Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17159 del 05/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17159 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LA MACCHIA ALBERTO N. IL 12/01/1986
avverso la sentenza n. 1289/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
12/04/2012
dato avviso alle patti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERCAMILLO
DAVIGO;

Data Udienza: 05/02/2013

R.G. 24225/12
Motivi della decisione
La Macchia Alberto ricorre avverso la sentenza di applicazione pena
12.4.2012 del G.I.P. del Tribunale di Torino, per il reato di cui all’art. 55
comma 9 D. Lgs. 231/2007, lamentando vizio di motivazione in relazione
alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
È generico non essendo indicate le specifiche ragioni per le quali
verso, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’obbligo della
motivazione, imposto al giudice dall’art. 111 Cost. e dall’art. 125, comma
terzo, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, opera anche rispetto a quelle di
applicazione della pena su richiesta delle parti. Tuttavia, in tal caso, esso
non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della
sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto
concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è
necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli
atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione
– anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che
non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento a norma del
citato art. 129. (Cass. Sez. 1^ sent. n. 752 del 27.1.1999 dep. 22.3.1999 rv
212742).
In tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza in
relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen. può anche essere meramente enunciativa. Invero, poiché la
richiesta di applicazione della pena deve essere considerata quantomeno
come ammissione del fatto (quando non la si voglia addirittura ritenere
ammissione di responsabilità o implicito riconoscimento di colpevolezza), il
giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo se manchi un
quadro probatorio idoneo a definire il fatto come reato o se dagli atti già
risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza

avrebbe dovuto essere pronunziata sentenza di assoluzione, per altro

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che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta di
applicazione della pena. (Cass. Sez. 5″ sent. n. 4117 del 20.9.1999 dep.
29.9.1999 rv 214478).
In ogni caso la sentenza del giudice di merito che applichi la pena
su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di
proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal
testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause
18.6.1999 dep. 9.10.1999 rv 215071).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di millecinquecento euro, così equitativamente fissata in ragione
dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Roma, 5.2.2013.

di non punibilità di cui all’art. 129 succitato. (Cass. Sez. 3″ sent. n. 2309 del

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