Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17295 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17295 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
STEFANIA MICHELE nato il 29/09/1958 a CAGNANO VARANO
avverso la sentenza del 06/10/2016 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha rideterminato in
anni uno di reclusione ed euro 2.000,00 la pena inflitta a Stefania Michele in relazione al
reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere ceduto grammi
0,30 di eroina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla propria responsabilità e
generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo stato affidato a censure generiche e,
soprattutto, precluse, in quanto rinunciate o accolte dalla Corte territoriale.
L’imputato aveva, infatti, rinunciato ai motivi d’appello relativi alla sua
responsabilità, con la conseguenza che del tutto correttamente la Corte territoriale non li
ha esaminati, sicché non è dato rilevare alcun vizio di motivazione sul punto.
La richiesta di riduzione della pena formulata con il terzo motivo d’appello è stata
accolta dalla Corte territoriale, che ha ridotto la pena inflitta all’imputato, che con tale
statuizione ha omesso di confrontarsi.
Le circostanze attenuanti generiche non erano state oggetto di alcuna richiesta
con l’atto d’appello, sicché anche a questo riguardo non sussiste alcun vizio della
motivazione.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, essendo stato affidato
a doglianze prive di correlazione con i motivi d’appello e con la sentenza impugnata.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
violazione di legge riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti