Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17240 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17240 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
sul ricorso prgposto da:
GUARNIERI NIICO nato il 21/10/1989 a SANT’OMERO
avverso la sentenza del 01/06/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale
riforma della sentenza del 18/6/2014 del Tribunale di Teramo, con cui Nico Guarnieri era
stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione e di euro 1.400,00 di multa, in
relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, ha eliminato il beneficio
della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
Bonfiglio, e anche l’insufficiente considerazione nella determinazione della pena della
personalità dell’imputato e del reale disvalore delle condotte ascrittegli, giudicate gravi
dalla Corte d’appello nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
e l’assoluzione dell’imputato dalle altre condotte contestate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo dei motivi d’appello già adeguatamente
considerati dalla Corte territoriale, è inammissibile, sia perché affidato a doglianze
generiche, prive di autentico confronto critico con la motivazione della sentenza
impugnata, sia perché volto a sindacare la valutazione di merito in ordine alla
adeguatezza del trattamento sanzionatorio.
La Corte d’appello ha, infatti, sottolineato gli elementi posti a fondamento del
giudizio di attendibilità del teste Bonfiglio (costituiti dalla precisione di quanto dallo stesso
dichiarato a proposito delle modalità dell’accordo con l’imputato e della successiva
cessione della sostanza stupefacente, dalla assenza di elementi di segno contrario, dalla
indicazione della persona che gli aveva fornito il numero di telefono dell’imputato), e con
tali considerazioni, idonee a fondare in modo logico tale giudizio, il ricorrente ha omesso
di confrontarsi, limitandosi ad affermare genericamente l’insufficienza della motivazione
sul punto, con la conseguente inammissibilità della doglianza a causa della sua genericità
intrinseca ed estrinseca.
La censura in ordine alla misura della pena è volta a sindacare una valutazione di
merito compiuta dai giudici dell’impugnazione, di cui è stata fornita adeguata
giustificazione, attraverso il riferimento alla gravità dei fatti e ai precedenti dell’imputato,
sottolineando la mitezza della pena, in quanto prossima al minimo edittale: si tratta di
motivazione pienamente idonea a dar conto delle ragioni poste a fondamento del rigetto
della richiesta di riduzione della pena, immune da vizi logici (non essendovi contrasto sul
piano logico con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che hanno
diversa finalità) e non sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
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mancanza di motivazione riguardo alla ricostruzione del fatto e alla attendibilità del teste
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Consigliere estensore
Il Presidente
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.