Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17292 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17292 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso pr )posto da:
DE MATTEIS ‘/I NCENZO nato il 22/12/1975 a MAGLIE
avverso la sentenza del 03/10/2017 del GIP TRIBUNALE di LECCE
dato avviso a.le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Lecce ha applicato a De Matteis Vincenzo la pena dallo stesso richiesta ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R.
309/90 (contestatogli per avere detenuto in concorso grammi 100 di sostanza
stupefacente del tipo cocaina, da cui erano ricavabili circa 220 dosi medie singole).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
della sua insufficienza, non essendo stati indicati gli elementi di prova posti a fondamento
della affermazione di responsabilità, in quanto non vi erano elementi in ordine alla
ritenuta destinazione allo spaccio della sostanza detenuta, non essendo neppure stato
rinvenuto materiale utile al confezionamento in dosi di detta sostanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato censure volte a conseguire una non consentita
rivalutazione degli elementi di prova considerati dal Tribunale, è manifestamente
infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto dal Tribunale,
anche quanto alla destinazione allo spaccio e alla insussistenza di cause di
proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., attraverso il richiamo agli elementi
di responsabilità emergenti dai verbali di arresto, perquisizione e sequestro e dalla
consulenza tossicologica eseguita sulla sostanza stupefacente sequestrata, posti in
relazione al fatto contestato, e da cui è stata dunque tratta in modo logico la prova della
insussistenza di cause di proscioglimento, in relazione al reato così come contestato, e
cioè di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
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violazione degli artt. 129, 192 e 444 cod. proc. pen. e vizio della motivazione, a cagione
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Presidente
Il Consigliere estensore