Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1725 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1725 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FILONI FRANCESCO N. IL 19/10/1964
avverso l’ordinanza n. 280/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
23/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. c qg
1..)
STfi.3 f LC

e

_Q I ;14 atti

Uditi difensor Avv.;

f/A –

ii

Data Udienza: 26/11/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 23.01.2013 la Corte d’appello di Lecce, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di Francesco Filoni volta ad ottenere il
riconoscimento del vincolo della continuazione in executivis, ex artt. 81 cpv. Cod.
pen. e 671 Cod. proc. pen., tra i reati di cui alle sentenze a suo carico in data
07.07.2009 (per cessioni di stupefacenti commesse dal Giugno 2003 a Febbraio
2004) ed in data 21.12.2004 (per analogo reato commesso il 19.05.2004). Rilevava

sostegno dell’asserita unicità di disegno criminoso, dovendosi ritenere trattarsi
piuttosto dell’esplicazione di un sistema di vita, mentre i fatti non erano contigui né
nel tempo, né nelle località di commissione.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : si trattava di reati
omogenei commessi nello stesso periodo, in contiguità temporale e geografica,
trattandosi di località della stessa provincia; per altri condannati era stato
riconosciuto lo stesso vincolo pur in relazione ad episodi più distanti.Considerato in diritto
1. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con
ogni dovuta conseguenza di legge.2. Deve essere dapprima rilevata l’improponibilità del motivo che invoca l’esito di
istanze analoghe proposte da altri condannati, atteso che è assolutamente pacifico
che nella complessiva valutazione di cui all’art. 671 Cod. proc. pen. entrano plurime
componenti, anche soggettive, tra loro non equiparabili.Il ricorso è poi del tutto infondato nel merito delle sue prospettazioni. Occorre
invero ribadire, in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, che
difetta la concreta configurabilità della continuazione qualora i reati, oggetto di
separate sentenze di condanna, siano esplicazione di un sistema di vita dedito al
delitto, di tal che i singoli fatti finiscono per essere innescati da stimoli criminogeni
occasionali (cfr., ex multis, Cass. Pen. Sez. 2°, n. 18037 in data 07.04.2004, Rv.
229052, Tuzzeo; ecc.). Tale valutazione, resa nella fattispecie dai giudici del merito,
fondata su una lettura logica e congrua delle sentenze di cognizione, nonché basata
sull’insussistenza di conducenti elementi in capo all’istante (che aveva avanzato
richiesta alquanto generica), risulta incensurabile in questa sede di legittimità. Ciò
posto, consegue la manifesta infondatezza anche di quei motivi di ricorso che
1

o

invero detta Corte come l’interessato non avesse evidenziato elementi specifici a

invocano -quali elementi unificanti- l’omogeneità delle condotte e la vicinanza spazio
temporale, trattandosi di profili che non esauriscono la più complessa valutazione
della continuazione e che -pur se astrattamente significativi- non possono non cedere
a fronte della considerazione, in sé ostativa alla richiesta, dell’esplicazione di uno stile
di vita delinquenziale, aspetto centrale correttamente approfondito dall’impugnata
ordinanza, con valutazione in fatto non più discutibile davanti a questa Corte di
legittimità. In conclusione nessun elemento concreto sussiste -né l’istante l’ha fornitoche già nel Giugno 2003, all’inizio delle prime condotte illecite, il Filoni avesse

3. In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve
essere dichiarato inammissibile ex artt. 591 e 606, comma 3, Cod. proc. pen.Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza
del disposto dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua,
di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di
colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.Così deciso in Roma il 26 Novembre 2013 II Consigliere estensore

Il Presidente

progettato, con sufficiente specificità, le successive poste in essere nel Maggio 2004.-

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