Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17254 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17254 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso prgposto da:
GALLUCCI SAVINO BIAGIO nato il 09/01/1979 a VENOSA

avverso la sentenza del 04/05/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso aile parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha confermato
la sentenza del 15/12/2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Bologna con cui, in esito a giudizio abbreviato, Savino Biagio Gallucci era stato
condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 14.000,00 di multa, in
relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. 309/90
(ascrittogli per avere detenuto a fine di spaccio grammi 11 di sostanza stupefacente del

grammi di tale sostanza a terzi, con frequenza almeno settimanale e per un periodo di
circa due anni).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
violazione di legge penale e vizio della motivazione, con riferimento al mancato
riconoscimento della ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90,
essendo stato trascurato il dato del minimo quantitativo di sostanza stupefacente
sequestrata ed essendo stato attribuito eccessivo rilievo all’esistenza di una
organizzazione strumentale alla attività di spaccio e alla sua continuità; tali
considerazioni risulterebbero in contrasto con l’orientamento interpretativo di legittimità
secondo cui la struttura, l’organizzazione, la reiterazione e la professionalità delle
condotte illecite non sono incompatibili con detta ipotesi lieve, nel caso di specie
configurabile, in considerazione dei modesti quantitativi ceduti e dello stato di
tossicodipendenza del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo del primo motivo d’appello, è inammissibile, in
quanto è volto a conseguire una rivisitazione degli elementi di fatto sulla base dei quali la
Corte d’appello, in accordo con il primo giudice, ha escluso la configurabilità della ipotesi
attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90.
E’ necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità
non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia
portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la
sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez.
U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto,
Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia
pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o
un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n.
12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C.

1

tipo cocaina e per aver regolarmente e ripetutamente ceduto quantitativi di circa 5

in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata;
Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Mnervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 in data
11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Inoltre, è opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi
motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del giudice del
gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito
adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo

3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio,
Rv. 231708).
Nel caso in esame la Corte d’appello ha escluso la configurabilità di detta ipotesi
attenuata, in considerazione della esistenza di una, sia pur rudimentale, organizzazione
dell’attività di spaccio, della esistenza di una contabilità delle cessioni (dunque non
limitate al solo soggetto che ha dichiarato di essersi rifornito di cocaina dall’imputato a
cadenze settimanali e per due anni), della disponibilità di consistenti somme di denaro,
del possesso di droga sia nel bar nel quale l’imputato lavorava sia nella sua abitazione; la
condotta è stata pertanto giudicata di non lieve entità in considerazione del quadro
complessivo di riferimento, cioè delle circostanze dell’azione: si tratta di motivazione
adeguata e immune da vizi logici, mediante la quale è stato dato atto delle ragioni per le
quali la condotta dell’imputato non è stata ritenuta lieve, alla stregua dei criteri stabiliti
dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, e non è sindacabile nel giudizio di legittimità sul
piano del merito, cioè della ricostruzione della vicenda e della sua valutazione,
correttamente compiuta tenendo conto delle circostanze dell’azione, con la conseguente
inammissibilità del ricorso.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez.

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