Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17141 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17141 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tabares Aguido Walter, nato a Turbo Antiqua (Colombia) il 23/08/1968

avverso l’ordinanza del 09/11/2017 del Tribunale di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Francesco
Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Paola Verga, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 9 novembre 2017, il Tribunale del riesame di Milano, ha
respinto la richiesta di riesame, ex art. 309 cod.proc.pen., proposta da Tabares
Aguido Walter, avverso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del

Data Udienza: 20/02/2018

Tribunale di Milano, in data 27/11/2010, con il quale era stata applicata la misura
della custodia cautelare in carcere nei confronti del predetto Tabares, in relazione al
reato di cui agli artt. 110 cod.pen. 73 comma 1 e 80 comma 2 d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, relativo al tentativo di importazione di kg. 600 di cocaina, commesso
in Milano e Panama nel 2008, reato per il quale il predetto era stato condannato
con sentenza del Tribunale di Milano alla pena di anni sei di reclusione (oltre la
multa), rispetto al quale confermava la permanenza dell’esigenza cautelare del

Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano, notificato al ricorrente in
data 20/10/2017, a seguito di esecuzione MAE.

2. Propone ricorso per cassazione Tabares Aguido Walter, a mezzo del
proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– Violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275 cod.proc.pen. e vizio di
motivazione in relazione alla sussistenza del pericolo di fuga ritenuto nell’ordinanza
genetica risalente a ben sette anni prima. Il Tribunale cautelare avrebbe ritenuto
sussistente il pericolo di fuga senza considerare che, a seguito di modifica dell’art.
274 ad opera della legge n. 47 del 2015, esso deve essere connotato dall’attualità e
concretezza si da dimostrare l’imminenza della fuga, non potendosi dare rilievo
all’assenza di elementi per ritenere che il prevenuto abbia abbandonato gli ambienti
criminali.
– Violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275 cod.proc.pen. e vizio di
motivazione in relazione alla sussistenza del concreto e attuale pericolo di recidiva a
distanza di oltre nove anni dai fatti, non avendo considerato il Tribunale l’incidenza
del tempo trascorso dai fatti sulla permanenza del pericolo di recidiva.
– Violazione di legge in relazione all’art. 275 n. 3 bis cod.proc.pen. e vizio di
motivazione in relazione all’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari.

3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivi manifestamente
infondati ed anche, in parte, generici.
5. Va preliminarmente ricordato che costituisce principio consolidato e più
volte affermato dalla Corte di cassazione, quello per cui, in tema di impugnazione

pericolo di recidiva e di fuga, già posta a base del provvedimento genetico del

delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se
denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità
della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
Giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 5, n.

6.

Ciò premesso, il Collegio cautelare, con accertamento di fatto

insindacabile in questa sede poiché corredato da congrua motivazione, ha respinto
la richiesta di revoca/sostituzione della misura cautelare in atto applicata al Tabares
sul presupposto della persistenza attuale e concreta delle esigenze cautelari poste a
base dell’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere, e ciò ha fatto con
motivazione adeguata e corretta in diritto.

7. Escluso alcun affievolimento delle esigenze cautelari in ragione del lasso
di tempo trascorso dai fatti, dovendosi avere riguardo ad una valutazione
complessiva della fattispecie concreta di reato realizzata, della sua gravità, posta in
relazione al tempo da essa trascorso ed “attualizzata” nella prognosi di reiterazione
criminosa e di fuga, (Sez. 5, n. 39792 del 29/05/2017, Saracino, Rv. 271119; Sez.
3, n. 43113 del 15/09/2015, K., Rv. 26552; Sez. 6, n. 47819 del 24/11/2003,
Camilleri, Rv. 227430), il Tribunale cautelare ha argomentato il pericolo di fuga con
ampia e articolata motivazione e, muovendo dall’analisi della fattispecie concreta tentata importazione di chilogrammi 600 di cocaina- ha tratto la conclusione del
pericolo attuale di fuga, e segnatamente: dalla circostanza che l’imputato era
pienamente inserito nel narcotraffico a livello internazionale, operando in Colombia,
Olanda e Spagna, luoghi ove è stato coinvolto in altrettanti processi penali
(circostanza che non trova smentita nell’affermazione difensiva dell’assoluzione da
un processo in Olanda), dai contatti con il noto carello di Medellin, da cui la capacità
di procurarsi centinaia di chilogrammi di sostanza stupefacente, in uno con le
rilevanti disponibilità economiche finanziarie derivanti dal narcotraffico, in grado di
assicuragli una latitanza e, da ultimo, dall’assenza di elementi per ritenere che egli
abbia abbandonato gli ambienti criminali dediti al narcotraffico.
Tale motivazione appare immune da censure e rispettosa dei principi che
governano la materia cautelare, rispetto alla quale la censura dell’assenza di
attualità del pericolo, meramente fondato sull’assenza di elementi per ritenere
l’uscita dal circuito criminale, non trova risconto nel tessuto argomentativo, avendo

46124 dell8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997).

il Tribunale esaminato una pluralità di elementi da cui ha tratto il condivisibile
convincimento dell’attualità e concretezza del pericolo di fuga.
A tale riguardo osserva, il Collegio, che contraria a diritto è l’affermazione
difensiva secondo cui l’attualità e concretezza del pericolo di recidiva debba essere
fondata sulla prova dell’imminenza ovvero della prova dell’occasione per la fuga.
Questa Corte ha, con decisione condivisibile, affermato il principio di diritto
secondo cui in tema di misure cautelari, il requisito della attualità del pericolo di

dalla legge n. 47 del 2015, richiede la formulazione di un giudizio prognostico in
base al quale ritenere, senza il ricorso a formule astratte e non verificabili in
concreto, che sia imminente la sottrazione dell’indagato al processo e, in caso di
condanna, alla irrogazione della pena (Sez. 3, n.18496 del 11/01/2017,
F.,Rv. 269630).
Il pericolo di fuga concreto e attuale richiede, dunque, una valutazione
globale degli elementi, non collegata a mere formule di stile, elementi che il giudice
della cautela ritenga significativi, al momento della valutazione cautelare,
dell’attualità e concretezza del pericolo di fuga e, tuttavia, tale attualità non deve
essere desunta necessariamente da comportamenti materiali, che rivelino l’inizio
dell’allontanamento o una condotta indispensabilmente prodromica, essendo
sufficiente accertare con elevato giudizio prognostico – ancorato, oltre che alla
concreta situazione di vita del soggetto, alle sue frequentazioni, ai precedenti
penali, ai procedimenti in corso, anche a specifici elementi vicini nel tempo l’inclinazione del soggetto a sottrarsi all’esecuzione di misure cautelari e, quindi, un
effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento, difficilmente
eliminabile con tardivi interventi (Sez. 5, n. 7270 del 06/07/2015, Giuliano,
Rv. 267135).
A tale principi si è attenuto il Tribunale milanese laddove ha ritenuto
sussistente il concreto e attuale pericolo di recidiva fondato sulla valutazione di
plurimi elementi convergenti in tale senso, con motivazione tutt’altro che
stereotipata ed esaustiva.

8. Anche con riferimento alla lamentata mancanza di attualizzazione del
pericolo di recidiva, parametro valutativo oggi espressamente previsto dall’art. 274,
lett. c) dalla novella di cui alla legge n. 47 del 2015, il ricorso non mostra ragioni di
fondatezza ed è anche generico.
Nel richiamare, in breve, l’orientamento che il Collegio condivide secondo cui
il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art.

fuga di cui all’art. 274, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., nel testo modificato

274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, accanto al requisito
della concretezza, non costruisce un elemento di novità, avendo normativizzato il
principio giurisprudenziale, preesistente alla novella della necessità dell’attualità del
pericolo da valutarsi in relazione alla situazione concreta dedotta della vicenda
cautelare, e dunque sta ad indicare la continuità del periculum libertatis nella sua
dimensione temporale (Sez. 3, n. 12921 del 17/02/2016, Mazzilli, Rv. 266425),
situazione che comporta che entrambi i requisiti devono essere necessariamente

sopravvivenza del pericolo di recidivanza al momento della adozione della misura in
relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda
cautelare (Sez. 5, n. 43083 del 24/09/2015, Maio, Rv. 264902), dovendo tale
continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, essere
apprezzata, in caso di richiesta di revoca e/o sostituzione e valutata all’esito di una
valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del
soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non
sottoposto a misure – sicchè appaia probabile, anche se non imminente, la
commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri,
Rv. 271216), appare manifestamente infondata la doglianza difensiva declinata
quale carenza di motivazione.
La valutazione prognostica, in cui si sostanzia la valutazione del pericolo di
attualità del pericolo di reiterazione del reato, richiede una valutazione circa la
probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di
pericolosità personale dell’indagato dal momento di consumazione del fatto sino a
quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dall’analisi soggettiva della
sua personalità, sia sulla presenza di condizioni oggettive ed “esterne” all’accusato,
ricavabili da dati ambientali o di contesto – quali le sue concrete condizioni di vita in
assenza di cautele – che possano attivarne la latente pericolosità, favorendo la
recidiva.
Il Tribunale di Milano, proprio applicando gli orientamenti di legittimità qui
condivisi, ha analizzato tutti i parametri valutativi in gioco in una visione d’insieme
che ha portato ad una decisione finale di sussistenza dell’attualità del pericolo che
giustifica la misura in atto. Il Tribunale cautelare ha dato rilievo, ai fini della
permanenza del pericolo di recidiva, alla pericolosità sociale derivante
dall’inserimento del ricorrente in circuiti criminali dediti al traffico di stupefacenti,
dimostrato anche dalla pena edittale irrogata significativa di tale inserimento, dalla
gravità del fatto contestato (tentativo di importazione di chilogrammi 600 di

valutati alla luce della concreta situazione cautelare per la verifica della

cocaina), motivazione tutt’altro che carente come sostiene la difesa, ed immune da
censure sindacabili in questa sede.
9. Infine, quanto al terzo motivo di ricorso, rileva il Collegio che il Tribunale
cautelare ha escluso la sostituzione della misura in atto applicata con quella degli
arresti domiciliari, sul duplice rilievo della indisponibilità di un alloggio al momento
della decisione e comunque sull’inadeguatezza del medesimo (posto al confine con
la Svizzera) a fronte del conclamato pericolo di fuga, da cui il giudizio di

esigenze cautelari del pericolo di fuga e di recidiva nella dimensione rilevata.
Motivazione che non presenta profili di illogicità manifesta.

10. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia
stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

11. La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94,
comma 1-ter, disp. att. cod.proc.pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma att. cod. proc.
pen.

Così deciso il 20/02/2018

inadeguatezza e di indispensabilità della misura in atto applicata a fronteggiare le

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