Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1723 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1723 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TRIESTE
nei confronti di:
HODZIC DAMIR N. IL 29/11/1970
avverso la sentenza n. 495/2011 GIUDICE DI PACE di TRIESTE, del
07/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Gew ale in persona del po tt 1Z4)9.14.2„ 13,92) NUA
che ha concluso p r

R

Udito, per la parte
Uditi difens • A

ile, l’Avv

Data Udienza: 09/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice di Pace di Trieste, con sentenza del 17/2/2013, assolveva
Hodzic Damir dal reato di cui all’art. 10 bis D. L.vo 286 del 1998, contestato per
avere l’imputato fatto ingresso nel territorio nazionale ed esservi trattenuto privo
dei documenti e dei permessi di legge, con la formula “perché il fatto non
sussiste”.
Il Giudice osservava che l’agente di Polizia escusso aveva riferito che

aggiungendo di non avere notizia se egli avesse ottemperato.
Secondo il Giudice, poiché non vi era prova certa della violazione dell’ordine
di allontanamento, sussisteva un ragionevole dubbio della effettiva
consumazione del reato.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale di Trieste, deducendo
violazione di legge.
La condotta contestata – quella di ingresso nel territorio nazionale – si era
incontestabilmente perfezionata, come dimostrava l’identificazione dell’imputato;
né risultava operante la causa di improcedibilità prevista dall’art. 10 bis, comma
5, D. L.vo 286 del 1998, che richiede la prova ufficiale dell’esecuzione
dell’espulsione o dell’allontanamento.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

La motivazione della sentenza impugnata è assolutamente contraddittoria e
manifestamente illogica.
Il reato contestato – la cui legittimità costituzionale e la cui conformità
all’ordinamento dell’Unione Europea sono stati confermati dalla Corte
Costituzionale e dalla Corte di Giustizia dell’Unione – è integrato quando lo
straniero “fa ingresso” ovvero “si trattiene” nel territorio dello Stato in violazione
del testo unico.
Nel caso di specie l’ingresso clandestino pare essere pacifico, poiché Hodzic,
cittadino extracomunitario, era stato sorpreso a Trieste privo dei documenti di
identità e in assenza di un visto di ingresso e di un permesso di soggiorno,
circostanza da cui poteva desumersi il suo ingresso e il suo trattenimento
clandestino. In effetti, ai fini della configurabilità del reato di ingresso illegale nel

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l’imputato aveva ricevuto il decreto di espulsione dal territorio nazionale,

territorio dello Stato è sufficiente fornire la dimostrazione che il cittadino
extracomunitario sia sprovvisto di un titolo legittimante l’ingresso o soggiorno,
ovvero che questo non sia in grado di allegare detta documentazione (Sez. 1, n.
31998 del 17/05/2013 – dep. 23/07/2013, P.G. in proc. Hamani, Rv. 256503).

Il Giudice, tuttavia, si sofferma sulla circostanza che nei confronti
dell’imputato era stato emesso decreto di espulsione dal territorio nazionale: si
intende, dopo la sua identificazione, così come imposto dall’art. 13, comma 2, D.

L’incertezza sull’avvenuta presenza – al momento della decisione – sul
territorio dello Stato induce, del tutto illogicamente, il Giudice a dubitare “che
l’imputato abbia effettivamente commesso il reato”; il riferimento sembra essere
ai commi 4 e 5 dell’articolo 10 bis cit. che prevedono che il Questore comunichi
all’Autorità giudiziaria competente all’accertamento del reato l’avvenuta
esecuzione dell’espulsione ovvero del respingimento di cui all’art. 10, comma 2
(respingimento con accompagnamento alla frontiera) e che il Giudice, acquisita
tale notizia, pronunci sentenza di non luogo a procedere.

Ma, appunto, tale ultima pronuncia non è di assoluzione per insussistenza
del fatto – atteso che il reato si era già consumato al momento in cui lo straniero
clandestino era stato identificato – ma di proscioglimento per improcedibilità
sopravvenuta del reato contestato, in conseguenza del verificarsi di quella
specifica causa costituita dall’uscita dal territorio dello Stato da parte dello
straniero. Ciò si desume dal richiamo all’art. 345 cod. proc. pen., che prevede
che l’azione penale venga successivamente esercitata nel caso in cui
sopravvenga la condizione di improcedibilità in precedenza mancante.
In definitiva, la legge prevede una sentenza ai sensi dell’art. 529 cod. proc.
pen. (Il Giudice, acquisita la notizia … pronuncia sentenza di non luogo a
procedere”) e non, come avvenuto nel caso di specie, ai sensi dell’art. 530 cod.
proc. pen..

La sentenza impugnata, inoltre, pretende di equiparare gli effetti
dell’incertezza sulla presenza sul territorio dello Stato dello straniero al momento
della pronuncia a quelli della notizia ufficiale dell’esecuzione dell’espulsione o del
respingimento ai sensi dell’art. 10, comma 2 D. L.vo 286 del 1998;
implicitamente ritiene, quindi, che la condizione di improcedibilità sopravvenuta
sia integrata dalla mera assenza dal territorio dello Stato al momento della
decisione.
Così opinando, pare applicare – sia pure con la motivazione errata che si è

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L.vo 286 del 1998.

già censurata – il disposto dell’art. 529, comma 2, cod. proc. pen., che impone la
pronuncia di una sentenza di non doversi procedere anche “quando la prova
dell’esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria”.

In realtà, l’art. 10

bis D. L.vo 286 del 1998 non attribuisce affatto

all’assenza dal territorio dello Stato dello straniero extracomunitario clandestino
al momento della sentenza la valenza di causa di improcedibilità del reato: al
contrario, individua specifiche modalità certe ed ufficiali di uscita dal territorio sia

frontiera, art. 10, comma 1; straniero identificato all’uscita dal territorio
nazionale durante i controlli della polizia di frontiera, art. 10 bis, comma 2), sia
per disporre la cessazione del procedimento (avvenuta esecuzione
dell’espulsione ai sensi dell’art. 13 ovvero respingimento con accompagnamento
alla frontiera nei casi di cui all’art. 10, comma 2); pretende, inoltre, che tali
modalità vengano formalmente comunicate all’autorità giudiziaria dal Questore,
organo competente per l’esecuzione.

La sentenza impugnata deve, in definitiva, essere annullata con rinvio per
nuovo giudizio al Giudice di Pace di Trieste.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace
di Trieste.

Così deciso il 9 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

per non applicare ab origine la disposizione penale (straniero respinto alla

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