Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17242 del 23/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17242 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

sul ricorso pr)posto da:
AMATO SANTO nato il 30/06/1942 a PALERMO
avverso la sentenza del 25/10/2016 del TRIBUNALE di FIRENZE
dato avviso aile parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Firenze ha condannato Santo
Amato alla pena di euro 2.600,00 di ammenda e al risarcimento dei danni a favore della
parte civile, in relazione al reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, ascrittogli per avere a
più riprese appiccato il fuoco a rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da pancali di legno,
sacchi di carta per cemento e canaline in plastica, prodotti dall’Impresa Edile Amato
Santo.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

state definiti come fuochi erano, in realtà, tracce di vecchie combustioni, risalenti a epoca
non databile e comunque di piccole dimensioni, trattandosi di fuochi accesi solamente per
cucinare cibi e non per smaltire materiale di cantiere, con la conseguente insussistenza di
qualsiasi pregiudizio per la parte civile derivante dalla accensione di tali fuochi, e quindi
l’erroneità della condanna al risarcimento dei danni dalla stessa asseritamente subiti.
Ha inoltre eccepito l’insussistenza di obblighi di controllo a carico
dell’imprenditore, non essendo emerso alcun legame tra le condotte contestate e l’attività
d’impresa.
Con memoria depositata il 26 gennaio 2018 la parte civile ha eccepito
l’inammissibilità del ricorso, in quanto affidato a censure relative alla ricostruzione della
vicenda sul piano storico, non consentite nel giudizio di legittimità, di cui ha comunque
affermato l’infondatezza, alla luce di quanto stabilito dall’art. 256 bis, comma 3, d.lgs.
152/2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo stato affidato a censure non consentite nel
giudizio di legittimità.
E’ necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità
non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia
portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la
sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez.
U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto,
Rv. 250362).
Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett. e),
cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia
pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o
un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n.
12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C.
1

violazione dell’art. 256 bis d.lgs. 152/2006, in quanto quelli che nella sentenza erano

in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata;
Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Mnervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 in data
11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Nel caso in esame il Tribunale è pervenuto ad affermare la responsabilità
dell’imputato sulla base di quanto concordemente riferito dal proprietario del fondo
confinante, costituito parte civile, dal figlio di costui e da un dipendente dell’imputato,
circa la ripetuta accensione di fuochi con materiali di cantiere all’interno del cantiere

rifiuti non pericolosi, ritenendone partecipe anche l’imputato per l’omessa vigilanza sul
proprio cantiere e sulla attività dei propri dipendenti, oltre che per la sua diretta
partecipazione in una occasione: si tratta di motivazione adeguata e immune da vizi
logici, trattandosi di ipotesi contravvenzionale punita anche a titolo di colpa, dunque
anche per l’omesso controllo sulla attività svolta dagli addetti al cantiere allestito
dall’imputato, non censurabile nel giudizio di legittimità sul piano del merito, con la
conseguente inammissibilità del ricorso.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

allestito dall’imputato, qualificando correttamente tale attività come di smaltimento di

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