Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17153 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17153 Anno 2016
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ORLANDO SAVERIO N. IL 31/01/1972
avverso l’ordinanza n. 1291/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
15/12/2015
ROCCHI;
t
sent . ta la relazione fatta dal Consigliere Dot A
)
/sentite le conclusioni del PG Dott. C-5))/ ,’*1 17M (..;
N15-

Udit i difensor A

Data Udienza: 05/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Bologna, in

accoglimento dell’appello proposto dal P.M. avverso quella del G.I.P. dello stesso
Tribunale di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare
dell’obbligo di dimora nei confronti di Orlando Saverio, applicava ad Orlando tale
misura e dettava le conseguenti prescrizioni.
La misura era stata chiesta dal P.M. in relazione alla scadenza dei termini di

il pericolo di reiterazione criminosa alla luce del periodo di custodia in carcere
subita e del rispetto degli obblighi derivanti da quella degli arresti domiciliari.
Il Tribunale rigettava l’eccezione della difesa dell’indagato secondo cui non vi
era prova che il G.I.P. avesse provveduto su richiesta del P.M., ravvisando una
correlazione funzionale tra tale richiesta e il provvedimento adottato (entrambi
depositati lo stesso giorno, senza indicazione dell’ora); nel merito, rilevava che
Orlando e gli altri indagati avevano dato origine ad un’associazione criminale
specializzata nei furti agli sportelli bancomat con l’uso di esplosivo, già operativa
da tempo, dotata di autoveicoli potenti, ricetrasmittenti, targhe false, esplosivo,
indumenti idonei a non lasciare tracce, così dimostrando una notevole
professionalità, oltre che temerarietà e spregiudicatezza; tenuto conto della
recidiva specifica e della mancanza di resipiscenza, sussisteva un allarmante
pericolo di recidiva, non eliminabile dalla condotta tenuta nel periodo trascorso
agli arresti domiciliari.
Il pericolo era concreto ed attuale: poiché Orlando era inserito in contesti
delinquenziali particolarmente agguerriti, le occasioni per la reiterazione
criminosa si presentavano con continuità. Il Tribunale riteneva adeguata la
misura dell’obbligo di dimora.

2.

Ricorre per cassazione il difensore di Orlando Saverio, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione.
L’appello cautelare del P.M. era inammissibile in quanto non era provato che
l’ordinanza reiettiva del G.I.P. fosse stata emessa a seguito della richiesta della
Procura, alla quale il provvedimento non faceva alcun riferimento.
Il ricorrente censura la violazione dell’art. 307 cod. proc. pen., che permette
l’applicazione di una misura solo se sussistono le ragioni che avevano
determinato la custodia cautelare: il Tribunale aveva ritenuto sussistenti le
esigenze cautelari ora come allora, nonostante gli elementi offerti dalla difesa e
senza una verifica attuale e concreta del pericolo di reiterazione criminosa. Del
resto, il P.M. non aveva fatto alcun riferimento, nella sua richiesta, alla
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custodia cautelare in precedenza applicata; il G.I.P. aveva ritenuto insussistente

persistenza delle esigenze cautelari.
In un ulteriore motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione
alla prognosi di reiterazione del reato: il Tribunale non aveva fatto altro che
riproporre le considerazioni esposte nell’ordinanza ex art. 309 cod. proc. pen.,
omettendo di prendere in considerazione le circostanze concrete concernenti
Mascia e, in particolare, quella del lavoro per quattro mesi nel periodo degli
arresti domiciliari. L’affermazione relativa alla possibilità del ripresentarsi di
occasioni per commettere nuovi delitti era apodittica e congetturale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente ripropone la tesi della mancanza di prova della correlazione tra
la richiesta cautelare presentata dal P.M. e l’ordinanza di estinzione della
custodia cautelare in carcere, tesi già avanzata davanti al Tribunale del riesame,
tralasciando del tutto l’ampia motivazione dell’ordinanza impugnata che, del
tutto ragionevolmente, osserva che la mancata indicazione dell’orario di deposito
dei due atti consegue alla circostanza che il termine per la scarcerazione non era
stabilito ad ore, ma a giorni, aggiungendo che il provvedimento del G.I.P. è, in
realtà, correlato e giustificato dalla lettura della richiesta del P.M. (pur non
menzionandola espressamente) sia dal punto di vista logico che giuridico: in
effetti, non solo l’argomentazione relativa all’insussistenza di esigenze cautelari
non sarebbe stata giustificata logicamente se il G.I.P. non avesse visionato la
richiesta del P.M., ma il principio – ripetutamente affermato – della necessità di
tale richiesta, in assenza della quale il Giudice non può adottare alcun
provvedimento cautelare in occasione della scarcerazione per decorrenza dei
termini di custodia, induce a ritenere che la motivazione sarebbe stata del tutto
superflua in assenza di una preventiva domanda.

2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono infondati.
L’art. 307 cod. proc. pen., consentendo l’adozione di misure sostitutive solo
se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare, va
interpretato nel senso di ricomprendere tanto l’ipotesi di permanenza di tutte,
alcune, o una sola delle esigenze originarie, quanto quella di sopravvenienza di
nuove esigenze, intervenute alla stessa data della scarcerazione o anche in
epoca successiva (Sez. 6, n. 26458 del 12/03/2014 – dep. 18/06/2014, Riva e

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Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

altro, Rv. 259975).

Il Tribunale non avrebbe potuto affermare la persistenza delle originarie
esigenze, all’atto di adozione della misura sostitutiva, omettendo di compiere
qualunque verifica in concreto, in quanto la norma impone una verifica della loro
persistenza nel momento in cui viene a cessare il termine di custodia cautelare;
del resto, come esattamente afferma il ricorrente, il pericolo di reiterazione
criminosa deve essere attuale e concreto.

ricorrente, non ha affatto omesso tale verifica: non si è limitato a valutare la
rilevanza e gravità delle esigenze cautelari alla luce delle modalità della
condotta, dell’organizzazione professionale dell’associazione, della lunga
operatività del sodalizio criminoso e del precedente penale specifico di Orlando,
ma ha anche affrontato il tema degli effetti della custodia cautelare subita,
sottolineando la mancanza di una resipiscenza e valutando come insufficienti otto
mesi di arresti domiciliari, con prestazione lavorativa per un periodo inferiore,
per mutare il quadro cautelare, così da poter esprimere una prognosi favorevole
in ordine alla futura reiterazione di condotte illecite.
Anche le ulteriori considerazioni relative alla possibilità che a Orlando si
presentino nuove occasioni di commettere il delitto – benché non correlate a
qualche specifica condotta tenuta nel corso della misura – non appaiono astratte
e congetturali, in quanto correlate all’inserimento dell’indagato in un contesto
delinquenziale, alla sua indubbia professionalità e alla frequenza dei reati contro
il patrimonio (dato, quest’ultimo, che può essere considerato notorio).

Le censure del ricorrente, in definitiva, devono essere rigettate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 5 aprile 2016-

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ma il Tribunale di Bologna, contrariamente a quanto sostenuto dal

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