Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17212 del 15/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17212 Anno 2018
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: RENOLDI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Gnesi Carlo, nato a Pisa il 3/06/1961,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Pisa in data 20/01/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto
Procuratore generale, dott. Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso in data
21/04/2016, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa aveva
chiesto al tribunale della stessa città toscana, quale giudice dell’esecuzione, di
procedere, ai sensi dell’art. 674 cod. proc. pen., alla revoca di una serie di
sospensioni condizionali e di condoni in precedenza fruiti dal condannato.
Nel dettaglio, a causa della commissione da parte dello stesso Gnesi,
dall’ottobre al novembre 2006, del reato di circonvenzione di persone incapaci e
della conseguente condanna alla pena della reclusione per 2 anni 6 mesi e della
multa per 1.000,00 di euro inflitta con sentenza della Corte di appello di Firenze
del 20/01/2012, irrevocabile in data 8/01/2013, indicata al n. 19) del
menzionato provvedimento di cumulo, il pubblico ministero aveva chiesto la
revoca: a) della sospensione condizionale della pena della reclusione per 4 mesi

Data Udienza: 15/01/2018

e della multa per 200,00 euro inflitta con sentenza della Corte di appello di
Firenze in data 12/12/2003, irrevocabile il 12/02/2005 (in relazione al reato di
ricettazione, commesso nel maggio 1998) e della sospensione condizionale della
reclusione per 8 mesi e della multa di 200,00 euro inflitta, in relazione al delitto
di truffa, commesso dal marzo all’aprile 1998, con sentenza della Corte di
appello di Firenze in data 1/10/2004, irrevocabile il 27/11/2004, indicate
rispettivamente ai nn. 5) e 7) del cumulo; b) nonché, sempre a causa della
commissione del reato di cui alla condanna sub 19) del cumulo e in applicazione

misura di 3.614,00 euro di multa inflitta con decreto penale del Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Lucca in data 5/02/2003, esecutivo il
3/05/2003, in relazione al delitto di truffa commesso il 22/10/2000, nella misura
di 3 mesi di reclusione e 300,00 euro di multa, in ordine alla pena inflitta con
sentenza del Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio in data
12/10/2009, irrevocabile il 18/05/2010, per il reato di ricettazione, commesso il
21/12/1999, nella misura di 20 giorni di reclusione e 200,00 euro di multa, in
ordine alla pena inflitta con sentenza della Corte di appello di Firenze in data
6/05/2008, irrevocabile il 10/03/2009, per il reato di appropriazione indebita,
accertato nell’ottobre 2003, nella misura di 2 anni; 2 mesi e 22 giorni di
reclusione e di 640,00 euro di multa, disposta con ordinanza in data 10/11/2006
della Corte di appello di Firenze, in ordine al decreto di cumulo 17/03/2005 della
Procura generale di Firenze: indulti indicati, rispettivamente, ai nn. 4), 14), 16) e
17b) del cumulo indicato.
Con il provvedimento in esame, il Pubblico ministero, dopo avere premesso
che in caso di pluralità di reati occorre procedere, ove produca effetti più
favorevoli per il condannato, con il metodo dei cumuli parziali, ciascuno dei quali
è pari al residuo non ancora espiato del cumulo dei reati che precedono un
determinato periodo di espiazione, oltre alle pene comminate per i reati
commessi successivamente, aveva provveduto a rideterminare la pena
complessiva in 12 anni, 6 mesi e 25 giorni di reclusione e in 7.700 euro di multa,
sul presupposto che il richiesto provvedimento di revoca da parte del giudice
dell’esecuzione – poi effettivamente adottato con ordinanza dello stesso tribunale
toscano in data 24/05/2016 – fosse meramente ricognitivo di situazione
giuridiche determinatesi per legge, sì da poterne anticipare gli effetti nel calcolo
delle pene.
1.1. Con istanza presentata, in sede di incidente di esecuzione, davanti al
Tribunale di Pisa, Carlo Gnesi aveva chiesto l’annullamento del predetto cumulo,
deducendo che il pubblico ministero non avesse correttamente applicato il
criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen., secondo il quale, nel caso di concorso
di reati, la pena da applicare non può essere superiore al quintuplo -della pena

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dell’art. 1 comma 3, legge 31 luglio 2006, n. 241, dell’indulto applicato nella

più grave tra quelle concorrenti. Dopo avere premesso che il cumulo parziale
avrebbe dovuto rícomprendere anche le condanne di cui ai punti 17) e 18), oltre
a quelle di cui ai punti 15) e 16) del provvedimento in questione, il ricorrente
rilevò che il limite del quintuplo avrebbe dovuto essere applicato non rispetto al
singolo cumulo parziale, quanto piuttosto in relazione al cumulo totale.
2. Con ordinanza emessa in data 20/01/2017, il Tribunale di Pisa rigettò il
predetto incidente di esecuzione, osservando: che il pubblico ministero aveva
correttamente conteggiato, nel provvedimento di cumulo, sia le pene oggetto

eseguire a carico del condannato; che l’applicazione del limite del quintuplo della
pena più elevata non richiedeva che i reati oggetto del cumulo dovessero essere
almeno sei; che detto limite, secondo l’orientamento accolto da questa Corte di
legittimità, doveva essere applicato volta per volta in relazione ai singoli cumuli
parziali e non una sola volta, per tutte le condanne risultanti dalla sommatoria
dei cumuli parziali; che il calcolo della pena riferita al secondo cumulo parziale
doveva considerarsi corretto, non potendo includersi, in tale cumulo, le pene di
cui ai punti 17) e 18), in quanto relative a reati commessi, rispettivamente,
prima e dopo il secondo periodo di carcerazione, compreso tra il 27/07/2004 e il
4/08/2006, sicché, nel primo caso, la relativa pena era già stata rícompresa nel
primo provvedimento di cumulo parziale.
3. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo
stesso Gnesi a mezzo del difensore fiduciario, avv. Roberto Nocent, deducendo,
con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.,
la inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen.. In particolare, il ricorrente si duole della violazione della
legge penale in relazione all’art. 78 cod. pen., che non avrebbe dovuto essere
applicata al caso di specie se non prendendo in considerazione anche le sentenze
indicate ai punti 17) e 18) del cumulo, atteso che, soltanto in questo modo, si

delle sospensioni condizionali e degli indulti revocati, sia le pene ancora da

sarebbe arrivati a sei reati. Sotto altro aspetto, si deduce che il criterio
moderatore dell’art. 78 cod. pen. avrebbe dovuto essere applicato a tutti i reati
oggetti di revoca dell’indulto e della sospensione condizionale, essendo essi
anteriori al periodo della prima carcerazione e non successivi ad essa, come
erroneamente ritenuto dal giudice, con conseguente necessità di calcolare anche
i presofferti e le liberazioni anticipate.
4. In data 20/12/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha
depositato in Cancelleria la propria requisitoria scritta con la quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso, sul presupposto che l’impugnazione
costituisse mera riproposizione delle questioni già dedotte in sede di incidente di
esecuzione e correttamente affrontate e respinte nell’ordinanza impugnata.

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3,*

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, in ogni caso, ripropone,
sostanzialmente, le medesime questioni sulle quali il provvedimento impugnato
si è già pronunciato in maniera puntuale e con motivazione del tutto congrua.
2. Giova preliminarmente ricordare la regola posta dall’art. 78 cod. pen.,
secondo cui “nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 73, la pena da
applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo

per la reclusione; 2) sei anni per l’arresto; 3) lire trenta milioni per la multa e sei
milioni per l’ammenda; ovvero lire centoventicinque milioni per la multa e
venticinque milioni per l’ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento
indicata nel capoverso dell’articolo 133-bis.
Tale regola, tuttavia, non opera nel caso disciplinato dal successivo art. 80,
concernente il concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi
sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari. In tal
caso, infatti, deve procedersi alla formazione di cumuli parziali, a ciascuno dei
quali è applicabile il predetto criterio moderatore nel caso in cui la pena
derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma
predetta (Sez. 1, n. 4135 del 27/01/2015, dep. 1/02/2016, Bassora, Rv.
267302; Sez. 1, n. 40252 del 26/04/2012, dep. 12/10/2012, Di Paola, Rv.
253668; Sez. 5, n. 39946 del 11/06/2004, dep. 13/10/2004, Serio, Rv.
230135), procedendosi, in tal caso, dapprima alla detrazione, dal risultato del
cumulo parziale, del presofferto ed operando successivi, nuwii cumuli,
comprensivi della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati
successivamente commessi, fino all’esaurimento di queste ultime, previa
detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o
della pena di cui è cessata l’esecuzione (Sez. 5, n. 50135 del 27/11/2015, dep.
21/12/2015, Broegg, Rv. 265966).
3. Il pubblico ministero procedente e, quindi, il giudice dell’esecuzione, hanno
puntualmente applicato il summenzionato criterio.
Infatti, al 29/03/2000, data corrispondente alla commissione del reato
indicato al n. 8) del cumulo e immediatamente precedente al primo periodo di
carcerazione, il cumulo matematico delle pene risultava pari a 11 anni, 8 mesi e
15 giorni di reclusione, nonché a 5.870,00 euro di multa.
Dal momento che tale pena unica risultava superiore al quintuplo della pena
più grave tra quelle concorrenti, pari a 2 anni di reclusione, inflitta sia per il fatto
indicato al n. 12 del cumulo, sia per quello indicato al n. 3, si era proceduto a
determinare, in applicazione del criterio moderatore, la pena relativa al cumulo
parziale nella misura di 10 anni di reclusione e di 5.870,00 euro di multa; e da
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della più grave fra le pene concorrenti”, né comunque eccedere: 1) trenta anni

esso era stata correttamente detratta la pena presofferta, pari a sei mesi di
reclusione.
Quindi, onde procedere alla formazione del secondo cumulo parziale, si era
provveduto, secondo la cornice di principio ricordata, a sommare le pene inflitte
per i fatti commessi prima del successivo periodo di carcerazione, relative alle
sentenze indicate ai nn. 15 e 16 del provvedimento di unificazione di pene
concorrenti, pari, rispettivamente, a due anni e due mesi di reclusione e 700,00
euro di multa nonché a 20 giorni di reclusione e 200,00 euro di multa. In questo

venti giorni di reclusione e in 6.770,00 euro di multa, sul presupposto, da questo
Collegio integralmente condiviso, che “in presenza di cumuli parziali di pene
detentive per reati commessi in tempi diversi e con periodi di carcerazione
parimenti sofferti in tempi diversi, il limite del quintuplo della più grave fra le
pene concorrenti va commisurato autonomamente in riferimento a ciascun
cumulo e non eleggendo a base di computo complessivo la pena più grave
nell’ambito del primo parziale cumulo” (Sez. 1, n. 15806 del 29/03/2011, dep.
20/04/2011, P.G. in proc. De Marco, Rv. 249977) e in ogni caso detraendo,
secondo i criteri sopra ricordati, la pena già espiata in regime detentivo (nel caso
di specie dal 26/07/2004 al 4/08/2006), comprese le riduzioni per liberazione
anticipata (per complessivi 4 mesi e quindici giorni).
Una volta proceduto alla determinazione del secondo cumulo, il giudice
dell’esecuzione ha, quindi, provveduto, ancora una volta, all’ulteriore aumento in
relazione alle pene inflitte in relazione ai reati commessi successivamente al
ricordato, nuovo periodo di carcerazione, e segnatamente: la pena della
reclusione per la durata di mesi 9, inflitta con sentenza della Corte di appello di
Firenze in data 27/05/2010, irrevocabile il 24/05/2011 (concernente il reato di
omessa tenuta di scritture contabili, commesso il 1/04/2005) nonché la pena di 2
anni e 6 mesi di reclusione e di 1.000,00 euro di multa, inflitta con sentenza
della Corte di appello di Firenze del 20/01/2012, irrevocabile in data 8/10/2013,
confermativa della sentenza emessa in data 26/02/2009 dal Tribunale di Pisa in
relazione al delitto di circonvenzione di persone incapaci, commesso dall’ottobre
al novembre 2006, indicate rispettivamente ai nn. 18 e 19 del cumulo. E anche
in tal caso, il criterio moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen. è stato
commisurato autonomamente, senza eleggere a base del computo complessivo
la pena più grave nell’ambito del precedente cumulo parziale.
Dunque, il provvedimento impugnato, nell’esprimersi a favore della
correttezza del procedimento utilizzato dal pubblico ministero, ha fatto buon
governo dei principi dettati in materia di formazione del cumulo e di concreta
determinazione del trattamento sanzionatorio. E a fronte della puntuale
motivazione offerta, il ricorso non ha mostrato di confrontarsi con le

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modo, si era giunti a determinare la pena in complessivi undici anni, otto mesi e

argomentazioni svolte, articolando una serie di censure manifestamente
infondate, quali la necessità della espunzione delle sentenze indicate ai punti 17)
e 18) del cumulo ovvero che i reati oggetti di revoca dell’indulto e della
sospensione condizionale sarebbero stati anteriori al periodo della prima
carcerazione, laddove la esposizione che precede evidenza la pacifica
commissione degli stessi successivamente ad essa.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere,
pertanto, dichiarato inammissibile.

rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in 2.000,00 euro.

PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del proced~ e della somma di euro duemila in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 15/01/2018

Il Consig •er estensore

Il Presidente

Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e

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