Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1727 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1727 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IAVARONE GIOVANNI N. IL 13/04/1982
avverso l’ordinanza n. 1904/2012 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
12/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/sete le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 26/11/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 08 – 12 Marzo 2013 il Gip del Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Giovanni Iavarone
tesa ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione in executivis, ex
artt. 81 cpv. Cod. pen. e 671 Cod. proc. pen., tra quattro sentenze di condanna ivi
meglio indicate. Rilevava invero detto giudice che si trattava di episodi distanti nel
tempo (compresi tra il 2002 ed il 2009), di reati anche non omogenei, eseguiti con

aveva fornito alcun elemento specifico idoneo a sostenere la prefigurazione dei
successivi reati già in tempo antecedente alla commissione del primo.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : – erano stati presi in
esame solo alcuni dei parametri necessari per verificare l’identità del disegno
criminoso; – i fatti erano vicini quanto ai luoghi di commissione; – andava
considerato l’intervallo temporale tra di essi e non il tempo trascorso tra il primo e
l’ultimo; – si trattava di un periodo difficile della vita di esso Iavarone che aveva così
reagito alle avversità.Considerato in diritto
1. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con
ogni dovuta conseguenza di legge.2. Del tutto correttamente, invero, il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza
dello Iavarone, sia per la sostanziale genericità della domanda (genericità che si
ripresenta anche nei motivi di ricorso), sia per la sostanziale, verificata,
insussistenza di idonei elementi rappresentativi di un unico, iniziale e preventivo,
disegno criminoso. Il Gip del Tribunale di Napoli, nell’impugnata ordinanza, ha
rilevato come i fatti siano lontani nel tempo e non tutti omogenei; come alcuni di
essi si caratterizzino anche per estemporaneità (come l’evasione), tale cioè da non
poter essere, di per sé, oggetto di preventiva e remota ideazione; e come altri, pur
omogenei, si differenzino per forme e modalità di esecuzione, di tal che parimenti
non può presumersi una delineata prefigurazione e volizione,

ab initio,

sufficientemente specifica. Allo stesso modo, è corretta la considerazione del giudice
a quo secondo cui, non emergendo dalle sentenze di cognizione adeguati elementi
utili nel senso richiesto, parimenti inconducente era stata l’istanza del condannato
che non aveva fornito concreti argomenti di positiva valutazione.-

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diverse modalità ed a seguito di spinte criminose occasionali; inoltre l’istante non

Ciò posto, occorre ora prendere atto che la sostanziale mancanza di tali elementi,
non forniti in primo grado, non è supplita dall’atto di ricorso, quanto mai generico ed
aspecifico. Esso, invero, si limita a proporre la doglianza in termini privi della dovuta
puntualità, mancando di indicare i concreti elementi che, con riferimento ai singoli
fatti ed alle relative sentenze di condanna, dovrebbero convincere della bontà della
tesi difensiva. Da un lato si affacciano elementi valutativi già considerati dal giudice
dell’esecuzione (quali la vicinanza territoriale e la parziale omogeneità delle
condotte), ma a ragione ritenuti sub valenti, dall’altro si propone il dato cronologico

ai fini richiesti. In definitiva il ricorrente propone del tutto genericamente elementi
già oggetto di corretta valutazione o non rilevanti, mentre manca di confrontarsi con
la vera ratio decidendi

del provvedimento impugnato, la sostanziale occasionalità

dei singoli fatti, estemporaneità che -di per sé- si pone agli antipodi dell’istituto della
continuazione, correttamente inteso. Infine risulta del tutto eccentrico l’argomento
soggettivo delle traversie umane del condannato, all’epoca, più idoneo a sostenere
una scelta di vita delinquenziale (sia pur per necessità) che a fondare la chiesta
continuazione.3. In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve
essere dichiarato inammissibile ex artt. 591 e 606, comma 3, Cod. proc. pen.Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza
del disposto dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua,
di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di
colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.Così deciso in Roma il 26 Novembre 2013 Il Consigliere estensore

Il Presidente

senza migliore indicazione dello stesso e senza argomentarne la rilevanza decisoria

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