Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17272 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17272 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

sul ricorso prgposto da:
HASAN MAHN , OUD MOHAMED ABDELHADY nato il 21/02/1978

avverso la sentenza del 24/05/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso a:le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano ha applicato a Hasan
Mahmoud Mohamed Abdelhady la pena dallo stesso richiesta ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
violazione di legge penale e vizio della motivazione, in relazione alla qualificazione
giuridica delle condotte, da ricondurre alla fattispecie attenuata di cui al quinto comma

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure prive della necessaria specificità, essendo
prive di confronto con la motivazione della sentenza impugnata, è manifestamente
infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente
assolto dal Tribunale, anche quanto alla qualificazione giuridica della condotta, attraverso
l’ampio e dettagliato richiamo agli elementi di responsabilità emergenti dal verbale di
arresto e dagli atti di indagine e mediante la sottolineatura del dato ponderale della
sostanza stupefacente detenuta (pari a grammi 100,00 di cocaina).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Consigliere estensore

Il P esidente

dell’art. 73 d.P.R. 309/90, anche quanto alla detenzione della cocaina.

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