Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17173 del 04/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 17173 Anno 2016
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso presentato nell’interesse di Adinolfi Michele, nato a Afragola (Napoli)
1’1-12-52, avverso il decreto emesso nell’ambito del proc. pen. nn. 46434/14
RGNR e 12645/15 RGGIP dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 26-10-15.
visti gli atti, il decreto ed il procedimento;
udita la relazione fatta dal consigliere, dott. Vincenzo Rotundo;

FATTO E DIRITTO
1 .-. Con il ricorso indicato in epigrafe il difensore di Adinolfi Michele ha chiesto
l’annullamento del decreto emesso in data 26-10-15, nell’ambito del proc. pen. nn.
46434/14 RGNR e 12645/15 RGGIP, dal GIP presso il Tribunale di Napoli, con il
quale è stata rigettata la richiesta di autorizzazione ad estrarre copia di tutte le richieste
e di tutti i decreti di autorizzazione e proroga delle intercettazioni telefoniche ed
ambientali richiamate negli atti del fascicolo, nonché delle bobine delle medesime
captazioni.
Il ricorrente premette che il GIP di Napoli, nell’archiviare in data 9-7-15 il
procedimento, aveva autorizzato il rilascio di copie a richiesta degli aventi diritto. In
data 9-10-15, a seguito della richiesta di copia integrale del fascicolo delle indagini
preliminari (comprese le bobine delle intercettazioni), il medesimo ricorrente aveva
ottenuto copia parziale degli atti, mancando non solo dette bobine ma anche i decreti di
intercettazione e proroga. Egli aveva, quindi, avanzato nuova richiesta in tal senso, ma
il 26-10-15 tale istanza era stata rigettata dal GIP “alla luce della informazione resa dal
P.M. in ordine alla pendenza di altri procedimenti a carico di terzi”, in cui gli atti
richiesti sarebbero confluiti: trattandosi di procedimenti in fase di indagine, doveva
necessariamente prevalere la “esigenza di segretezza” e si doveva altresì “salvaguardare
il diritto alla riservatezza degli altri soggetti in vario modo coinvolti nella vicenda”.
Questo provvedimento del 26-10-15 sarebbe, ad avviso del ricorrente, abnorme,
in quanto, pur essendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, sarebbe stato
emesso al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole
limite e realizzerebbe un atto palesemente irragionevole, in considerazione, da un lato,
del fatto che la copia degli atti era già stata autorizzata dal GIP e il contenuto delle
intercettazioni era già stato riportato nei brogliacci e, dall’altro, della possibilità di
omissare le conversazioni non ancora ostensibili.
2 .-. Questa Corte ha già chiarito che é inoppugnabile il provvedimento con il
quale il giudice per le indagini preliminari rigetta l’istanza della persona indagata di
rilascio di copia della richiesta di archiviazione all’esito di una valutazione degli
interessi coinvolti nel procedimento, non trattandosi di atto abnorme (v. da ultimo:
sentenza n. 14999 del 13/12/2013, Rv. 260884, Cisterna).

Data Udienza: 04/04/2016

Infatti l’art. 116 c.p.p., che disciplina la materia, non prevede la possibilità di
impugnare i provvedimenti adottati al riguardo, ne’ è rinvenibile nell’ordinamento
processuale altra disposizione che preveda una tale facoltà. Ne consegue che, in forza
del principio di tassatività dei provvedimenti impugnabili e dei relativi mezzi di
impugnazione (art. 586 c.p.p., comma 1) il ricorso per cassazione proposto avverso il
rifiuto di rilasciare copie di atti processuali deve ritenersi inammissibile (Sez. 6^, 11
aprile 1995, n. 1412, Iacovelli; Sez. 1^, 25 maggio 1994, n. 2498, Ascione; Sez. 6^, 10
maggio 1993, n. 1356, Di Napoli; Sez. 3^, 2 settembre 1993, n. 1851, Boccolato), a
meno che non si deduca l’abnormità del provvedimento, così come ha fatto il ricorrente
nel presente ricorso.
Tuttavia, nel caso in esame deve escludersi che il diniego del G.i.p. all’estrazione
di copia degli atti richiesti possa essere considerato atto abnorme e come tale
impugnabile direttamente in cassazione. Mancando una espressa definizione legislativa
di abnormità, la Cassazione ne ha ormai elaborato i tratti caratteristici, rinvenendoli
nell’atto che si ponga al di fuori dell’ordinamento e determini una stasi del
procedimento non altrimenti rimuovibile se non con l’impugnazione. Più precisamente
è affetto da tale vizio l’atto che, per “singolarità e stranezza” del suo contenuto si
presenti avulso dall’intero ordinamento processuale ovvero quello che, pur essendo in
astratto manifestazione di legittimo potere, sia emesso al di fuori dei casi consentiti e
delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite (Sez. un., 25 febbraio 2004, n.
19289, p.m. in proc. Lustri; Sez. 2^, 5 giugno 2003, n. 27716, p.o. in proc. Biagia; Sez.
un., 29 maggio 2002, n. 28807, Manca; Sez. un., 11 luglio 2001, n. 34536, p.g. in proc.
Chirico; Sez. un., 24 marzo 1995, n. 8, p.m. in proc. Cimili; Sez. un., 18 giugno 1993,
n. 19, p.m. in proc. Garonzi). Si è anche precisato che l’abnormità dell’atto processuale
può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto per la sua singolarità si ponga
al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale,
quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e
l’impossibilità di proseguirlo (Sez. 5^, 11 marzo 1994, n. 1465, p.m. in proc. Luchino;
Sez. 3″, 14 luglio 1995, n. 2853, p.m. in proc. Beggiato; Sez. 5^, 14 gennaio 1997, n.
87, p.m. in proc. Biancucei).
La vastità della casistica rende complicata l’individuazione dei caratteri comuni
dell’abnormità, che tuttavia appare identificabile, con una certa approssimazione, sotto
un duplice profilo: da un lato, il provvedimento abnorme è quello che presenta un forte
grado di eccentricità rispetto al sistema, risulta cioè estraneo e avulso all’ordinamento
processuale, inteso come complesso normativo unitario; dall’altro, la giurisprudenza
riconosce la natura abnorme anche all’atto che sia frutto di un esercizio del potere
processuale legittimo, ma che si caratterizzi per una carenza dei presupposti
particolarmente intensa, tanto da tradursi in irragionevolezza. Inoltre, perché ricorra
questa categoria di atto è necessario che non sia previsto alcun mezzo di impugnazione,
sicché il ricorso per cassazione rappresenta l’unico strumento per eliminare una
situazione che produrrebbe effetti irreversibili. Si tratta di una categoria di creazione
giurisprudenziale che finisce per integrare il sistema di invalidità degli atti,
introducendo un correttivo al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione
attraverso il rimedio del ricorso immediato per cassazione contro provvedimenti non
impugnabili autonomamente e comunque affetti da anomalie talmente radicali da
giustificare una forma di tutela.
Tenendo conto di quanto è stato detto dalla giurisprudenza di questa Corte
riguardo ai caratteri dell’abnormità, deve riconoscersi che il provvedimento del GIP del
Tribunale di Napoli oggetto del ricorso non rientra in tale categoria.
Non vi rientra ne’ dal punto di vista strutturale, ne” da quello funzionale, in quanto
si tratta di un provvedimento che non presenta alcun profilo di “eccentricità” che lo

Per questi motivi
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
Roma, 4-4-2016.

collochi al di fuori del sistema organico della legge processuale. In altre parole, l’atto
con cui si è negata la possibilità di estrazione di copia degli atti richiesti non può
qualificarsi come avulso o estraneo all’ordinamento giuridico, in quanto è lo stesso art.
116 c.p.p., che conferisce al giudice un tale potere, riconoscendogli un’ampia
discrezionalità nella valutazione dell’interesse della parte richiedente.
Infatti, l’art. 116 c.p.p., subordina il rilascio ad una valutazione discrezionale del
giudice e la stessa insussistenza di un diritto della parte interessata ad ottenere copia
degli atti di indagine è stata affermata dalle Sezioni unite di questa Corte (Sez. un., 3
febbraio 1995, n. 4, Sciancalepore), che ha confermato l’assunto secondo cui la norma
richiamata pone, come regola generale, una mera possibilità e non un vero diritto della
parte interessata ad ottenere il rilascio di copia degli atti.
Inoltre, deve escludersi una intrinseca irragionevolezza del diniego, tale da
compromettere il diritto di difesa di Adinolfi Michele. Il giudice ha rigettato la richiesta
sulla base di una valutazione comparativa avente ad oggetto, da un lato, l’interesse del
richiedente, che già aveva avuto conoscenza di quasi tutti gli atti di indagine, dall’altro,
il diritto alla riservatezza di terzi, dando prevalenza a quest’ultimo in forza di una scelta
che non assume i tratti dell’abnormità, intesa appunto come inaccettabile
irragionevolezza. Peraltro, dinanzi ad una richiesta di archiviazione l’indagato non
aveva particolari esigenze difensive da tutelare.
È vero che il difensore, nel tentativo di evidenziare l’interesse che avrebbe potuto
giustificare l’autorizzazione al rilascio della copia degli atti richiesti, ha rappresentato
l’esigenza in capo all’istante di verificare la correttezza procedimentale dell’iter
imposto dale norme del codice di rito con riguardo al mezzo di ricerca della prova in
parola e di controllare la corrispondenza tra quanto trasfuso nei brogliacci e quanto
effettivamente registrato nei nastri magnetici.
Tuttavia non sembra potersi sostenere che, stanti le sopra evidenziate esigenze,
l’istanza sia funzionale a tutelare il diritto di difesa in quel procedimento, dal momento
che si tratta di procedimento conclusosi con l’archiviazione e non può escludersi che la
richiesta sia diretta a verificare l’esistenza di temi estranei all’oggetto del procedimento.
Inoltre, non può parlarsi di stasi processuale, che è quella determinata da un atto
che non sia funzionale ad introdurre una pausa temporale nella progressione che porta
alla sentenza definitiva e che qualifica una situazione in termini di abnormità, ne’
tantomeno ricorre un’ipotesi di regressione indebita del procedimento, ritenuta
anch’essa tipico sintomo dell’abnormità del provvedimento. Nella specie, la richiesta di
cui all’art. 116 c.p.p., non si inserisce in alcuna fase processuale in corso, dal momento
che il procedimento si é concluso con l’archiviazione.
Pertanto, deve escludersi ogni ipotesi di “stasi processuale”, trattandosi di un
procedimento del tutto autonomo – del quale non è neppure certa la natura
giurisdizionale – e in cui l’atto conclusivo non è in grado di spiegare alcun effetto
preclusivo di medesime istanze o richieste, diversamente motivate e argomentate.
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché di una somma (che si quantifica in euro
cinquecento in considerazione della questione trattata) alla cassa per le ammende.

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