Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17253 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17253 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

sul ricorso prgposto da:
MEMOLA DAVIDE nato il 28/10/1979 a BARI

avverso la sentenza del 22/05/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso ale parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22/5/2017, la Corte di appello di Bari, in riforma della
pronuncia emessa il 2/2/2016 dal locale Tribunale, riduceva la pena inflitta a
Davide Memola ad un anno, quattro mesi di reclusione e 4.000,00 euro di multa;
allo stesso era contestato il delitto di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, per aver detenuto a fine di spaccio stupefacente di tipo hashish
nella misura di cui alla rubrica.

chiedendo l’annullamento della pronuncia. La Corte di appello avrebbe
confermato la condanna con argomento palesemente viziato, ossia ritenendo
provata la destinazione della sostanza allo spaccio pur in difetto di elementi
qualificanti; al riguardo, peraltro, il dato quantitativo – unico evidenziato in
sentenza – non risulterebbe sufficiente nell’ottica dell’imputazione, sì da poter
essere compatibile con l’uso personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv.
265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si
richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte in forza del quale
l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e),
cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile

ictu ocu/i;

ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez.
U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte,
osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di
una violazione di legge o di un vizio motivazionale, lo stesso di fatto tende ad
ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime

2. Propone ricorso per cassazione il Memola, a mezzo del proprio difensore,

emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una
valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, oblitera che la Corte di appello – pronunciandosi
proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto
congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente
illogica; come tale, quindi, non censurabile. In particolare, la sentenza ha
evidenziato che il Memola – del quale non è risultata affatto la dedotta

quantitativo di hashish, contenuto in 12 panetti integri (ognuno dei quali avvolto
in cellophane) ed in 27 ovuli (del pari chiusi in pellicola trasparente). Un dato
ponderale (dal quale erano risultate ricavabili ben 4.907 dosi singole) che – per
la sua rilevanza, in uno con le modalità di confezionamento e l’elemento
soggettivo citato (ex plurimis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, Salaman, Rv.
260991) –

rendeva palese la destinazione della sostanza allo spaccio e,

specularmente, del tutto inverosimile la tesi difensiva dell’uso personale,
contraria alle evidenze appena richiamate. Ipotesi negata, peraltro, anche alla
luce del mancato ritrovamento, in sede di perquisizione domiciliare, di filtri o
cartine, quali ordinari strumenti per il confezionamento degli spinelli.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018

sigliere estensore

Il Presidente

condizione di tossicodipendente – era stato trovato in possesso di un notevole

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