Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17161 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17161 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: CIANFROCCA PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
Savino Loredana, nata a Afragola il 15.10.1971,
contro la sentenza del Tribunale di Napoli del 5.7.2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 5.7.2017 il Tribunale di Napoli, di fronte al quale
Loredana Savino era stata rinviata a giudizio per rispondere dei reati di cui agli
artt. 640ter cod. pen. e 55, comma 9, del D. Lg.vo 231 del 2007 (in quanto,
intervenendo fraudolentemente sul sistema telematico interbancario, aveva
effettuato online una operazione di ricarica del proprio conto gioco SNAI per
l’importo di Euro 100, successivamente prelevato con la propria Postpay),
ritenuta la tempestività dell’eccezione ed alla luce di quanto risultante dal capo di
imputazione (in merito al riferimento sia all’art. 9, comma 1, cod. proc. pen. che
alla competenza distrettuale per il reato per cui si procede), osservava che la
competenza per territorio a conoscere dei fatti di reato, commessi in data
successiva al 13.9.2013, apparteneva al Tribunale di Napoli Nord, non risultando
risolutivo né il criterio di cui all’art. 16 cod proc. pen. né le regole generali di cui
all’art. 8 cod proc. pen. sconoscendosi il luogo in cui l’agente aveva conseguito
vuoi il profitto della truffa informatica che quello dell’indebito impiego dello
strumento di pagamento, aveva perciò giudicato corretto il riferimento al luogo

Data Udienza: 28/03/2018

(Afragola) in cui era stata consumata parte dell’azione (ovvero l’attivazione della
carta) coincidente, peraltro, con quello di cui al comma 9, comma 2, cod. proc.
pen.;
2.

ricorre per Cassazione, tramite il difensore, Loredana Savino,

lamentando inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale in
relazione agli artt. 23 e 439 cod. proc. pen.; rileva, in particolare, che gli atti
erano stati restituiti al giudice del dibattimento laddove, invece, avrebbero
invece dovuto essere restituiti al GUP perché procedesse alla adozione di un

requisiti del decreto che dispone il giudizio vi è anche la indicazione del luogo,
del giorno e dell’ora della comparizione, indicazioni che competono al GUP e che
non possono essere rimessi ad altro soggetto quale il giudice del dibattimento in
sede di trasmissione degli atti.
3.

Il ricorso è manifestamente infondato atteso che, del tutto

correttamente, il giudice del dibattimento, rilevando la propria incompetenza per
territorio, ha trasmesso gli atti non già al GUP ma al Tribunale competente per il
giudizio.
Nel caso di specie, infatti, il GUP che aveva emesso il decreto di rinvio a
giudizio era quello “distrettuale” e la sentenza in verifica aveva declinato la
competenza a favore di un Tribunale compreso all’interno del Distretto; la
restituzione degli atti al GUP, allora, avrebbe comportato la regressione del
procedimento di fronte a quello stesso ufficio che aveva già adottato il decreto di
rinvio a giudizio di fronte al Tribunale successivamente dichiaratosi incompetente
per territorio.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire deve ritenersi abnorme il
provvedimento con cui il giudice dibattimentale, investito di giudizio in ordine a
reato rientrante tra quelli di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., dichiari
la propria incompetenza per territorio e trasmetta gli atti, anziché direttamente
al giudice ritenuto competente a celebrare il dibattimento, al giudice dell’udienza
preliminare distrettuale per l’individuazione di quello infradistrettuale
territorialmente competente (cfr., Cass. Pen., 1, 27.5.2014 n. 32.821, confl.
comp. in proc. Magno; Cass. Pen., 1, 11.6.2009 n. 28.868, confl. comp. in proc.
Della Ventura).
4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi
ragione alcuna d’esonero.

7

nuovo e corretto decreto di rinvio a giudizio; osserva, a tal proposito, che tra i

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2018
Sentenza a motivazione semplificata

Pierluigi

ensore

Il Presidente
Piercanqillo Davigo

Il Consiglier

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