Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17259 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17259 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BALLOI LUCA nato il 10/02/1988 a BOLOGNA

avverso la sentenza del 25/05/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha
parzialmente riformato la sentenza del 30 gennaio 2014 del Giudice per le indagini del
Tribunale di Bologna, confermando la condanna di Luca Balloi in relazione al reato di cui
all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 solamente in relazione alla coltivazione di 4 piantine
di marijuana (il cui fogliame era idoneo alla preparazione di 142 dosi medie singole),
rideterminando la sanzione inflittagli in mesi due e giorni venti di reclusione ed euro
800,00 di multa.

violazione di legge penale e carenza di motivazione, per essere stata affermata la sua
responsabilità pur in mancanza della prova della destinazione alla cessione a terzi della
sostanza stupefacente ricavabile dalle quattro piantine coltivate, costituente condotta
priva di offensività, in considerazione della destinazione al consumo personale del
prodotto delle piante di marijuana coltivate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo dell’atto d’appello, tende a conseguire una non
consentita rivisitazione delle risultanze di fatto, sulla base delle quali i giudici di merito
hanno ritenuto l’offensività in concreto della condotta di coltivazione e, dunque, la sua
rilevanza penale.
La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto configurabile il reato di coltivazione illecita
di piante idonee a produrre sostanze stupefacenti (che non richiede per la sua
configurabilità il fine di spaccio), in considerazione del fatto che la capacità drogante delle
piante rinvenute nella abitazione dell’imputato era significativa, contenendo le stesse
percentuali di principio attivo pari, in un caso, al 5,13% e, nell’altro, al 7,44%, pari a
circa 142 dosi medie singole, e che quindi la condotta di coltivazione contestata fosse in
concreto offensiva, per l’idoneità a produrre un quantitativo significativo di sostanza
stupefacente del tipo marijuana.
Il ricorrente propone una rivisitazione di tale accertamento di fatto, volto a
escludere l’offensività della propria condotta, formulando una censura non consentita nel
giudizio di legittimità, essendo il suddetto accertamento coerente con gli elementi a
disposizione e immune da vizi, con la conseguente inammissibilità della censura.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 3.000,00.

1

Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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