Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17265 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17265 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

sul ricorso pr)po.s;to da:
AGIAM ENVY NLEN1AGU nato il 17/39/1983

avverso la sentenza del 03/06/2017 del TRIBUNALE di TORINO
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Torino ha applicato a Agiam
Envy Nlemagu la pena dallo stesso richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in
relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
violazione degli artt. 129 e 444 cod. proc. pen. e vizio della motivazione, a cagione della
sua insufficienza, non essendo state indicate le ragioni poste a fondamento della

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato censure prive della necessaria specificità, essendo
prive di qualsiasi riferimento alla vicenda concreta e di confronto con la motivazione della
sentenza impugnata, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto dal Tribunale,
attraverso il richiamo agli elementi di responsabilità emergenti dai verbali di arresto,
perquisizione e sequestro e di accertamento tecnico sulle sostanze stupefacenti
sequestrate.
Quanto alla motivazione in ordine all’entità della pena, il relativo obbligo deve
essere ritenuto assolto da parte del giudice quando, come nel caso di specie, egli dia atto
di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione
giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle
parti e della congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza,
una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, tra l’altro sottolineando la
gravità del fatto (in considerazione del quantitativo di stupefacente e del rinvenimento di
un bilancino per la suddivisione in dosi) e la negativa personalità dell’imputato (gravato
da due precedenti specifici), l’obbligo di motivazione è stato dunque rispettato (ex
plurimis, Sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, Rv. 215489).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma

1

affermazione di responsabilità e della quantificazione della pena.

dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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