d’appello di Milano in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Como che in data 18 gennaio 2011 aveva condannato
PIETROBON Flavio e VEZZOLO Mario Giuseppe per riciclaggio, ricettazione e truffa
dichiarava non doversi procedere nei confronti di VEZZOLO in ordine alla ricettazione di
cui al capo C1), alla truffa di cui al capo C3) e al falso per soppressione di cui al capo
E2)perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena per i residui reati di riciclaggio

Ricorre per Cassazione VEZZOLO Mario Giuseppe, a mezzo difensore, deducendo:
1. violazione di legge in ordine alla ritenuta competenza territoriale ;
2.

violazione di legge vizio della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità
per omessa presa in considerazione di prove a favore. Rileva che la responsabilità
per il capo B1 si esaurisce nel richiamo al sequestro di una fotocopia della carta di
circolazione della vettura. Con riguardo al capo E1 sostiene che il ricorrente era
all’oscuro della provenienza delittuosa del mezzo. Con riguardo al capo P1
sottolinea la propria estraneità e contesta la ricostruzione dei fatti;

3.

violazione di legge in ordine alla qualificazione dei fatti. Ritiene corretta la
qualificazione ex art. 712 codice penale e al più con riguardo al reato di cui al
capo El) come furto;

4.

violazione di legge con riguardo al trattamento sanzionatorio. Lamenta anche la
mancata concessione delle attenuanti generiche;

5.

violazione di legge e vizio della motivazione. Sostiene che la sentenza è priva di
completezza anche sotto il profilo delle argomentazioni addotte dai giudici
d’appello in relazione alle specifiche doglianze formulate con i motivi di gravame.
Lamenta che la sentenza di primo grado non è stata rivisitata alla luce dei motivi
di appello.

Il ricorrente in data 30.9.2016 depositava memoria difensiva con la quale ulteriormente
argomentava i motivi impugnazione.
Il VEZZOLO ha riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di merito e disattese dal
Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi. Al riguardo giova ricordare che nella
giurisprudenza di questa Corte è stato enunciato, e più volte ribadito, il condivisibile
principio di diritto secondo cui “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
1

di cui ai capi B1), El) e Pi)

potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in
termini, Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. – dep. 03/05/2000 – Rv. 216473; CONF:
Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708)
Nella concreta fattispecie la decisione impugnata, che si è confrontata con tutte le
deduzioni difensive, si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i
suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta

quesiti concernenti la competenza territoriale, il giudizio di responsabilità e la
qualificazione dei fatti.
A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente contrappone
unicamente generiche contestazioni, con le quali si propone solo una non consentita – in
questa sede di legittimità – diversa lettura degli elementi valutati dai giudici di merito,
senza tenere conto delle specifiche argomentazioni della corte territoriale e senza
evidenziare alcuna manifesta illogicità o contraddizione della motivazione.
Generica è anche la censura con riguardo al trattamento sanzionatorio.
I giudici d’appello hanno infatti dato conto delle ragioni che impedivano la concessione
delle circostanze attenuanti generiche (precedenti penali specifici che attestano
l’inserimento in ambienti criminosi specializzati, assenza di elementi positivi, quali offerte
risarcitorie, ritenendo che non poteva essere valutato in tal senso il consenso prestato
all’acquisizione di atti). Così come il ricorrente si limita a contestare l’eccessività della
pena senza considerare che il giudice ha indicato in sentenza tutti gli elementi ritenuti
rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva applicazione di tutti i criteri di cui
all’art. 133 c.p.
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di C 1500,00 da versare alla Cassa
delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deliberato in Roma il 12.10.2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

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