Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17163 del 06/10/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 17163 Anno 2018
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A.
B.B.

avverso la sentenza del 30/06/2016 della CORTE APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore Simone Perelli,
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. Edoardo Lorenzo Rossi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Milano del 06/12/2012 A.A. e
B.B. venivano condannati per i reati di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale di cui agli artt. 216 e 223 I.f., per avere, A.A. in
qualità di amministratore unico di L.P.M. Strade s.r.I., fallita il 20/01/2011, e
B.B. in qualità di liquidatore, distratto il complesso dei beni aziendali
(autocarri, escavatori, semirimorchi, rulli) della L.P.M. Strade, attraverso vendite

Data Udienza: 06/10/2017

in blocco, o altri negozi simulati, a Continental Trade s.r.I., senza alcun
corrispettivo, e con corrispondente depauperamento del patrimonio sociale, per
un importo di C 875.472,00, e per aver tenuto le scritture contabili in modo da
non consentire la ricostruzione del patrimonio e degli affari, registrando
fraudolentemente rimesse da Continental Trade quali “compensazioni”, “rimesse
dirette per cassa” ed “effetti attivi”; venivano, invece, assolti dal reato
contestato al capo A) dell’imputazione, concernente il cagionamento del
fallimento della società per effetto di operazioni dolose, consistite nella

asset patrimoniali e i rapporti economici attivi, al fine di proseguire le attività
sociali della LPM, che manteneva i rapporti debitori.

2. Con sentenza del 30/06/2016 la Corte di Appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Milano, ha riconosciuto le attenuanti
generiche a A.A. e l’attenuante di cui all’art. 114, comma 3, cod. pen. a
B.B., e, all’esito di un giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, ha
rideterminato le pene, confermando l’affermazione di responsabilità per i reati di
bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, e l’assoluzione dal reato
contestato al capo A) dell’imputazione, concernente il cagionamento del
fallimento della società per effetto di operazioni dolose.

3. Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione, con unico atto, A.A. e B.B., deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui
enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente
necessari per la motivazione.
3.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 518 e 522 cod. proc. pen.: la
motivazione della sentenza impugnata richiama integralmente quella di primo
grado; le cause del fallimento sono state individuate non nella costituzione della
new.co ,

ma nell’informativa della Prefettura che evidenziava alle stazioni

appaltanti il sospetto di infiltrazioni mafiose; tale informativa determinò il venir
meno di quasi tutti i contratti di appalto, e la società, che aveva circa 50
dipendenti e fatturava 12 milioni di euro, venne estromessa dal mercato;
l’assoluzione dalla contestazione concernente la costituzione della new.co non
può lasciare immutata la valutazione delle condotte distrattive contestate ai capi
B e C.
3.2. Vizio di motivazione: la condotta dell’imputato di cercare di salvare ciò
che di buono c’era nella società LPM, trasferendo i lavoratori e provvedendo al
pagamento del TFR, non può essere ritenuta distrattiva, anche sotto il profilo
dell’elemento soggettivo; il parziale mancato pagamento dei canoni di locazione

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costituzione di una new.co – la Continental Trade s.r.l. – in cui far confluire gli

e dei beni confluiti nella new.co è stato determinato dalle vicende economiche
della Continental, costituita per proseguire almeno in parte i lavori della LPM e
salvaguardare l’occupazione; fu infatti stipulato un contratto di affitto di ramo
d’azienda della durata di 5 anni, per un canone di 60 mila euro, e l’accollo del
TFR maturato dai dipendenti ceduti, da portare in compensazione con le prime
rate del canone; fu poi pattuita la cessione dei macchinari, perché, per
partecipare alle gare di appalto, occorreva la proprietà degli stessi; nonostante
l’obsolescenza, il valore dei macchinari fu sopravvalutato, ed individuato in C

ammessa al concordato preventivo, poi revocato per l’esposizione debitoria con
l’erario, e, dopo il fallimento, vi furono trattative tra il curatore e la Continental
per una soluzione transattiva.
In ordine a tali circostanze la Corte ha omesso qualsiasi motivazione in
merito alla fraudolenza delle operazioni ed all’elemento soggettivo.
3.3. Vizio di motivazione: la stima superiore dei macchinari, effettuata dalla
new.co , lungi da qualsiasi ipotesi fraudolenta, che avrebbe fondato una stima al
ribasso, costituisce un riscontro della volontà di proseguire nell’attività con la
nuova società e nel frattempo corrispondere il dovuto alla fallita.
3.4. Vizio di motivazione in relazione alla bancarotta documentale: lamenta
che la sentenza non abbia motivato in ordine alla bancarotta fraudolenta
documentale, pur avendo il curatore evidenziato l’assoluta congruità dal punto di
vista formale delle scritture contabili della LPM, né abbia motivato in ordine alla
riqualificazione in bancarotta semplice, di cui all’art. 217 n. 5 I.f., concernente
l’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni assunte in un precedente
concordato preventivo o fallimentare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Con il primo motivo si lamenta una violazione di legge in relazione al
principio di correlazione tra imputazione e sentenza, derivante dall’assoluzione
degli imputati dal reato di cagionamento del fallimento di cui all’art. 223, comma
2, n. 2, I.f.
La doglianza è manifestamente infondata, in quanto è pacifico che, per
aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi
elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi
astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto

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875.472,00; dopo la messa in liquidazione, nell’ottobre 2009, la LPM venne

dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez.
U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
Nel caso in esame, il fatto storico contestato ai capi BeCè rimasto
inalterato nella contestazione e nell’accertamento, concernendo la distrazione dei
beni aziendali della società fallita in favore della new.co . ed i relativi artifici
contabili, e non risulta in alcun modo modificato dall’assoluzione dal reato
contestato al capo A, concernente la costituzione della new.co .; la circostanza
che la causa del fallimento sia stata individuata nell’informativa ‘atipica’ della

recesso di quasi tutte le stazioni appaltanti dai contratti di appalto stipulati dalla
fallita, e che, di conseguenza, la costituzione della nuova società sia stata
valutata come un tentativo di ‘salvare’ le attività imprenditoriali della LPM, non
priva di rilevanza penale le condotte distrattive e di falsificazione delle scritture
contabili accertate con riferimento ai capi B e C.
Ne consegue, dunque, che non sussiste alcuna violazione del principio di
correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto
nell’ambito della contestazione (ex multis, Sez. 3, n. 5463 del 05/12/2013, dep.
2014, Diouf, Rv. 258975).

3. Le doglianze proposte sotto il profilo del vizio di motivazione in relazione
ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale sono inammissibili,
non soltanto perché i tre motivi proposti, che meritano una valutazione
congiunta, ripropongono le medesime censure proposte con l’atto di appello, e
motivatamente respinte dalla Corte territoriale, senza alcun confronto
argomentativo con la sentenza impugnata

(ex plurimis,

Sez. 3, n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n.
13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456), ma anche perché sono
manifestamente infondati, e perché propongono motivi diversi da quelli
consentiti dalla legge (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.), risolvendosi in
doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.
3.1. Va innanzitutto evidenziata l’inammissibilità delle doglianze relative alla
valutazione probatoria degli elementi di fatto integranti le condotte distrattive e
di falsificazione delle scritture contabili, in quanto sollecitano,

ictu ocull, una

rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità; infatti, pur essendo
formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai
sensi dell’art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un
sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale
(Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del

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Prefettura sui sospetti di infiltrazione mafiosa della società, che ha determinato il

30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina,
Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una
motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi
della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. -, ma
una decisione erronea,

in quanto fondata su una valutazione asseritamente

sbagliata, che non avrebbe adeguatamente considerato la finalità perseguita
dagli imputati di ‘salvare’ le attività imprenditoriali della società fallita mediante

prosecuzione dell’attività.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra
decisione,

non già il rapporto tra prova e decisione;

motivazione e

sicchè il ricorso per

cessazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile,
deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento
della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in
quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e
valutativo della Corte di Cassazione.
Ebbene, le censure proposte concernono la ritenuta erroneità e/o parzialità
della valutazione probatoria formulata dal giudice di merito, e prospettano una
lettura alternativa del compendio probatorio, ribadendo, peraltro, doglianze già
proposte e disattese, con diffusa motivazione, dal provvedimento impugnato.
3.2.

Tanto premesso, esclusa l’ammissibilità di una rivalutazione del

compendio probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata ha fornito logica e
coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni
prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
Al riguardo, infatti, va evidenziato che, nel caso in esame, ricorre il
frequente fenomeno societario della ‘scissione’ di una società in crisi, che, allo
scopo di superare lo stato di difficoltà in cui versa l’impresa, separa le passività
(il c.d. badwill), lasciato nella c.d. bad company, dalle attività (il c.d. goodwill),
che vengono trasferite alla società di nuova costituzione, la c.d. new company.
Sebbene in dottrina sia stato osservato che le fattispecie incriminatrici che
astrattamente possono venire in rilievo ai fini della qualificazione sono tre (la
bancarotta fraudolenta impropria per distrazione, la bancarotta fraudolenta
impropria da reato societario, in riferimento all’art. 2629 cod. civ., che punisce le
scissioni contra legem, e la bancarotta per effetto di operazioni dolose), la
giurisprudenza di questa Corte ha sovente affermato il principio che integra il
reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di società,
successivamente dichiarata fallita, mediante conferimento dei beni costituenti
l’attivo alla società beneficiaria, qualora tale operazione, sulla base di una

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costituzione della new.co e trasferimento dei beni strumentali necessari per la

valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui
operava l’impresa al momento della scissione, si riveli volutamente
depauperativa del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella
prospettiva della procedura concorsuale (Sez. 5, n. 13522 del 21/01/2015, Di
Cesare, Rv. 262964; Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Alfano, Rv. 260393).
Pur avendo chiarito che, in caso di scissione mediante costituzione di nuova
società, l’assegnazione a quest’ultima di rilevanti risorse non costituisce di per sé
un fatto di distrazione (Sez. 5, n. 10201 del 18/01/2013, Marzona, Rv. 254788),

tutti gli elementi attivi alla società beneficiaria, qualora detta operazione sulla
base di una valutazione in concreto, avuto riguardo alla situazione di dissesto
dell’originaria società al momento della scissione, si riveli avulsa dalle finalità
dell’impresa fallita, volutamente depauperativa del patrimonio aziendale e
pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non
essendo in tal caso le tutele previste dagli artt. 2506 e seg. cod. civ. di per sé
idonee ad escludere il danno o il pericolo per le ragioni creditorie (Sez. 5, n.
6404 del 08/10/2014, dep. 2015, Ferla, Rv. 262723), sottolineando che tale
manovra assume i connotati dell’operazione distrattiva per l’assenza di un
concreto vantaggio economico e per l’impossibilità di continuare l’attività di
impresa (Sez. 5, n. 15715 del 28/11/2013, dep. 2014, Vigilante, Rv. 262762).
Secondo quanto evidenziato da Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Alfano,
Rv. 260393, ciò che rileva è che una determinata operazione, anche
astrattamente riconducibile ad una categoria di atti gestionali leciti e disciplinati
dall’ordinamento (ad esempio, l’affitto di azienda, in determinate condizioni,
avente ad oggetto l’intero complesso aziendale della fallita, in modo da privare
quest’ultima della concreta possibilità di proseguire nella propria attività),

“per le

modalità con le quali è stata realizzata, si presenti come produttiva di effetti
immediatamente e volutamente depauperativi del patrimonio (…) ed in
prospettiva pregiudizievoli per i creditori laddove si addivenga ad una procedura
concorsuale”.
Con particolare riferimento alla scissione, ha osservato ancora la sentenza n.
42272 del 2014, le tutele normative accordate ai creditori risultano inidonee ad
escludere interamente il danno, o quanto meno il pericolo, per le ragioni dei
creditori, in quanto, se è vero che ad essi è riconosciuto il diritto di rivalersi sui
beni conferiti alle società beneficiarie, che rimangono obbligate per i relativi
debiti, “è vero altresì che un pregiudizio per gli stessi è comunque ravvisabile
nella necessità di ricercare detti beni” e che, soprattutto, “all’esito di tale ricerca i
creditori potranno trovarsi nella condizione di dover concorrere con i portatori di
crediti nel frattempo maturatisi nei confronti delle società beneficiarie, con la

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questa Corte ha affermato la natura distrattiva dell’operazione di conferimento di

concreta possibilità che tanto riduca le possibilità di un effettivo soddisfacimento
delle loro pretese”.
Pertanto, nel ribadire il principio secondo cui integra il reato di bancarotta
per distrazione l’operazione di scissione di una società, successivamente
dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di
rilevante valore, qualora tale operazione – astrattamente lecita – sulla base di
una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in
cui operi la società poi fallita al momento della scissione, nonché di ulteriori

depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella
prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dagli
artt. 2506 e seg. cod. civ. di per sé idonee ad escludere ogni danno o pericolo
per le ragioni creditorie (Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv.
264078), va dunque sottolineato che, ai fini del giudizio sulla configurabilità del
reato, è necessaria

“una valutazione in concreto”,

che tenga conto della

“effettiva situazione debitoria in cui versava la società poi fallita al momento
della scissione”,

essendo pacifico, ai fini penalistici, che uno schema

civilisticamente lecito (come la scissione) possa essere utilizzato per realizzare
uno scopo penalmente illecito.
Tanto premesso, dalla ricostruzione dei fatti accertata dalle sentenze di
merito emerge che la situazione in esame concerne l’attribuzione alla società
beneficiaria (Continental Trade) di tutti gli elementi attivi della società scissa,
che restava priva di mezzi e di dipendenti, rimanendo gravata dell’intero passivo
fino a quel momento dalla stessa accumulato, e così assumendo la sostanziale
natura di quella che viene definita come una bad company.
La sentenza impugnata ha, infatti, affermato la tipicità della bancarotta
fraudolenta per distrazione sul rilievo che i beni ceduti alla new.co (Continental
Trade) tra il settembre ed il dicembre 2009 ed i canoni previsti dal contratto di
fitto di ramo d’azienda, a prescindere dalle finalità perseguite, non furono mai
pagati, se non in minima parte; invero, successivamente alla manifestazione dei
segni di crisi finanziaria (determinata dalla radicale contrazione dei fatturati,
indotta dalla c.d. informativa atipica antimafia, e dagli accertamenti fiscali per
omesse contribuzioni tributarie già notificati), la LPM stipulò con la new.co
Continental Trade, costituita nel luglio 2009, e di fatto amministrata dallo stesso
A.A. (amministratore di diritto della LPM), un contratto di affitto di ramo di
azienda della durata di 5 anni, che prevedeva l’acquisizione di maestranze,
macchinari ed alcuni contratti di appalto per un corrispettivo annuo di C
60.000,00; e successivamente vennero ceduti ulteriori beni, per un importo
complessivo di C 875.472,00, senza considerazione del reale valore degli stessi,

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operazioni poste in essere a danno della società poi fallita, si riveli volutamente

ridotto a circa 500.000,00 in ragione dell’obsolescenza; tali cessioni vennero
perfezionate senza alcun termine per i pagamenti, senza individuazione delle
modalità di pagamento, e senza prestazione di garanzie da parte della società di
nuova costituzione, che, dopo circa tre mesi, venne messa in liquidazione.
Condotte che, all’evidenza, hanno comportato un distacco di beni e di attività
senza adeguata contropartita, con conseguente compromissione dell’integrità del
patrimonio sociale della fallita e della garanzia dei creditori.
La sentenza impugnata appare congruamente motivata in ordine agli indici

situazione debitoria della società fallita.
Sotto il primo aspetto, invero, l’assegnazione alla società beneficiaria della
totalità dell’attivo della LPM poneva quest’ultima nell’impossibilità di continuare
ad operare e di pagare i debiti interamente rimasti a carico della stessa, senza
che alcun vantaggio fosse individuabile per la stessa come risultato della
scissione; sotto il secondo profilo, l’operazione faceva seguito non solo
all’accumulo di significativi debiti tributari (già oggetto di accertamenti notificati
nel 2008 e nel luglio 2009, proprio in concomitanza con la costituzione della
new.co ), ma altresì alla significativa contrazione del fatturato (da 10/12 milioni
di euro a 350 mila euro) determinata dall’informativa atipica antimafia ricevuta.
Da tali elementi veniva coerentemente desunto che l’operazione era
preordinata ad abbandonare la LPM al fallimento (come pure ammesso
dall’imputato, che ha riferito del suggerimento dei consulenti di

“far morire in

maniera soft” la società), creando per ciò solo, oltre che per i già evidenziati
pericoli di un effettivo ed integrale recupero di quanto dovuto, un concreto
pregiudizio per i creditori della fallita.
3.2.1. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, infine, va chiarito che la
finalità perseguita dall’imprenditore di consentire, mediante trasferimento dei
beni e delle attività ad una nuova società, la prosecuzione delle attività
imprenditoriali della società poi fallita non sarebbe, di per sé, elemento in grado
di escludere la coscienza e volontà del fatto (le condotte distrattive e di
falsificazione delle scritture contabili), trattandosi del mero movente dell’azione,
della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l’autore
ad agire, facendo scattare la volontà; al riguardo, è pacifico che il

movente

dell’azione, pur potendo contribuire all’accertamento del dolo, costituendo una
potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volontà del
fatto, della quale può rappresentare, invece, il presupposto (Sez. 1, n. 466 del
11/11/1993, dep. 1994, Hasani, Rv. 196106: “Il movente è la causa psichica
della condotta umana e costituisce lo stimolo che ha indotto l’individuo ad agire;
esso va distinto dal dolo, che è l’elemento costitutivo del reato e riguarda la

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distrattivi dell’operazione, individuati sia nelle modalità della stessa, che nella

sfera della rappresentazione e volizione dell’evento”;

Sez. 6, n. 5541 del

02/04/1996, Tosi, Rv. 204874).
Viceversa, l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per
distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria
la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare
pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al
patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle
obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv.

3.3. Anche in ordine alla doglianza concernente la bancarotta fraudolenta
documentale, con riferimento alla quale i ricorrenti lamentano il vizio di
motivazione in relazione all’affermazione del curatore fallimentare dell’assoluta
congruità sotto il profilo formale delle scritture contabili, nel ribadire
l’inammissibilità di un motivo, peraltro estremamente generico, che propone una
rilettura del materiale probatorio, va evidenziato che la sentenza impugnata ha
esaustivamente motivato, avendo accertato l’esistenza di una serie di
“irregolarità, dal punto di vista sostanziale, nella tenuta della contabilità”,
integrate dalla registrazione di operazioni di “compensazioni”, “rimesse dirette
per cassa” ed “effetti attivi” in relazione a crediti che la Continental Trade
avrebbe assunto in seguito al pagamento di debiti della LPM Strade nei confronti
di creditori chirografari; rapporti contabili tra le due società che, tuttavia, non
risultavano documentati e riscontrati, nè erano suscettibili di ricostruzione, in
assenza di informazioni extracontabili, e che, sul rilievo che gli “aggiustamenti
contabili” fossero diretti ad indurre i creditori a ritenere che la LPM Strade non
vantasse più crediti ingenti nei confronti della Continental Trade, hanno fondato
una valutazione di fraudolenza, tale da escludere la mera bancarotta semplice
pure invocata dagli imputati.

4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in
Euro 2.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause
di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della
sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di
inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi
di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

9

266805).

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma il 06/10/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Giuseppe Riccardi

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Depositato in Can
Roma, lì

4.21

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e

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