Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1714 del 25/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1714 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Dezi Federico, nato a Roma il 18.10.1986 avverso l’ordinanza emessa
dal tribunale del riesame di Roma in data 11.3.2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con ordinanza adottata in data 11.3.2013 il tribunale del riesame di
Roma, in qualità di giudice di appello, dichiarava inammissibile l’appello
proposto nell’interesse di Dezi Federico avverso l’ordinanza con cui il

Data Udienza: 25/09/2013

giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, in data
8.11.2012, aveva rigettato l’istanza di revoca dell’amministratore
giudiziario “per mala gestio”, formulata dal suddetto Dezi nell’ambito del
procedimento penale n. 28851/2007, relativo a fatti di bancarotta
fraudolenta per distrazione, in cui l’appellante aveva subito il sequestro

2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per Cassazione il Dezi, a mezzo del suo difensore di fiducia,
lamentando violazione di legge con riferimento all’art. 322 bis, c.p.p.,
disposizione che, ad avviso del ricorrente, consente di impugnare tutte
le ordinanze in materia di sequestro preventivo successive a quella
applicativa della misura cautelare reale, senza alcuna distinzione di
sorta.
3.

Il

ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché

manifestamente infondato.
4.

Ed invero, come chiarito dall’orientamento dominante nella

giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, premesso che in
tema di sequestro preventivo la decisione di nominare un
amministratore giudiziario ai sensi dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p. per
consentire la gestione e l’esercizio del complesso dei beni aziendali non è
obbligatoria ma è rimessa alla sfera discrezionale del giudice (cfr. Cass.,
sez. III, 28/02/2013, n. 13041, I., rv. 255115), le questioni che
attengono alla conservazione e gestione dei beni in sequestro ed alla
esecuzione del provvedimento impositivo del vincolo reale, coinvolgendo
scelte imprenditoriali in ragione della particolare natura dei beni in
sequestro (quote sociali di una società), sono, per definizione, questioni
che si riferiscono a provvedimenti esecutivi della ordinanza che, con la
imposizione vincolo del sequestro, ha nominato un custode ai sensi
dell’art. 259 c.p.p., disposizione normativa dettata per il sequestro
probatorio, ma pacificamente ritenuta applicabile al sequestro
preventivo, in virtù del richiamo operato dall’art. 104 disp. att. c.p.p.

2

preventivo delle quote della società “DAF s.r.l.”.

Ora, giudice competente per conoscere della esecuzione di un
provvedimento è, ai sensi dell’art. 665, primo comma, c.p.p., il giudice
che lo ha deliberato, secondo il procedimento di cui all’art. 666, c.p.p.
Ne consegue che, nel corso della fase delle indagini preliminari, spetta al
giudice che dispone il sequestro preventivo nominare il custode dei beni

sequestrati e risolvere le questioni concernenti la gestione dei beni in
sequestro in quanto egli è il giudice funzionalmente competente in
ordine alla costituzione, alle vicende ed alla esecuzione della misura
cautelare in base alla disposizione dell’art. 665 c.p.p., che individua
anche il giudice competente a provvedere sulle medesime questioni nel
caso in cui la permanenza del sequestro si protragga oltre la fase delle
indagini preliminari (cfr. Cass., sez. VI, 08/02/2005, n. 13067, B., rv.
232270).
Del tutto correttamente, dunque, il tribunale del riesame ha dichiarato
l’inammissibilità dell’appello proposto, in quanto con esso venivano
prospettate doglianze sui poteri e l’operato dell’amministratore
giudiziario, non relative, dunque, all’applicazione ovvero alla persistenza
delle ragioni che avevano giustificato l’adozione del vincolo reale, le
uniche deducibili con l’impugnazione prevista dall’art. 322 bis, c.p.p., ma
riguardanti, piuttosto, le modalità di esecuzione del sequestro
preventivo, che andavano pertanto dedotte secondo la procedura
prevista dall’art. 666, c.p.p., innanzi al giudice dell’esecuzione, la cui
ordinanza è pur sempre impugnabile in cassazione (cfr. Cass., sez. III,
23/03/2011, n. 26729, L., rv. 250637).
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse
del Dezi va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento,
nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di
sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto
della circostanza che la causa di inammissibilità, per la sua palese
evidenza, poteva essere facilmente evitata dallo stesso ricorrente, che,
quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione delle

(-

3

evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186
del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della

Così deciso in Roma il 25.9.2013

Cassa delle Ammende.

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