Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17287 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17287 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

sul ricorso prfflosto da:
DIACK AMADOU nato il 21/07/1983

avverso la sentenza del 01/02/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1°/2/2017, la Corte di appello di Roma, in riforma della
pronuncia emessa il 5/7/2016 dal locale Tribunale, rideterminava la pena inflitta
ad Amadou Diack in tre anni, due mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa in
ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,
chiedendo l’annullamento della pronuncia, che si assume illogica quanto alla

pena per la recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Osserva la Corte, infatti, che il Giudice di appello – pronunciandosi proprio
sulle medesime questioni qui riprodotte – ha steso una motivazione del tutto
congrua e priva di illogicità o carenze argomentative; come tale, dunque, non
censurabile. In particolare, quanto alle circostanze attenuanti generiche, ne ha
esclusa la concessione per la negativa personalità del soggetto (gravato da
precedenti penali e giudiziari, anche specifici e recenti, tanto da vedersi
contestata la recidiva specifica ed infraquinquennale) e per l’irrilevanza della
confessione, resa in flagranza del possesso di un quantitativo di marijuana pari a
6.417 dosi medie singole. In tal modo, dunque, la sentenza ha fatto buon
governo del principio in forza del quale, nel motivare il diniego della concessione
delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., non è necessario che il Giudice prenda
in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (per tutte, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).
Con riguardo, poi, all’aumento di pena per la recidiva, la sentenza ha
adeguatamente sottolineato che l’episodio illecito in esame si ineriva in un chiaro
contesto criminoso, espressione di una “perdurante inclinazione al delitto” in
capo al soggetto, non certo dettata da “stimoli contingenti ed occasionali”.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché

mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ed all’aumento di

quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

nsigliere stensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018

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