Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17155 del 16/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17155 Anno 2018
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
MARTINELLI MARIO nato il 14/08/1964 a SAN CIPRIANO D’AVERSA

avverso l’ordinanza del 9/11/2017 del Tribunale di Napoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola;
sentite le conclusioni del Sostituto procuratore generale Dr. Fulvio Baldi, che ha
concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
uditi i difensori Avv. Giuseppe Stellato e Avv. Giuseppe Gianzi, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 9/11/2017, in sede di
giudizio di rinvio all’esito dell’annullamento dell’ordinanza emessa dallo stesso
Tribunale in data 9/3/2017, per effetto della sentenza del 21 settembre 2017
della Corte di cassazione, sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere
applicata nei confronti dell’indagato Martinelli con la misura degli arresti
domiciliari, previa qualificazione dei fatti oggetto dell’originaria contestazione di
cui all’art. 416 bis cod. pen., quale condotta integrante il delitto di cui agli artt.
110 e 416 bis cod. pen.
2. Con l’originaria ordinanza il Tribunale partenopeo, mentre riteneva
sussistente il quadro indiziario in relazione ad una serie di episodi di corruzione
e turbativa d’asta, ascritti anche all’odierno indagato, annullava l’ordinanza del

Data Udienza: 16/03/2018

G.i.p. limitatamente alla contestazione concernente la partecipazione del
Martinelli (in qualità di “imprenditore di fiducia della famiglia camorristica
Russo”) all’associazione di stampo mafioso denominata “clan dei casalesi”. Il
Tribunale, dopo avere dato atto del contenuto delle dichiarazioni rese dai
collaboratori di giustizia Caterino Massimiliano e Misso Giuseppe, aveva rilevato
la genericità delle informazioni fornite dalle fonti dichiarative e, quindi,
l’inidoneità di quei dati nell’indicare e dimostrare quale fosse il contributo
dell’indagato nella realizzazione del programma dell’associazione criminale;

collaboratori, circa la posizione del Martinelli, da loro indicato come imprenditore
di fiducia, comunque collegato, alla famiglia Russo, entrambi i dichiaranti non
aveva it’r)erò fornito indicazioni specifiche sui rapporti tra il Martinelli e il clan
(quali la natura e la tipologia di lavori eseguiti nell’interesse del sodalizio, le
modalità di aggiudicazione, l’esistenza di pressioni esercitate dal clan per
assicurare tali affidamenti, così come di sostegni finanziari dell’organizzazione
all’attività d’impresa). Il Tribunale aveva ritenuto che anche le narrazioni sugli
episodi estorsivi messi in atto in danno del Martinelli fossero di ostacolo alla
verifica dell’ipotesi di accusa, risolvendosi in dati che contrastavano con
l’ipotizzato inserimento del Martinelli nel sodalizio. Infine, aveva esaminato
ulteriori dati indiziari apprezzati nell’ordinanza applicativa della misura (il
collegamento del Martinelli con l’imprenditore Garofalo, anch’egli indicato
concordemente come soggetto legato da comuni interessi ai clan camorristici
della zona ove operava il Martinelli; la conoscenza da parte dell’indagato delle
relazioni di dipendenza di imprese operanti nel territorio di Casapesenna con le
organizzazioni mafiose del territorio) ritenendoli non significativi dell’inserimento
stabile del Martinelli, escludendo altresì la possibilità di ravvisare un’ipotesi di
concorso esterno, difettando in quegli stessi elementi l’esistenza di dati obiettivi
utili per individuare il concreto e specifico contributo fornito dall’estraneo al
sodalizio.
3.

La Corte di cassazione con la sentenza del 21 settembre 2017 annullava

l’ordinanza del Tribunale di Napoli, limitatamente al giudizio espresso sulla
contestazione concernente l’imputazione di cui all’art. 416 bis cod. pen.
4. Rilevava la Corte che il giudizio di genericità espresso era fondato su
un’analisi parziale e viziata delle dichiarazioni, che non aveva tenuto conto degli
argomenti logici insiti negli interventi di personaggi di spicco della criminalità
organizzata operante in quel territorio (Russo Corrado), a fronte di richieste
estorsive rivolte nei confronti del Martinelli, interventi diretti alla protezione del
Martinelli stesso; nell’indicazione del Martinelli quale imprenditore che aveva
forti legami, anche per il vincolo di parentela con Garofalo Aniello e Garofalo

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aveva osservato che, a fronte della concorde definizione fornita dai

Pasquale (rispettivamente suocero e cognato del Martinelli), con la famiglia
camorristica dei Russo, indicazione proveniente da Misso Giuseppe che, quale
cassiere del gruppo camorristico, doveva evidentemente conoscere quella
circostanza in ragione delle contribuzioni che venivano effettuate dagli
imprenditori al gruppo criminale organizzato; nel dato descrittivo fornito ancora
dal , collaboratore Caterino, che aveva chiarito la natura del legame tra il
Martinelli e il sodalizio (in posizione di reciproco interesse, per le contribuzioni
che effettuava il Martinelli e per la protezione assicurata all’imprenditore sui

portava a definire il Martinelli come “imprenditore di fiducia” del clan, dato che
avrebbe dovuto essere valutato dal Tribunale per verificare se fosse indicativo di
una posizione di collusione dell’imprenditore (operazione che il Tribunale aveva
invece declinato, ritenendo che la stessa fosse stata già operata dal
dichiarante).
5. Ritenevano i giudici di legittimità che la valutazione di quegli elementi,
collocati in un quadro complessivo caratterizzato dal particolare significato
dell’intraneità con i Garofalo (che il Tribunale aveva ridotto al solo elemento dei
rapporti di affinità tra i soggetti, trascurando il comune ambito imprenditoriale e
il documentato strettissimo legame tra i Garofalo e gli esponenti di vertice del
sodalizio), doveva condurre a concentrare l’attenzione del Tribunale sul
significato delle contribuzioni dovute dal Martinelli in favore del sodalizio.
6. Il provvedimento veniva pertanto annullato per nuovo esame sul punto,
anche per le necessarie valutazione delle possibili qualificazioni giuridiche (in
termini di partecipazione all’associazione ovvero, in alternativa, quale contributo
concorsuale esterno all’attività del sodalizio) dei fatti oggetto di contestazione.
7. Con il provvedimento impugnato in questa sede, il Tribunale, premesso il
giudizio di attendibilità dei collaboratori Caterino Massimiliano e Misso Giuseppe
(per i ruoli a lungo ricoperti, il primo uomo di fiducia di Zagaria Michele, il
secondo esponente di rilievo della fazione Schiavone, avendo inoltre assolto alle
funzioni di cassiere del gruppo), giudizio positivo peraltro già espresso in altri
procedimenti giudiziari, evidenziava la convergenza delle indicazioni dei
dichiaranti sulla collocazione del Martinelli tra gli imprenditori del territorio
fortemente legati al sodalizio facente capo alla famiglia Russo (come si traeva
dalle indicazioni ricevute da Misso Giuseppe sugli imprenditori che erano tenuti
al versamento di contribuzioni in favore delle casse del sodalizio e dalle notizie
riferite dal Caterino sull’immediato intervento a protezione dell’imprenditore da
parte di Russo Corrado, vertice riconosciuto del sodalizio, appena avuta notizia
di una richiesta estorsiva in favore della famiglia Zagaria, diretta nei confronti
del Martinelli). Aggiungeva quali ulteriori elementi di portata indiziaria gli

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cantieri e per ogni evenienza che avesse richiesto l’intervento del sodalizio) che

episodi relativi all’anno 2012, concernenti una richiesta rivolta da Russo Corrado
a Caterino Massimiliano, per proteggere il Martinelli che era stato raggiunto da
una richiesta estorsiva da parte di esponenti della famiglia Venosa, nonché il
danneggiamento con colpi d’arma da fuoco di un fabbricato realizzato dalla
famiglia Garofalo, in cui avrebbe preso parte nella progettazione il Martinelli,
episodi che avevano destato stupore negli esponenti di spicco del sodalizio,
ritenendo incomprensibile che imprenditori legati alla protezione della famiglia
Russo potessero essere attinti da azioni intimidatorie.

delle dichiarazioni e all’inattendibilità delle stesse, per aver documentato che
sino all’anno 2009 il Martinelli non aveva condotto attività d’impresa nel settore
edile (avendo svolto attività di insegnante presso istituti di istruzione), non
fossero fondate, sia per la ricordata precisione e convergenza delle
dichiarazioni, sia per la possibilità che l’attività negli anni precedenti al 2009
fosse stata svolta in via di fatto e senza necessità di formale iscrizione presso il
registro delle imprese.
9. Allo stesso modo, il Tribunale riteneva che le denunciate discrasie in
ordine alle indicazioni dei collaboratori sul luogo di residenza del ricorrente e di
Garofalo Aniello, non erano sussistenti per la corrispondenza dei luoghi indicati
dai collaboratori con le aggiornate indicazioni topografiche. Quanto alla
qualificazione giuridica dei fatti, il Collegio riteneva che, mentre difettavano le
condizioni per riconoscere nelle condotte accertate gli estremi della
partecipazione al sodalizio, di certo ricorrevano gravi elementi indiziari per
affermare il concorso esterno del Martinelli all’associazione per delinquere di
stampo mafioso, per il contributo fornito dall’imprenditore in cambio della
protezione assicurata dal gruppo criminale. Infine, per ciò che riguardava il
profilo delle esigenze cautelari, il Tribunale osservava che le valutazioni già
espresse in relazione agli altri addebiti cautelari con il provvedimento annullato
(ma non impugnato dall’odierno ricorrente in ordine alla riconosciuta
sussistenza delle esigenze cautelari) andavano confermate poiché il
riconoscimento dell’ulteriore contestazione cautelare rafforzava il giudizio sulla
sussistenza delle esigenze cautelari; riteneva che la misura attualmente
applicata all’indagato (per effetto di una revisione

in melius

a seguito

dell’accoglimento di appello ex art. 310 cod. proc. pen.), considerando l’assenza
di un collegamento diretto tra il ricorrente e il sodalizio, risultava adeguata
rispetto al grado e all’intensità delle esigenze di cautela.
10.

Propone ricorso per cassazione la difesa del Martinelli; con il primo

motivo di ricorso deduce la violazione di legge, in relazione agli artt. 110, 416 bis
cod. pen., art. 273 cod. proc. pen., oltre che il vizio di omessa valutazione e

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8. Il Tribunale riteneva che le deduzioni difensive relative alla genericità

travisamento della prova ed omessa motivazione, in ordine alle deduzioni
difensive. Lamenta il ricorrente che il Tribunale non abbia preso in esame i
plurimi profili evidenziati con la memoria e la documentazione allegata, che
dimostravano l’inattendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori, perché
entrambi generici nelle affermazioni e incapaci di fornire elementi obiettivi di
riscontro circa le attività d’impresa svolte dal Martinelli; con ulteriori deduzioni, il
ricorrente ha osservato che la motivazione del Tribunale, nel superare sia la
mancanza di riscontri agli specifici episodi indicati come avvenuti nell’anno 2012,

ricorrente solo dopo l’anno 2009, era del tutto mancante, o al più apparente, per
alcuni temi, e manifestamente illogica per altri.
11. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione di
legge, in riferimento agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e il conseguente difetto
di motivazione; la risalenza nel tempo dei fatti astrattamente contestati e la
funzione limitata del Martinelii dovevano condurre il Tribunale a ritenere
insussistenti le esigenze di cautela.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il ricorso è nel suo complesso infondato.
1.2. Quanto al primo motivo di ricorso deve, in primo luogo, osservarsi che
il provvedimento impugnato, muovendosi nei precisi limiti del giudizio di rinvio,
non aveva alcun obbligo di rivalutare sotto il profilo dell’attendibilità le
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; tale profilo non era stato oggetto di
censure con l’impugnazione proposta dal P.M. e la Corte di cassazione aveva
dato per accertata l’attendibilità dei dichiaranti, avendo perimetrato l’oggetto
dell’annullamento, individuato nel contenuto delle dichiarazioni ritenute
erroneamente generiche dal Tribunale, sollecitando un nuovo giudizio sulle
correlazioni logiche tra i diversi contributi dichiarativi per accertare la
sussistenza del quadro indiziario in ordine alla contestazione formulata
dall’ufficio del P.m. Peraltro, il provvedimento impugnato si è dato comunque
carico di tale onere motivazionale, assolto con motivazione sintetica ma
completa, e priva di vizi logici; il Tribunale ha fondato il proprio giudizio sulla
posizione ricoperta dai dichiaranti nell’ambito del sodalizio, posizione per
entrambi di assoluto rilievo e che logicamente doveva comportare una
conoscenza approfondita dei legami del clan con i gruppi imprenditoriali (pag.
10 dell’ordinanza); sulla convergenza delle circostanze riferite in relazione alla
collocazione del Martinelli nel gruppo degli imprenditori legati all’organizzazione
criminale da rapporti di reciproco interesse economico e consistenti in sostegni

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sia il dato documentale dello svolgimento di attività d’impresa da parte del

economici assicurati dagli imprenditori al gruppo, in cambio di protezione per
l’esercizio dell’attività d’impresa e di garanzie sulla continuità delle opportunità
di svolgimento di lavori e appalti.
Per altro verso, va considerato che il ricorrente intende contrastare le
affermazioni del Tribunale appellandosi ad un giudizio di inattendibilità che
poggia le sue basi su valutazioni di merito, che non sono consentite in questa
sede e che dovrebbero concernere episodi e circostanze che sono ultronee
rispetto alle indicazioni dei collaboratori.

Tribunale ha trattato riguarda non l’attribuzione di singoli specifici fatti al
Martinelli, quanto il ruolo ricoperto, ruolo che i collaboratori hanno indicato (in
modo tra loro convergente, ciò che costituisce da sé valido elemento di riscontro
muovendosi peraltro in ambito cautelare) attraverso le informazioni acquisite
sul coinvolgimento in episodi percepiti direttamente (Caterino) ovvero per
notizie e circostanze apprese (Misso) attraverso altri soggetti stabilmente
inseriti nel sodalizio (Letizia). Ha, quindi, individuato ulteriori riscontri in ordine
alla dichiarata posizione privilegiata del Martinelli, quale imprenditore protetto
dal clan della famiglia Russo, riferendo. di altri contributi dichiarativi che
attestavano la convinzione, diffusa tra i partecipi del gruppo organizzato, che il
Martinelli ricoprisse quel particolare ruolo.
Il collegio ha considerato le censure rivolte dalla difesa del ricorrente,
ritenendole o limitate a specifici episodi (come tali non in grado di demolire il
giudizio attendibilità espresso, come per la vicenda riferita dal Misso e non
riscontrata per la mancanza di prove sul coinvolgimento del Martinelli
nell’attività di costruzione descritta), ovvero contrastate da argomenti logici che
appaiono accettabili, specie se correlati al particolare contesto ambientale in cui
si sono manifestate le attività di collusione del Martinelli con il clan (contesto nel
quale non era certamente insolito che talune attività d’impresa fossero condotte
di fatto, facendo apparire quali formali titolari altri soggetti, come risultava del
resto per il particolare legame tra il Martinelli e i Garofalo, certamente attivi
nello stesso settore dell’edilizia).
Con specifico riguardo a tale aspetto va considerato che la circostanza
dedotta dalla difesa, quanto alla verificata circostanza che il Martinelli non
svolgesse attività di impresa, neppure di fatto, nel periodo indicato dai
collaboratori di giustizia perché dipendente presso istituti di istruzione,
costituisce elemento del tutto irrilevante, poiché la stessa documentazione
prodotta dal ricorrente dimostra che l’attività d’impresa, formalmente intrapresa
in un momento successivo a partire dall’anno 2009, veniva svolta mentre il
Martinelli proseguiva nello svolgere l’attività di insegnante; sicché la circostanza

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Deve rilevarsi, infatti, che in questa sede l’oggetto delle informazioni che il

che la difesa indica come ostativa nell’ ipotizzare che il Martinelli potesse avere
svolto di fatto attività d’impresa è neutralizzata dalla capacità del Martinelli del
contemporaneo svolgimento di attività libero professionali e di proseguimento
dell’attività di insegnamento.
Anche l’ulteriore censura che si muove alla motivazione, nella parte relativa
alla valutazione delle indicazioni relative al luogo di abitazione del Martinelli da
parte dei dichiaranti, è infondata poiché il Tribunale ha motivatamente ritenuto
che, avendo riguardo ai mutamenti nella toponomastica, le indicazioni fornite

In definitiva, la motivazione del provvedimento impugnato risulta
logicamente adeguata e idonea a sorreggere il giudizio espresso.
1.3. Infondato è il motivo relativo alla censura del provvedimento nella
parte concernente la valutazione delle esigenze cautelari; a fronte di una critica,
fondata genericamente sul dato della distanza temporale tra l’epoca di
commissione dei fatti e il momento dell’applicazione della misura, e della limitata
funzione svolta dal ricorrente, la motivazione del Tribunale indica le ragioni
logiche (da collegare alla complessiva valutazione degli addebiti cautelari, che
non possono certo definirsi di limitato valore sintomatico alla luce del numero
delle condotte contestate e dell’ulteriore accertamento della condotta
concorsuale esterna rispetto alle attività del sodalizio mafioso) che hanno indotto
ad affermare la sussistenza delle esigenze cautelari, già riscontrata in relazione
agli addebiti concernenti i reati di corruzione e turbativa d’asta (e in relazione
alla quale non è stata proposta impugnazione da parte della difesa), anche in
relazione al delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen., operando altresì la
valutazione in ordine all’adeguatezza della misura meno afflittiva degli arresti
domiciliari che ha tenuto conto della specifica situazione in cui il Martinelli ha
operato e della porta del suo contributo.
2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 16/3/2018.

Il Consigli
Ser

estensore
Paola

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dai collaboratori erano coincidenti con l’effettivo domicilio del Martinelli.

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