Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17296 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17296 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDI NANZA
sul ricorso proposto da:
LAUDANI ROSARIO nato il 04/08/1974 a HEIDELBERG( GERMANIA)

avverso la sentenza del 29/06/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29/6/2017, la Corte di appello di Catania confermava la
pronuncia emessa il 25/10/2016 dal Giudice per le indagini preliminari del locale
Tribunale, con la quale Rosario Laudani era stato giudicato colpevole del delitto
di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e condannato – con
rito abbreviato – alla pena di tre anni, quattro mesi di reclusione e 10.000,00
euro di multa.

chiedendo l’annullamento della pronuncia con riguardo alla mancata concessione
delle circostanze attenuanti generiche (attesa la confessione resa e lo stato di
tossicodipendenza), al trattamento sanzionatorio ed all’esclusione della recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Rileva la Corte, infatti, che il Collegio di appello – pronunciandosi proprio
sulle questioni in questa sede proposte – ha steso una motivazione del tutto
congrua, fondata su oggettivi elementi e priva di qualsivoglia illogicità manifesta
o contraddittorietà; come tale, dunque, non censurabile.
In particolare, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la
sentenza ha evidenziato: a) che la condotta in esame non poteva ritenersi
isolata, attesi i due precedenti specifici a carico, nonostante la giovane età; b)
che la quantità della sostanza in sequestro (marijuana per oltre 1.700 dosi)
doveva far ritenere che il soggetto fosse un punto di riferimento per lo spaccio
locale; c) che lo stesso quantitativo di sostanza rinvenuto denotava la
professionalità della condotta illecita, che mal si conciliava con la mera
condizione di consumatore; d) che l’ammissione di responsabilità non poteva
assumere particolare significato positivo, attesa la flagranza dell’arresto; e) che
le dedotte difficoltà economiche non potevano assumere alcun rilievo positivo
nella valutazione in esame.
Una motivazione, dunque, di certo non censurabile. E fermo restando,
peraltro, che, per pacifico e condiviso indirizzo, nel motivare il diniego della
concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il Giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (per tutte, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).

2. Propone ricorso per cassazione il Laudani, a mezzo del proprio difensore,

Di seguito, ed in forza anche di questi elementi, la sentenza ha quindi
riconosciuto la contestata recidiva, atteso che “le modalità della condotta posta
in essere, la spregiudicatezza della stessa fanno ritenere in concreto che la
ricaduta nel delitto sia espressione di maggiore consapevolezza e pericolosità
sociale”.
Dal che, l’adeguatezza del trattamento sanzionatorio e, nel complesso,
dell’intero portato argomentativo della sentenza.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della

fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018

igliere e ténsore

Il Presidente

sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella

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